Dialogo della pittura

A treatise on painting that celebrates Venetian art (in competition with Vasari's Florentine emphasis).

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            <title>Lodovico Dolce's Della pittura (1557): A Basic TEI Edition</title>
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            <note>Based on the copy in the Biblioteca Casanata in Rome, digitized by Google.</note>
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               <title>Dialogo Della pittura di M. Lodovico Dolce intitolato l'Aretino. Nel quale si ragiona della dignità di essa Pittura, e di tutte le parti necessarie, che a perfetto Pittore si acconvengono: con esempi di pittori antichi, &amp; moderni: e nel fine si fa mentione delle virtù e delle opere del divin Titiano. Con Privilegio. In Vinegia Appresso Gabriel Giolito de' Ferrari. MDLVII.</title>
               <author>Dolce, Lodovico</author>
               <pubPlace>Venice</pubPlace>
               <publisher>Giolito de' Ferrari, Gabriele</publisher>
               <date>1557</date>. 
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            <p>This TEI edition is part of a project to create accurate, machine-readable versions of books known to have been in the library of Galileo Galilei (1563-1642).</p>
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            <p>This work was chosen to maintain a balance in the corpus of works by Galileo, his opponents, and authors not usually studied in the history of science.</p>
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<titlePage>
<lb/>DIALOGO
<lb/>DELLA PITTURA DI
<lb/>M. LODOVICO DOLCE,
<lb/>INTITOLATO L'ARETINO.
<lb/>Nel quale si ragiona della dignità di essa Pittura,
<lb/>e di tutte le parti necessarie, che a
<lb/>perfetto Pittore si acconsentono:
<lb/>CON ESEMPI DI PITTORI ANTICHI,
<lb/>&amp; moderni: e nel fine si fa menzione delle uirtù
<lb/>e delle opere del Diurni TITIANO.
<lb/>CON PRIVILEGIO.
<lb/>IN VINEGIA APPRESSO GABRIEL
<lb/>GIOLITO DE' FERRARI.
<lb/>MDLVII.   
</titlePage>
<text>
<body>
<pb n= "2 recto"/>
<lb/>AL MAGNIFICO
<lb/>E VALOROSO
<lb/>S. HIERONIMO
<lb/>LOREDANO
<lb/>Ho sempre
<lb/>portato, Mag. S.
<lb/>Hieronimo, e porto 
<lb/>del continouo nel
<lb/>mio animo un disiderio 
<lb/>uiuissimo di
<lb/>dimostrare in qualche parte l'antica mia
<lb/>affettione uerso la Nobiliss. Casa Loredana: 
<lb/>e questo non meno per cagioni publiche <pb n= "2 verso"/>
<lb/>che per mie proprie e particolari.
<lb/>Publiche, essendo questa una delle piu illustri 
<lb/>famiglie di Vinegia, non solo per
<lb/>chiarezza di sangue, ma per il gran ualore, 
<lb/>e per le infinite uirtù, che in lei sempre 
<lb/>fiorirono: come ne fanno fede molti
<lb/>ottimi Senatori &amp; egregi Capitani, che
<lb/>nella guerra e nella pace apportarono
<lb/>quasi di ogni tempo grandissimo utile a
<lb/>questa felicissima Republica con perpetua 
<lb/>lode e gloria di se medesmi: e, come
<lb/>ce ne da chiarissimo esempio il Sereness.
<lb/>Leonardo Loredano, Prencipe d'infiniti
<lb/>meriti: si come quello, che intento solamente 
<lb/>al bene uniuersale, ne’ tempi piu
<lb/>pericolosi e piu ardenti di guerra giouò alla 
<lb/>sua carissima Rep. non meno col consiglio, 
<lb/>che con la eloquenza, e con la liberalità. 
<lb/>Di cui si legge honoratissima memoria 
<lb/>nelle Historie del Cardinal Bembo;
<pb n= "3 recto"/>
<lb/>e ne sono ripieni gli annali in guisa, che
<lb/>tutti ne possono hauere abondeuole materia 
<lb/>da ragionare. Per tacere hora il Reuerendiss. 
<lb/>Abbate Mons. Francesco, uostro
<lb/>Zio, &amp; il Clariss. uostro padre (di cui io
<lb/>non sono bastante di accennare una minima
<lb/>parte della gran bontà e delle quasi
<lb/>infinite uirtù) e di molti altri, che al presente 
<lb/>sono chiari e ne gli honorie nelle gloriose
<lb/>doti dell'animo. Tra quali V.M. è
<lb/>in modo lucida e risplendente di molti rare 
<lb/>e uirtuosiss. qualità, che non è cosi honorato
<lb/>grado, di che ella non ne uenga giudicata 
<lb/>degna, e no'l sia per ottenere. Ne meno
<lb/>tacerò il nouello Abbate Mons. Antonio 
<lb/>digniss. suo fatello; il quale in cosi teneri
<lb/>anni è ornato di bellissime lettere, e di
<lb/>tutti que' nobili costumi, che in figliuolo
<lb/>di tanto padre e di cosi illustri progenitori, 
<lb/>si possono disiderare. Per mie cagioni
<pb n= "3 verso"/>
<lb/>particolari: percioche oltre a molti
<lb/>benefici riceuuti dall'Auolo mio, e dalla
<lb/>mia casa da quel ualorosissimo, cortesissimo,
<lb/>e non mai a bastanza lodato Prencipe, 
<lb/>il Padre mio (che mi lasciò morendo 
<lb/>in età di due anni) ne hebbe la Castaldia: 
<lb/>honoratiss. ufficio a Cittadini.
<lb/>Hauendo io adunque cosi fatti oblighi
<lb/>uerso la Illustrissima Casa uostra, non
<lb/>potendo con altro adempire il mio disiderio 
<lb/>di dimostrar la diuotione, che le ho
<lb/>sempre portato e porto, uengo inanzi di
<lb/>V. M. con questo picciol dono; che è
<lb/>quasi la fangosa acqua, che nelle palme
<lb/>delle roze mani appresentò l'humil Contadino 
<lb/>al gran Serse. Ma, perche la
<lb/>Pittura, di cui in questo libricciuolo sotto 
<lb/>un paragone di Rafaello e di Michel'
<lb/>Agnolo si ragiona assai acconciamente, è
<lb/>arte nobile; e V. M. è nobilissiima &amp;
<pb n= "4 recto"/>
<lb/>humanissima, spero, che ella riguardando 
<lb/>alla qualità del soggetto, e molto piu
<lb/>alla grandezza e sincerità del mio cuore,
<lb/>non si sdegnerà di riceuerlo uolentieri, accettandomi 
<lb/>nel numero di coloro, che la
<lb/>seruono e riueriscono. Di Venetia
<lb/>A XII. di Agosto MDLVII.
<lb/>Di V.M.
<lb/>Seruitore
<lb/>Lodouico Dolce.
<pb n= "5 recto"/>
<lb/>DIALOGO DELLA
<lb/>PITTVRA DI  M.
<lb/>Lodovico Dolce.
<lb/>PIETRO ARETINO, GIOVAN
<lb/>FRANCESCO  FABRINI.
<lb/>HOGGI fanno a punto
<lb/>quindici giorni, Fabrini
<lb/>mio, che ritrouandomi
<lb/>nella bellissima Chiesa di
<lb/>San Giouanni e Paolo;
<lb/>nella quale m'era ridotto
<lb/>insieme col dottistimo
<lb/>Giulio Camillo per la solennità di San Pietro
<lb/>Martire, che si celebra ogni giorno allo altare, 
<lb/>oue è posia quella gran tauola della Historia 
<lb/>di cotal Santo, rappresentata diuinamente
<lb/>in Pittura dalla delicatistima mano del mio illustre 
<lb/>Signor Compare Titiano: paruemi di uederui 
<lb/>tutto intento a riguardar quell'altra
<lb/>tauola di San Thomaso a’ Aquino, che in compagnia 
<lb/>di altri Santi fu dipinta a guazzo molti
<lb/>anni sono, da Giouanni Bellino, Pittur Vinitiano.
<pb n= "5 verso"/>
<lb/>E senon, che ambedue fummo suiati da
<lb/>M. Antonio Anselmi, che ci menò a casa di
<lb/>Monsignore il Bembo, ui faceuamo alhora
<lb/>un'improuiso assalto , per tenerui tutto quel
<lb/>giorno prigione con esso noi. Hora souenendomi 
<lb/>di hauerui ueduto tutto astratto in quella
<lb/>contemplatione, ui dico, che la tauola del Bellino 
<lb/>non è indegna di laude: percioche ogni figura
<lb/>sta bene, e ui sono di belle teste: e cosi le
<lb/>carni, e non meno i panni non si discostano molto 
<lb/>dal naturale. Da che si puo comprendere
<lb/>ageuolmente, che il Bellino (per quanto comportaua 
<lb/>quella età) fu Maestro buono e diligente. 
<lb/>Ma egli è stato dipoi uinto da Giorgio da
<lb/>Castel franco; e Giorgio lasciato a dietro infinite 
<lb/>miglia da Titiano: il quale diede alle sue
<lb/>figure una Heroica Maestà, e trouò una maniera 
<lb/>di colorito morbidissima, e nelle tinte cotanto 
<lb/>simile al uero, che si puo ben dire con uerità, 
<lb/>ch'ella ua di pari con la Natura.
<lb/>Fab. Signor Pietro non è mio costume di biasimare
<lb/>alcuno. Ma uoglio ben dirui sicuramente quеsto, 
<lb/>che chi ha ueduto una sola uolta le Pitture
<lb/>del Diuino Michel’Agnolo, non si dourebbe
<lb/>inuero piu curar (per cosi dire) di aprir gliocchi
<pb n= "6 recto"/>
<lb/>per uedere opera di qual si uoglia Pittore.
<lb/>Aret. Voi dite troppo: e fate ingiuria a molti Pittori
<lb/>illustri: come a Rafaello da Vrbino, ad Antonio
<lb/>da Correggio, a Francescο Parmigiano, a Giulio
<lb/>Romano, a Polidoro, e molto piu al nostro Titiano 
<lb/>Vecellio: i quali tutti con la stupenda opera
<lb/>delle loro Pitture hanno adornata Roma, e quasi 
<lb/>tutta Italia, e dato un lume tale alla Pittura,
<lb/>che forse per molti secoli non si trouerà chi giunga 
<lb/>a questo segno. Taccio di Andrea dal Sarto,
<lb/>di Perino del Vaga, e del Pordonone; che pure
<lb/>sono stati tutti Pittori eccellenti, e degni, che le
<lb/>loro opere siano e uedute e lodate da giudiciosi.
<lb/>Fab. Si come Home. è primo fra Poeti Greci, Virg.
<lb/>fra Latini, e Dante fra Thoscani: cosi Michel’
<lb/>Agnolo fra Pittori e Scultori della nostra età.
<lb/>Aret. Non vi niego, che Michel’Agnolo a nostri dì
<lb/>non sia un raro miracolo dell'arte e della Natura. 
<lb/>E quelli, che non ammirano le cose sue,
<lb/>non hanno punto di giudicio : e massimamente
<lb/>d'intorno alla parte del disegno, nella quale senza 
<lb/>dubbio è profondissimo. Percioche egli è
<lb/>stato il primo, che in questo secolo ha dimostro
<lb/>a Pittori i bei dintorni, gli scorti, il rileuo, le
<lb/>mouentie, e tutto quello, che si ricerca in fare
<pb n= "6 verso"/>
<lb/>un nudo a perfettione: cosa, che non si era
<lb/>ueduta inanzi a lui: lasciando però da parte
<lb/>gli Apelli, &amp; i Zeusi: i quali non meno per
<lb/>testimonio de’ Poeti e Scrittori antichi, che per
<lb/>quello, che di leggeri si puo dalla eccellenza 
<lb/>di quelle poche statue, che ci sono state
<lb/>lasciate dalle ingiurie del tempo, e delle nationi
<lb/>nimiche, possiamo giudicar, che fossero mirabilissimi. 
<lb/>Ma per questo non dobbiamo fermarci
<lb/>nelle laudi d'un solo: hauendo hoggidì la liberalità 
<lb/>de’ cieli prodotti Pittori eguali, &amp; anco in
<lb/>qualche parte maggiori di Michel’ Agnolo: come 
<lb/>furono senza fallo alcuni de i sopradetti: e,
<lb/>come ce n'è hoggidì uno, che basta per tutti.
<lb/>Fab. Voi, Signor Pietro (perdonatemi) u’ingannate, 
<lb/>se hauete questa openione. Perche la eccellenza 
<lb/>di Michel’Agnolo è tanta, che si puo
<lb/>senza auanzare il uero, pareggiarla degnamente 
<lb/>alla luce del Sole : la quale di gran lunga
<lb/>uince &amp; offusca ogni altro lume.
<lb/>Aret. Le uostre sono parole Poetiche, e tali, quali
<lb/>suol trar di bocca altrui l'affettione;
<lb/>,,Che spesso occhio ben san fa ueder torto.
<lb/>Ma non è marauiglia, che essendo uoi Fiorentino, 
<lb/>l’amor, che portate a uostri, ui faccia talmente
<pb n= "7 recto"/>
<lb/>cieco, che riputiate oro solamente le cose
<lb/>di Michel’ Agnolo , e le altre ui paiano piombo
<lb/>uile. Ilche, quando non fosse, ui raccordereste,
<lb/>che la età di Alessandro Magno inalzaua insino 
<lb/>al cielo Apelle: ne però rimaneua di lodare
<lb/>e di celebrar Zeusi, Prothogene, Thimante, Polignoto, 
<lb/>&amp; altri eccellenti Pittori. Cosi fu sempre 
<lb/>tra Latini nella Poesia tenuto Virgilio Diuino: 
<lb/>ma non si sprezzò giamai, ne si lasciò di
<lb/>leggere Ouidio, Horatio, Lucano, Statio, &amp;
<lb/>alri Poeti. I quali, se bene si ueggono dissimili
<lb/>l’uno dall'altro, tutti nel suo genere, o diciamo
<lb/>maniera, sono perfetti. E, perche Dante sia pieno 
<lb/>di tanta dottrina; chi è colui, che non prezzi 
<lb/>sommamente il leggiadrissimo Petrarca?
<lb/>Anzi a lui la maggior parte lo pone inanzi?
<lb/>E, se Homero fra Poeti Greci fu solo; e, perche
<lb/>altri non in quella lingua soggetti di
<lb/>arme: senon dipoi un guinto Calabro, che lo seguitò, 
<lb/>e non gli andò molto appresso: ouero Apollonio,
<lb/>che scrisse l'Argonautica. Ma sono alcuni 
<lb/>al mio giudicio poco intendenti: i quali indrizzando 
<lb/>tutte le cose ad una sola forma, biasima
<lb/>no chiunque da lei si discosta. Di qui, come ho
<lb/>udito dire, Horatio si fa beffe d'un certo sciocco;
<pb n= "7 verso"/>
<lb/>il quale era di tanto delicato gusto , che mai
<lb/>non cantaua, ne recitaua altri uersi, fuor che
<lb/>quelli di Catullo e di Caluo. Il quale Horatio se
<lb/>uiuesse hoggidì , si riderebbe di uoi molto piu,
<lb/>ascoltando le uostre parole: poi, che uolete, che
<lb/>gli huomini si cauino gliocchi, per non uedere
<lb/>altre Pitture, che quelle di Michel’Agnolo, ha
<lb/>uendo, come ho detto, il Cielo prodotto alla nostra 
<lb/>età Pittori eguali, &amp; anco a lui superiori.
<lb/>Fab. È doue trouerete uoi un’altro Michel’Agnolo;
<lb/>non che maggiore ?
<lb/>Aret. È costume da fanciullo tornare a replicar molte 
<lb/>uolte una cosa. Pure ui dirò da capo, che sono 
<lb/>stati a nostri dì alcuni Pittori eguali, et etiandio 
<lb/>in qualche parte maggiori a Michel’Agnolo: 
<lb/>&amp; hora ci è Titiano, il quale, come ho accennato, 
<lb/>basta per quanti ci furono.
<lb/>Fab. Et io tornerò sempre a dirui, che Michel’
<lb/>Agnolo è solo.
<lb/>Aret. Non uorrei uenir su’l paragone per fuggir
<lb/>le comparationi: lequali sono sempre odiose.
<lb/>Fab. Stimo, che fra noi si possa ragionar liberamente: 
<lb/>e mi fia grato, che habbiate a scegliere 
<lb/>uno di questi uostri illustri Pittori, e confrontarlo 
<lb/>con Michel’Agnolo. che forse auerrà,
<pb n= "8 recto"/>
<lb/>che io, udite le nostre ragioni, muterò parere.
<lb/>Aret. È difficile a sueller dell'animo altrui una
<lb/>openione , che piantata dalla affettione, per
<lb/>qualche tempo u’habbia fermate le sue radici.
<lb/>Pure io farò quello, che potrò: si, perche la
<lb/>uerità non si dee tacere: si, per isuilupparui
<lb/>dall'errore, nel quale sete inuolto.
<lb/>Fab. Ve ne saprò grado; e confesserò di hauer da
<lb/>uoi riceuuto un beneficio molto grande.
<lb/>Aret. E che direte, se io comincierò da Rafaello?
<lb/>Fab. Che Rafaello è stato gran Pitture, ma non
<lb/>eguale a Michel’Agnolo.
<lb/>Aret. Il uostro è giudicio particolare: e non doureste 
<lb/>uoi giudicar cosi risolutamente.
<lb/>Fab. Anzi e giudicio comune. 
<lb/>Aret. Forse di que', che non sanno : i quali senza in
<lb/>tendere altro, corrono dietro il parer d'altrui,
<lb/>come fa una pecora dietro l'altra: ouer dialcuni
<lb/>pittorucci, che sono Scimie di Michel’Agnolo.
<lb/>Fab. Anzi de’ periti dell'arte, e di molti dotti.
<lb/>Aret. So bene io , che in Roma, mentre che Rafaello 
<lb/>uiueua, la maggior parte, si de’ Letterati, 
<lb/>come de’ periti dell'arte, lo anteponeua
<lb/>no nella Pittura a Michel’ Agnolo . E quelli,
<lb/>che inchinauano a Michel’ Agnolo, erano per
<pb n= "8 verso"/>
<lb/>lo piu Scultori : i quali si fermauano solamente
<lb/>su’l disegno e su la terribilità delle sue figure,
<lb/>parendo loro, che la maniera leggiadra e genti
<lb/>le di Rafaello, fosse troppo facile, e per conseguente 
<lb/>non di tanto artificio: non sapendo, che
<lb/>la facilità è il principale argomento della eccellenza 
<lb/>di qualunche arte, e la piu difficile a conseguire : 
<lb/>&amp; è arte a nasconder l’arte: e che finalmente 
<lb/>oltre al disegno , al Pittore richieggono 
<lb/>altre parti, tutte necessarissime. Ma hoggidì,
<lb/>se noi uogliamo porre nel numero di questi
<lb/>periti dell'arte alcuni Pittori di gran nome, gli
<lb/>troueremo pure in fauor di Rafaello: e se fra la
<lb/>moltitudine intenderemo quelli, che sono lontani
<lb/>dal Volgo, gli trouaremo similmente in suo fauore.
<lb/>Poi, se la moltitudine corre a ueder l'opere
<lb/>dell'uno e dell'altro: non è dubbio, che tutti non
<lb/>esclamino per Rafaello. E gia i fautori di Michel’Agnolo 
<lb/>affermano, che Rafaello non seppe
<lb/>mai far cosa, che non piacessesommamente.
<lb/>Ma lasciamo da parte le autorità, e fermiamo
<lb/>ci sopra qualche sodo fondamento di ragione.
<lb/>Fab. Io u’ascolto uolentieri , come huomo intendentissimo, 
<lb/>e parimente giudiciosissimo di 
<lb/>qualunque cosa : e massimamente di Pittura.
<pb n= "9 recto"/>
<lb/>Aret. Voi douete ben sapere, che Rafaello uiuendo
<lb/>mi fu carissimo amico, &amp; altresì è hora amico 
<lb/>mio Michel’Agnolo. Il quale, quanta sia
<lb/>la stima, che faccia del mio giudicio, ne fa fede 
<lb/>quella sua lettera in risposta d'una mia sopra 
<lb/>la historia della sua ultima Pittura. E, quanta 
<lb/>ancora ne facesse Rafaello, ne sarebbe testimonio
<lb/>Agostino Ghigi, se egli uiuesse: essendo 
<lb/>che Rafaello mi soleua dimostrar quasi
<lb/>sempre ogni sua pittura, prima ch'egli la publicasse : 
<lb/>&amp; io fui buona cagione d’indurlo a dipinger 
<lb/>le uolte del suo palagio. Ma tutto che
<lb/>ambedue mi siano stati amici, e l'uno serbi, ancor 
<lb/>uiuendo, uiua l'amicitia meco: m’è piu amica 
<lb/>la uerità. Sodisfarò adunque al uostro disiderio 
<lb/>in cosa non necessaria: perche io mi credo, 
<lb/>che questa disuguaglianza in fauor di Rafaello 
<lb/>appresso gl'intendenti sia gia decisa: ma
<lb/>utile in questo; che prima mi conuerrà fare un
<lb/>poco di discorso d’intorno all'importanza della
<lb/>pittura. Dirò adunque primieramente quello,
<lb/>ch'è Pittura, e l’ufficio del Pittore: e poi discorrendo 
<lb/>per tutte le sue parti, nel fine uerrò al
<lb/>paragone di costor due: et ancora ui ragionerò
<lb/>di alcuni altri : e principalmente di Titiano.
<pb n= "9 verso"/>
<lb/>Fab. So che molti hanno scritto honoratissimamente 
<lb/>di Rafaello: come il Bembo, che lo mette 
<lb/>uguale a Michel’Agnolo: e scrisse cio a tempo, 
<lb/>che Rafaello era giouanetto: il Castiglione,
<lb/>che gli da il primo luoco: e Polidoro Virgilio,
<lb/>che lo aguaglia ad Apelle: &amp; il simile fa il uostro 
<lb/>Vasari Aretino nelle uite de’ Pittori. So
<lb/>d'altra parte, che l'Ariosto nel principio del
<lb/>trentesimo terzo canto del suo Furioso distingue 
<lb/>in tal guisa Michel’Agnolo da gli altri
<lb/>Pittori, che lo fa Divino. Ma io non uoglio rapportarmi, 
<lb/>come dite, ad autorità di alcuno,
<lb/>per gran letterato , che sia, ma solo alla ragione. 
<lb/>Che, se io uolessi accostarmi al parer di altrui,
<lb/>senza dubbio douerei anteporre il uostro
<lb/>a quello di ciascun'altro. 
<lb/>Aret. Voi di troppo mi honorate. E ui dico, che
<lb/>l’ Ariosto in tutte le parti del suo Poema ha dimostro 
<lb/>sempre uno ingegno acutissmo, fuor
<lb/>che in questa: non dico di lodar Michel’Agnolo, 
<lb/>che è degno d'ogni gran lode: ma di poner
<lb/>fra il numero di quei Pittori illustri, ch'egli nomina, 
<lb/>i due Dossi Ferraresi: de’ quali l’uno stette
<lb/>qui a Vinegia alcun tempo per imparare a dipinger 
<lb/>con Titiano: e l’altro in Roma con Rafaello:
<pb n= "10 recto"/>
<lb/>e presero una maniera in contrario tanto
<lb/>goffa , che sono indegni della penna d'un tanto 
<lb/>Poeta. Ma questo errore sarebbe ancora tolerabile:
<lb/>perche si potrebbe dire, che egli dall’amor
<lb/>della patria fosse stato ingannato: se non
<lb/>ne hauesse egli fatto un uia maggiore in mescolar 
<lb/>Bastiano con Rafaello, e con Titiano: atteso,
<lb/>che ci sono stati di molti Pittori assai piu eccellenti 
<lb/>di costui: i quali non sono però degni da
<lb/>esser paragonati con niuno di questi due.
<lb/>Ma un tal peccadiglio (per usar questa uoce
<lb/>Spagnuola) non toglie, che l'Ariosto non fosse
<lb/>quel perfetto Poeta, ch’è tenuto dal mondo:
<lb/>percioche si fatte cose non sono di quelle, che
<lb/>appartengono all'ufficio del Poeta. ne uoglio
<lb/>però inferire, che Bastiano non fosse assai buon
<lb/>Pittore: ma auiene spesso, che una gemma, a
<lb/>altra cosa sola tenendosi, potrà bella apparire:
<lb/>e paragonata con altra, perderà riputatione, e
<lb/>non parerà piu quella. Poi è noto a ciascuno,
<lb/>che Michel’ Agnolo gli faceua i disegni: e chi
<lb/>si ueste delle altrui piume, essendone dipoi spogliato, 
<lb/>riman simile a quella ridicola cornacchia, 
<lb/>ch’è diseritta da Horatio. Ricordami,
<lb/>che essendo Bastiano spinto da Michel’ Agnolo
<pb n= "10 verso"/>
<lb/>alla concorrenza di Rafaello, Rafaello mi soleua 
<lb/>dire: o quanto egli mi piace, M. Pietro, che
<lb/>Michel’Agnolo aiuti questo mio nouello concorrente, 
<lb/>facendogli di sua mano i disegni: percioche 
<lb/>dalla fama, che le sue Pitture non istiano 
<lb/>al paragone delle mie, potrà auedersi molto
<lb/>bene Michel’Agnolo , ch'io non uinco Bastiano 
<lb/>(perche poca loda sarebbe a me di uincere
<lb/>uno, che non sa disegnare ) ma lui medesimo, 
<lb/>che si reputa (e meritamente) la Idea
<lb/>del disegno. 
<lb/>Fab. Inuero, che Bastiano non giostraua di pari
<lb/>con Rafaello, se bene hauena in mano la lancia
<lb/>di Michel’ Agnolo: e questo, perche egli non
<lb/>la sapeua adoperare: e molto meno con Titiano: 
<lb/>il quale non ha molto, che mi disse, che nel
<lb/>tempo, che Roma fu saccheggiata da soldati
<lb/>di Borbone, hauendo alcuni Tedeschi, da quali
<lb/>era stato occupato il palagio del Papa, acceso
<lb/>con poco rispetto il fuoco per uso loro in una
<lb/>delle camere dipinte da Rafaello: auenne, che’l
<lb/>fumo o la mano de gli’istessi guastò alcune teste.
<lb/>E partiti i soldati, e ritornatoui Papa Clemente, 
<lb/>dispiacendogli, che cosi belle teste rimanessero 
<lb/>guaste, le fece rifare a Bastiano. Trouandosi
<pb n= "11 recto"/>
<lb/>adunque Titiano in Roma; &amp; andando un
<lb/>giorno per quelle camere in compagnia di Bastiano,
<lb/>fiso col pensiero e con gliocchi in riguardar 
<lb/>le Pitture di Rafaello, che da lui non erano
<lb/>state piu uedute, giunto a quella parte, doue
<lb/>hauea rifatte le teste Bastiano, gli dimandò,
<lb/>chi era stato quel presontuoso &amp; ignorante,
<lb/>che haueua imbrattati quei uolti, non sapendo
<lb/>però, che Bastiano gli hauesse riformati: ma
<lb/>ueggendo solamente la sconcia differenza, che
<lb/>era dall'altre teste a quelle. Ma lasciamo cotali 
<lb/>disparità, che elle poco importano: e uegniamo 
<lb/>alla Pittura. 
<lb/>Aret. Il medesimo ho udito io ancora da altri. 
<lb/>Fab. Diffinitemi adunque prima quello, che propriamente
<lb/>è Pittura.
<lb/>Aret. Farollo, benche è cosa facile, &amp; intesa da tutti.
<lb/>Dico adunque la Pittura, breuemente parlando, 
<lb/>non essere altro, che imitatione della Natura: 
<lb/>e colui, che piu nelle sue opere le si auicina, 
<lb/>è piu perfetto Maestro. Ma, perche questa
<lb/>diffinitione è alquanto ristretta e mancheuole,
<lb/> (percioche non distingue il Pittore dal Poeta, 
<lb/>essendo che il Poetà si affatica ancora esso
<lb/>intorno alla imitatione) aggiungo, che il Pittore
<pb n= "11 recto"/>
<lb/>è intento a imitar per uia di linee, e di colori
<lb/>(o sia in un piano di tauola, o di muro, o di tele)
<lb/>tutto quello, che si dimostra all'occhio: &amp; il
<lb/>Poeta col mezo delle parole ua imitando non solo
<lb/>cio che si dimostra all'occhio, ma che ancora
<lb/>si rappresenta all'intelletto. La onde essi in questo
<lb/>sono differenti, ma simili in tante altre parti, 
<lb/>che si possono dir quasi fratelli.
<lb/>Fab. Questa diffinitione è facile e propria: e similmente 
<lb/>è propria la similitudine tra il Poeta et
<lb/>il Pittore: hauendo alcuni ualenti huomini chiamato 
<lb/>il Pittore Poeta mutolo , &amp; il Poeta
<lb/>Pittore, che parla.
<lb/>Aret. Puossi ben dire, che quantunque il Pittore
<lb/>e non possa dipinger le cose, che soggiacciono
<lb/>al tatto; come sarebbe la fredezza della neue:
<lb/>o al gusto; come la dolcezza del mele: dipinge
<lb/>non di meno i pensieri e gli affetti dell'animo.
<lb/>Fab. Ben dite, Signor Pietro, ma questi per certi atti
<lb/>esteriori si comprendono: e spesso per uno inarcar 
<lb/>di ciglia, o increspar di fronte, o per altri
<lb/>segni appariscono i segreti interni, tal che molte 
<lb/>uolte non fa bisogno delle fenestre di Socrate.
<lb/>Aret. Cosi è ueramente. Onde habbiamo nel Petrarca 
<lb/>questo uerso.
<pb n= "12 recto"/>
<lb/>,, E spesso ne la fronte il cor si legge.
<lb/>Ma gliocchi sono principalmente le fenestre dell'animo:
<lb/>et in questi puo il Pittore isprimere acconciamente 
<lb/>ogni passione: come l'allegrezze, il
<lb/>dolore, l’ire, le teme, le speranze, &amp; i disideri.
<lb/>Ma pur tutto serue all'occhio de’ riguardanti.
<lb/>Fab. Dirò ancora, che, se bene il Pittore è diffinito 
<lb/>Poeta mutolo, e che muta si chiami altresi
<lb/>la Pittura: sembra pure a un cotal modo, che
<lb/>le dipinte figure fauellino, gridino, piangano.
<lb/>ridano, e facciano cosi fatti effetti. 
<lb/>Aret. Sembra bene ; ma però non fauellano, ne
<lb/>fanno que gli altri effetti. 
<lb/>Fab. In cio si puo ricercare il parer del uostro uirtuoso 
<lb/>Silustro, eccellente Musico, e sonatore
<lb/>del Doge : il quale disegna e dipinge lodeuolmente: 
<lb/>e ci fa toccar con mano, che le figure
<lb/>dipinte da buoni Maestri parlano, quasi a paragon
<lb/>delle uiue. 
<lb/>Aret. Questa è certa imaginatione di chimira, causata
<lb/>da diuerse attitudini, che a cio seruono,
<lb/>e non effetto o proprietà della Pittura. 
<lb/>Fab. Соsi è.
<lb/>Aret. L'ufficio adunque del Pittore è di rappresentar 
<lb/>con l'arte sua qualunque cosa, talmente simile
<pb n= "12 verso"/>
<lb/>alle diuerse opere della natura, ch'ella paia
<lb/>uera. E quel Pittore, a cui questa similitudine
<lb/>manca, non è Pittore: &amp; all'incontro colui tanto 
<lb/>piu è migliore e piu eccellente Pittore, quanto 
<lb/>maggiormente le sue Pitture s'assomigliano
<lb/>alle cose naturali. La onde, quando io ui hauerò 
<lb/>dimostro, questa perfettione trouarsi molto
<lb/>piu nelle Pitture del Santio, che del Buonaroti,
<lb/>senza fallo ne seguirà quello, che io ui ho replicaro 
<lb/>piu uolte. Ne cio farò per diminuir la gloria 
<lb/>di Michel’ Agnolo, ne per accrescer quella
<lb/>di Rafaello ; che a niun de’ due si puo aggiunger
<lb/>ne leuare: ma per gradire, come ho detto, a
<lb/>noi, che lo mi chiedete e per dire la verità: in 
<lb/>seruigio della quale ho spesso indrizzata contra
<lb/>i Prencipi, come sapete, la spada della mia
<lb/>virtù, poco curandomi, che la uerità partorisca
<lb/>odio. 
<lb/>Fab. Ad ogni modo non è alcuno, che ci ascolti.
<lb/>Aret. Et io uorrei, che ci fosser molti: perche oltre; 
<lb/>c'ho a ragionar di soggetto nobile (che nobile 
<lb/>ueramente è la Pittura) le cose uere si debbono 
<lb/>dire a tutti; quando il fine non è di mordere, 
<lb/>ma di giouare: come chi paragonando insieme 
<lb/>Platone, &amp; Aristotele, conchiudesse in fauore
<pb n= "13 recto"/>
<lb/>dell'uno o dell'altro, non sarebbe tenuto
<lb/>maledico, quando egli dimostrasse, ambedue
<lb/>essere stati gran Filosofi, ma l’uno all'altro superiore. 
<lb/>Er io nel discorrer questi due
<lb/>Pittori spero di toccare alcune bellissime difficultà 
<lb/>dell'arte: lequali, oue da uoi, o da altri
<lb/>fossero raccolte e scritte, non sarebbono elle senza
<lb/>utile di molti; che, se ben dipingono, poco
<lb/>intendono quello, che sia Pittura: la quale ignoranza 
<lb/>è cagione, che diuengano arroganti e
<lb/>mordaci, stimando, che'l dipinger sia impresa
<lb/>facile e da tutti: oue in contrario è difficilissima, 
<lb/>e da pochi. Giouarebbe anco questo ragionamento 
<lb/>per auentura non poco a gli studiosi di
<lb/>lettere per la conformità, che ha il Pittore
<lb/>con lo Scrittore.
<lb/>Fab. Io per la domestichezza, Signor Pietro, che 
<lb/>tenemo insieme, non haurò rispetto di ritirarui
<lb/>alquanto fuori di strada: cioè dall'ordine da
<lb/>uoi proposto: ricercando, che prima non ui sia
<lb/>graue di spendere alquante parole intorno alla
<lb/>dignità della Pittura. Che, se bene io ne ho letto
<lb/>altre uolte, non l'ho per ciò a memoria: senza,
<lb/>che la uiua uoce apporta sempre con esso lei
<lb/>non so che di piu. E prima anco uorrei, che mi
<pb n= "13 verso"/>
<lb/>dichiariste, se uno, che non sia Pittore, è atto
<lb/>a far giudicio di Pittura. È uero, che io trouo
<lb/>l'esempio in uoi: che senza mai hauer tocco
<lb/>pennello, sete, come ho detto, guidiciosissimo
<lb/>in quest’arte: ma non ci è piu, che un’Aretino.
<lb/>E disidero d'intender cio per questa cagione: 
<lb/>che sono alcuni Pittori, i quali si sogliono ridere, 
<lb/>quando odono, alcun letterato ragionar
<lb/>della Pittura.
<lb/>Aret. Costoro debbono esser di quelli, che di Pittore 
<lb/>non tengono altro, che il nome: percioche,
<lb/>se hauessero fauilla di giudicio, saprebbono, gli
<lb/>Scrittori esser Pittori. Che Pittura è la Poesia:
<lb/>Pittura la Historia, e Pittura qualunque componimento 
<lb/>de’ dotti. Di qui il nostro Petrarca
<lb/>chiamò Homero 
<lb/>,,Primo Pittor de le memorie antiche. 
<lb/>Ma ecco, che io uoglio di queste uostre altre dimande 
<lb/>a tutto mio podere, Fabrini contentarui:
<lb/>massimamente hauendo hoggi assai commodo
<lb/>tempo da ragionare: che non ci sarà alcuno,
<lb/>che uenga a disturbarci, per esser la maggior 
<lb/>parte della città occupata in ueder gliapparecchi, 
<lb/>che si sono fatti per la uenuta della Reina
<lb/>di Polonia, che in cotal giorno dee arriuare.
<pb n= "14 recto"/>
<lb/>E dico, che nell'huomo nasce generalmente
<lb/>il giudicio dalla pratica e dalla esperienza delle
<lb/>cose. E non essendo alcuna cosa piu famigliare 
<lb/>e domestica all’huomo di quello, che l’huomo: 
<lb/>ne seguita, che ciascun’huomo sia atto a
<lb/>far giudicio di quello, che egli uede ogni giorno:
<lb/>cioè della bellezza e della bruttezza di qualunque 
<lb/>huomo. Percioche non procedendo la bellezza 
<lb/>da altro, che da una conueneuole proportione, 
<lb/>che comunemente ha il corpo humano, e
<lb/>particolarmente tra se ogni membro; &amp; il contrario 
<lb/>deriuando da sproportione: essendo il giudicio 
<lb/>sottoposto all'occhio: chi è colui, che non
<lb/>conosca il bello dal brutto? Niuno per certo,
<lb/>se non è in tutto priuo d’occhio e d'intelletto. Onde 
<lb/>hauendo l'huomo, come ha, questa cognitione 
<lb/>intorno alla forma uera, che è questo indiuiduo: 
<lb/>cioè l’huomo uiuo: perche non la dee hauer 
<lb/>molto piu intorno alla finta, che è la morta Pittura ?
<lb/>Fab. Risponderanno perauentura, Signor Pietro,
<lb/>i Pittori, ch'essi non niegano, che, si come la
<lb/>Natura, comune madre di tutte le cose create,
<lb/>ha posta in tutti glihuomini una certa intelligenza 
<lb/>del bene e del male: cosi non l’habbia posta
<pb n= "14 verso"/>
<lb/>el bello e del brutto. ma nella guisa, che per
<lb/>conoscer propriamente e pienamente quello,
<lb/>ch'è bene e male, è mestiero di lettere e di dottrina: 
<lb/>cosi per saper con fondamento discernere
<lb/>il bello dal brutto, fa bisogno d'uno auedimento 
<lb/>sottile, e d’un’arte separata. Laqual cosa è
<lb/>propria del Pittore.
<lb/>Aret. Questo non è inuero argomento, che conchiuda:
<lb/>perche altra cosa è l'occhio, altra l'intelletto.
<lb/>L’occhio non si puo ingannar nel uedere, se non
<lb/>è infermo, o losco, o impedito da qualche altro
<lb/>accidente. S’inganna bene, e molto spesso, l’intelletto, 
<lb/>essendo adombrato da ignoranza, o da
<lb/>affettione. L’huomo disidera naturalmente il
<lb/>bene: ma puo errar nella elettione, giudicando 
<lb/>bene quel che è male: come colui, il quale è
<lb/>piu pronto a seguir quello, che stima utile, che
<lb/>l’honesto. E di qui ha bisogno del Filosofo.
<lb/>Fab. Il medesimo si puo dir dell’occhio : che ingannato 
<lb/>da certa apparenza, prende molte uolte
<lb/>per bello quel ch’è brutto, e per brutto quel
<lb/>ch’è bello.
<lb/>Aret. Gia u’ho detto, che la pratica fa il giudicio:
<lb/>е ui affermo , ch'è piu ageuole , che l'intelleto,
<lb/>che l'occhio, s’inganni. Non di meno tenete
<pb n= "15 recto"/>
<lb/>pur fermo, che in tutti è posto naturalmente un
<lb/>certo gusto del bene e del male, e cosi del bello e
<lb/>del brutto, in modo, ch’e’ lo conoscono. e si trouano 
<lb/>molti, che senza lettere giudicano rettamente 
<lb/>sopra i poemi, e le altre cose scritte: anzi
<lb/>la moltitudine è quella, che da comunemente 
<lb/>il grido e la riputatione a Poeti, ad Oratori,
<lb/>a Comici, a Musici, &amp; anco (e molto piu) a
<lb/>Pittori. Onde fu detto da Cicerone, che essendo
<lb/>cosi gran differenza da i dotti a gl'ignoranti,
<lb/>era pochissima nel giudicare. Et Apelle soleua
<lb/>metter le sue figure al giudicio commune. Рotrei
<lb/>anco dire, che’l giudicio delle tre Dee fu rimesso 
<lb/>a un Pastore. Ma io non intendo in generale
<lb/>della moltitudine, ma in particolare di alcuni
<lb/>belli ingegni: i quali hauendo affinato il giudicio
<lb/>con le lettere e con la pratica, possono sicuramente
<lb/>giudicar di uarie cose, e massimamente
<lb/>della Pittura, che appartiene all'occhio:
<lb/>istrumento meno errabile: e la quale si accosta
<lb/>alla natura nella imitation di quelle cose, che
<lb/>noi habbiamo sempre inanzi. Vedete, che
<lb/>Aristotele scrisse dell'arte Oratoria, &amp; però non fu
<lb/>Oratore: scrisse anco (perche mi potreste dire,
<pb n= "15 verso"/>
<lb/>ch'egli quelle facultà hauesse imparate,
<lb/>se ben non le esercitaua ) di animali e di altre 
<lb/>cose, che non erano di sua professione. e 
<lb/>similmente Plinio trattò di gemme, di statue,
<lb/>e di Pittura: ne fu lapidario, ne statuario, ne
<lb/>Pittore. Non niego gia, che’l Pittore non possa
<lb/>hauer cognitione di certe minutezze, di che
<lb/>non haurà contezza un'altro, che Pittore non
<lb/>sia. Ma queste, se ben saranno importanti nell’operare, 
<lb/>saranno elle poi di poco momento nel
<lb/>giudicare. Parmi per queste poche parole a bastanza 
<lb/>hauer dimostro, che ogni huomo ingenioso,
<lb/>hauendo all’ingegno aggiunta la pratica,
<lb/>puo giudicar della Pittura: e tanto piu, se e’ sarà 
<lb/>auezzo a veder le cose antiche, e le Pitture
<lb/>de’ buoni Maestri: perche hauendo nella mente 
<lb/>una certa imagine di perfettione, gli fia ageuole 
<lb/>di far giudicio, quanto le cose dipinte si accostino, 
<lb/>o si allontanino da quella.
<lb/>Fab. In questa parte rimango sodisfatto. Seguite in
<lb/>ragionar della dignità della Pittura: percioche
<lb/>sono alcuni, che poco prezzandola, si danno a
<lb/>credere, ch'ella sia arte mecanica.
<lb/>Aret. Costoro Fabrini, non conoscono, quanto ella sia
<lb/>utile, necessaria , e di ornamento al mondo &amp;
<pb n= "16 recto"/>
<lb/>alle cose nostre. Non è dubbio, che ciascun’arte
<lb/>è tanto piu nobile, quanto ella è piu stimata
<lb/>da huomini di alta fortuna, e da pellegrini
<lb/>intelletti. La Pittura fu sempre in tutte l'età
<lb/>hauuta in sommo pregio da Re, da Imperadori,
<lb/>e da huomini prudentissimi. Ella adunque è
<lb/>nobilissima. Questo si proua ageuolmente con
<lb/>gli esempi, che si leggono in Plinio, &amp; in diuersi 
<lb/>Autori: i quali scriuono, che Alessandro 
<lb/>Magno prezzò si fattamente la mirabile
<lb/>eccellenza di Apelle, ch’ei gli fece dono non
<lb/>pur di gioie e di thesori, ma della cara amica 
<lb/>Campaspe, solo per hauer conosciuto, che
<lb/>Apelle, il quale l’haueua ritratta ignuda, se
<lb/>n'era di lei innamorato: liberalità incomparabile 
<lb/>e maggiore che se egli donato gli hauesse
<lb/>un Regno, essendo che piu importa donar le affettioni 
<lb/>de glianimi, che i Regni e le corone.
<lb/>Fab. Hoggidi non si trouano de gli Alessandri.
<lb/>Aret. Appresso ordinò, che a niuno, fuor che ad
<lb/>Apelle, fosse lecito di dipingerlo dal naturale. E
<lb/>prendeua tanto diletto della Pittura, che spesso
<lb/>lo andaua a trouare alla sua stanza, e spendeua 
<lb/>di molte hore in ragionar seco domesticamente, 
<lb/>&amp; in uederlo dipingere. E questo fu
<pb n= "16 verso"/>
<lb/>pur quell'Alessandro : il quale oltre, ch’era stato 
<lb/>molto bene introdotto nella cognition della Filosofia 
<lb/>da Aristotele, che gli fu maestro, haueua 
<lb/>posto il fine d'ogni sua gloria nell’arme, e
<lb/>nel uincere e soggiogare il mondo. Leggesi 
<lb/>ancora, che trouandosi il Re Demetrio con un
<lb/>grande esercito accampato a Rhodi: e potendo
<lb/>con molta facilità prender questa città, se ui faceua 
<lb/>accendere il fuoco in certa parte, doue era
<lb/>posta una tauola, dipinta da Prothogene: come
<lb/>che egli ardesse di disiderio d'impadronirsi di cosi
<lb/>nobile città, elesse di perderla, perche l’opere
<lb/>di Prothogene non si abbruciasse : facendo
<lb/>maggiore istima d'una pittura, che d'una città.
<lb/>Fab. Bellissimo esempio in lode della pittura.
<lb/>Aret. Ce ne sono de gli altri: come, essendo condotto 
<lb/>Apelle da uno, che gli portaua inuidia, al
<lb/>conuito di certo Re suo nimico, il Re conosciutolo, 
<lb/>con fiero sguardo gli dimandò, perche egli
<lb/>fosse stato cotanto audace, che hauesse haunto 
<lb/>ardimento di uenire alla sua presenza. Apelle,
<lb/>non ui si trouando colui, che quiui l'haueua menato, 
<lb/>prese un carbone in mano, e disegnò prestamente 
<lb/>nel muro la faccia di quel suo nimico,
<lb/>tanto simile alla uera, che dicendo egli al Re.
<pb n= "17 recto"/>
<lb/>costui è quello, che mi ui ha condotto, il Re conosciutolo 
<lb/>da quel poco di macchia fatta da
<lb/>Apelle, gli perdonò, mosso solamente da marauiglia 
<lb/>della sua uirtù. Douete anco sapere,
<lb/>che i Fabij, nobilissima famiglia Romana, furono 
<lb/>cognominati Pittori, per hauere il primo
<lb/>di tal cognome dipinto in quella città il tempio 
<lb/>della salute.
<lb/>Fab. Ricordomi, che Quinto Pedio, nipote di Cesare, 
<lb/>da lui lasciato a parte dell'heredità con
<lb/>Ottauio, dipoi cognominato Augusto, essendo
<lb/>nato mutolo, fu da Messala Oratore posto ad
<lb/>imparare a dipingere: il cui consiglio fu lodato
<lb/>dal detto, conoscendo quel prudente Imperadore, 
<lb/>che dopo le lettere non si trouaua arte piu nobile 
<lb/>della Pittura: e’ uolendo con quest'arte supplire 
<lb/>al difetto della Natura. Ricordomi parimente, 
<lb/>che alcuni huomini dotti furono Pittori : 
<lb/>come Pacuuio antico Poeta, Demosthene
<lb/>Prencipe de’ Greci oratori. Metrodoro fu parimente 
<lb/>Pittore e Filofofo: &amp; anco il nostro Dante
<lb/>imparò a disegnare.
<lb/>Aret. E hoggidì qui in Vinegia Mons. il Barbaro
<lb/>eletto Patriarca di Aquilegia: Signor ai gran
<lb/>ualore, e d'infinita bontà: e parimente il dotto
<pb n= "17 verso"/>
<lb/>gentilhuomo M. Francesco Morosini: i quali
<lb/>due disegnano e dipingono leggiadramente: oltre
<lb/>una infinità di altri gentil’huomini, che si dilettano 
<lb/>della Pittura, tra i quali v’è il Mag. M. Alessandro
<lb/>Contarini non meno ornato di lettere, che
<lb/>di altre rare uirtù. Ma seguendo le grandezze
<lb/>de’ Prencipi, che dirò di Carlo Quinto: il quale,
<lb/>come emulo di Alessandro Magno, per le molte
<lb/>cure, e per i trauagli quasi continui, che gli apportano 
<lb/>le cose della guerra, non lascia di uolger
<lb/>molte uolte il pensiero a quest'arte. la quale ama
<lb/>et apprezza tanto, che essendogli peruenuta al
<lb/>l’orecchie la fama del diuin Titiano, con benigni 
<lb/>et amoreuoli inuiti due uolte lo chiamò alla corte: 
<lb/>doue oltre allo hauerlo honorato al pari de’
<lb/>primi personaggi, che erano in essa corte gli concesse
<lb/>priuilegi, provisioni, e premi grandissimi: e
<lb/>d’un solo ritratto, ch’ei gli fece in Bologna, mille
<lb/>scudi ordinò, che gli fossero dati. et anco Alfonso
<lb/>Duca di Ferrara si mostrò molto amico della
<lb/>Pittura: e diede al medesimo trecento scudi per
<lb/>un ritratto di se stesso, fatto dalla sua mano. Il quale 
<lb/>ueduto poi da Michel’Agnolo, ei lo ammirò 
<lb/>e lodò infinitamente, dicendo, ch'egli non
<lb/>haueua creduto, che l'arte potesse far tanto: e
<pb n= "18 recto"/>
<lb/>che solo Titiano era degno del nome di Pittore.
<lb/>Fab. Percerto la eccellenza di questo huomo è
<lb/>tanta, che, quando l'Imperadore e’l Duca di
<lb/>Ferrara gli hauesser donato una città, non l'haurebbono
<lb/>premiata à bastanza. Ma non resta
<lb/>che Michel’Agnolo non sia Michel’Agnolo .
<lb/>Aret. Aspettate pure. Il Re Filippo ancora, degno 
<lb/>figliuolo di tanto Prencipe, ama &amp; honora 
<lb/>la Pittura : e delle molte opere, che gli
<lb/>manda spesso Titiano, spero, che un giorno se
<lb/>ne uedranno premi degni della grandezza di 
<lb/>si fatto Re, e della uirtù di cotal Pittore. Ho
<lb/>similmente inteso, che l'uno e l’altro sanno disegnare . 
<lb/>E. M. Enea Vico Parmigiano, non
<lb/>solo intagliator di stampe di rame hoggidi senza 
<lb/>uguale, ma letterato, e sottile inuestigator
<lb/>delle cose appartinenti alla cognition delle 
<lb/>historie: come si uede ne’ libri delle sue Medaglie , 
<lb/>e della genealogia de’ Cesari: essendo
<lb/>gia qualche anno ritornato dalla corte, mi raccontò, 
<lb/>che appresentato ch'egli hebbe a Cesare
<lb/>il rame del suo politistimo intaglio: nel quale
<lb/>fra diuersi ornamenti di figure, che dinotano le
<lb/>imprese e la gloria di sua Maestà, si contiene
<lb/>il suo ritratto: Cesare presolo in mano, &amp; appoggiatosi
<pb n= "18 verso"/>
<lb/>a una fenestra, lo drizzò al suo lume:
<lb/>e dopo lo hauerlo riguardato intentamente buona 
<lb/>pezza, oltre al disiderio, che dimostrò, che
<lb/>di quello si stampassero molte carte, non si potendo 
<lb/>cio fare, perche il rame era indorato, discorrendo 
<lb/>seco minutamente d'intorno alla inuentione, 
<lb/>&amp; al disegno, diede un buon saggio di
<lb/>esserne intendente tanto, quanto molti altri, che
<lb/>ne facciano professione: o poco meno: e fece
<lb/>annouerare al medesimo dugento scudi.
<lb/>Fab. Mi uiene in memoria di hauer letto in Suetonio, 
<lb/>che ancora Nerone Imperadore (per altro
<lb/>uitioso e crudele) dipingeua, e faceua di sua mano 
<lb/>rilieui di terra bellissimi: e Giulio Cesare parimente 
<lb/>soleua esser uaghissimo di Pitture e
<lb/>d'intagli. 
<lb/>Aret. Dilettossene etiandio Adriano Imperadore,
<lb/>&amp; Alessandro Seuero, figliuolo di Mammea,
<lb/>&amp; alcuni altri. E, se uogliamo riguardare a
<lb/>prezzi, con che furono comperate diuerse Pitture, 
<lb/>gli troueremo quasi infiniti. Percioche si
<lb/>legge, che Tiberio ne pagò una sessanta sestertij:
<lb/>che fanno cento cinquanta libbre d'argento Romane. 
<lb/>Et il Re Attalo comperò una tauola d'Aristide
<lb/>Thebano per cento talenti : che uagliono, riducendogli
<pb n= "19 recto"/>
<lb/>alla nostra moneta, sessanta mila Scudi,
<lb/>Fab. So, che si trouarono similmente alcuni Pittori:
<lb/>(tra quali fu Zeusi i quali stimando, che ne
<lb/>l’argento, ne l’oro bastassero a pagar compiutamente 
<lb/>le loro opere, le donauano.
<lb/>Aret. È ben uero, ch’a nostri di comunemente i
<lb/>Prencipi sono molto piu ristretti ne’premi di tali 
<lb/>gloriose fatiche, che gli antichi a que’ buoni
<lb/>tempi non erano: come auiene anco ne gli honorati 
<lb/>sudori de’ letterati. 
<lb/>Fab. E questo diede cagione all'arguto e piaceuole
<lb/>Martiale di dire.
<lb/>,, Trouinsi, Flacco, pur de’ Mecenati, 
<lb/>,, Che Virgilj hoggidì non mancheranno.
<lb/>Aret. Non dimeno oltre a quello, che s’è detto di Titiano, 
<lb/>Leonardo Vinci, gran Pittore, fu largamente 
<lb/>donato, &amp; infinitamente honorato
<lb/>da Filippo Duca di Melano, e dal liberalissimo
<lb/>Francesco Re di Francia, nelle cui braccia egli
<lb/>si morì uecchissimo di molti anni. Rafaello da
<lb/>Papa Giulio secondo, e poscia da Leone Decimo, 
<lb/>e Michel’Agnolo da que’ due Pontefici, e
<lb/>da Papa Paolo Terzo: dal quale ancora fu honorato 
<lb/>pur Titiano nel tempo, ch'egli fece il suo
<lb/>ritratto in Roma, e quella bellissima nuda per il
<pb n= "19 verso"/>
<lb/>Cardinal Farnese, che fu con marauiglia piu
<lb/>d'una uolta ueduta da Michel’Agnolo. È stato
<lb/>egli oltre a cio piu uolte ricerco da tutti i Duchi
<lb/>e Signori, cosi Italiani, come Tedeschi.
<lb/>Fab. Meritamente furono sempre stimati i Pittori :
<lb/>perche e’ pare, che essi d'ingegno e di animo
<lb/>auanzino gli altri huomini: poi che le cose, che
<lb/>Dio fatte ha, ardiscono con l'arte loro d'imitare,
<lb/>e le ci appresentano in modo , che paion uere. 
<lb/>Onde non mi fo marauiglia, che i Greci
<lb/>conoscendo la grandezza della Pittura, prohibissero 
<lb/>a serui il dipingere: e che Aristotele se
<lb/>pari quest'arte dalle Mecaniche, dicendo, che
<lb/>si dourebbe per le città instituir publiche scuole, 
<lb/>oue i fanciulli l'apparassero.
<lb/>Aret. Fin qui adunque habbiamo ueduto in buona parte 
<lb/>la nobiltà della Pittura, &amp; in quanto pregio
<lb/>fossero e siano i buoni Pittori : ueggiamo hora,
<lb/>quanto ella sia utile, diletteuole, e di ornamento. 
<lb/>Prima non è dubbio, ch’è di gran beneficio
<lb/>a gli huomini il ueder dipinta la imagine del
<lb/>nostro Redentore, della Vergine, e di diuersi
<lb/>Santi e Sante. E puossi prendere argomento da
<lb/>questo: che ancora che alcuni Imperadori, e
<lb/>massimamente Greci, prohibissero l’uso publico
<pb n= "20 recto"/>
<lb/>co delle imagini, esso da molti Pontefici ne’ Sagri 
<lb/>concilij fu approuato: e la Chiesa danna per
<lb/>Heretici coloro, che non le accettano. Perche
<lb/>le imagini non pur sono, come si dice, libri de
<lb/>gl’ignoranti: ma (quasi piaceuolissimi suegliatoi) 
<lb/>destano anco a diuotione gl'intendenti: questi 
<lb/>e quelli inalzando alla consideratione di cio,
<lb/>ch'elle rappresentano. Onde si legge, che Giulio 
<lb/>Cesare ueggendo in Ispagna una statua di
<lb/>Alessandro Magno: e mosso da quella a considerar, 
<lb/>che Alessandro ne glianni, ne’ quali esso 
<lb/>alhora si trouaua, haueua quasi acquistato
<lb/>il mondo, e che da lui non si era ancor fatta cosa
<lb/>degna di gloria, pianse: e tanto s’infiammò
<lb/>nel disiderio della immortalità, che si mise di
<lb/>poi a quelle alte imprese, per lequali non solo si
<lb/>fece eguale ad Alessandro, malo superò. Scriue 
<lb/>anco Sallustio, che Quinto Fabio, e Publio
<lb/>Scipione soleuano dire, che, quando riguardauano 
<lb/>le imagini de’ maggiori, si sentiuano accender 
<lb/>tutti alla uirtù: non che la cera o il marmo,
<lb/>di ch’era fatta la imagine, hauesse tanta forza:
<lb/>ma cresceua la fiamma ne glianimi di que’ egregi 
<lb/>huomini per la memoria de’ fatti illustri: ne
<lb/>prima si acquetana, che essi con le loro prodezze
<pb n= "20 verso"/>
<lb/>non haueuano aguagliata la lor gloria. 
<lb/>Le imagini adunque de’ buoni e de’ uirtuosi infiammano 
<lb/>gli huomini, come io dico, alla uirtù
<lb/>&amp; alle opere buone. Et oltre alle cose della religione 
<lb/>apporta ancora quest’arte utile a i Prencipi, 
<lb/>&amp; a i Capitani, ueggendo essi spesse volte
<lb/>disegnati i siti de’ luoghi, e delle città, prima 
<lb/>che incaminino gli eserciti , e si pongano a
<lb/>ueruno assalto. onde si puo dire, che la sola mano 
<lb/>del Pittore sia lor guida: essendo che il disegno 
<lb/>è proprio di еssа Pittore. Hassi ancora a riconoscer 
<lb/>dal Pittore la carta del nauigare, e parimente 
<lb/>da lui hanno origine e forma tutte le arti 
<lb/>manuali. Perche Architetti, Muratori,
<lb/>Intagliatori, Orefici, Ricamatori, Legnaiuoli,
<lb/>&amp; insino i Fabbri, tutti ricorrono a disegno:
<lb/>proprio, come s’è detto, del Pittore.
<lb/>Fab. Non si puo negare: percioche di qualunque cosa,
<lb/>uolendo significar, che ella sia bella, si dice,
<lb/>lei hauer disegno.
<lb/>Aret. Quanto al diletto, benche cio si possa comprender 
<lb/>dalle cose dette inanzi, aggiungo, che non è
<lb/>cosa, che tanto soglia tirare a se, e pascer gliocchi 
<lb/>de’ riguardanti , quanto fa la Pittura: non
<lb/>le gemme, non l’oro istesso. Anzi questo e quel
<pb n= "21 recto"/>
<lb/>le sono piu stimati, se qualche intaglio, o lauoro
<lb/>di mano di artificioso Maestro in se contengono: 
<lb/>o che siano figure d'huomini, o d'animali,
<lb/>o altra cosa, che habbia disegno e uaghezza.
<lb/>E questo non solamente auiene a coloro,
<lb/>che sanno, ma al uolgo ignorante, &amp; anco a
<lb/>fanciulli : i quali talhor ueggendo qualche imagine 
<lb/>dipinta, la dimostrano quasi senpre col dito: 
<lb/>e pare, che tutti s’ingombrino di dolcezza
<lb/>i lor pargoletti cuori. 
<lb/>Fab. Il medesimo scriue il Castiglione in una sua bellissima 
<lb/>Elegia Latina, che aueniua a suoi piccioli 
<lb/>figliuoletti nel riguardare il suo ritratto 
<lb/>fatto da Rafaello, che hora si troua in Mantoua: 
<lb/>&amp; è opera degna del suo nome. 
<lb/>Aret. Infine chi è colui, che non comprenda l’ornamento, 
<lb/>che porge la Pittura a qualunquе соsа?
<lb/>Percioche e i publici edifici &amp; i priuati, benche
<lb/>siano i muri di dentro uestiti di finissimi arazzi:
<lb/>e le casse , e le tauole coperte di bellissimi tapeti,
<lb/>senza l’ornamento di qualche pittura assai
<lb/>di bellezza e di gratia perdono. E di fuori
<lb/>molto piu dilettano a gliocchi altrui le facciate
<lb/>delle case e de’palagi dipinte per mano di buon
<lb/>Maestro, che con la incrostatura di bianchi marmi,
<pb n= "21 verso"/>
<lb/>di porfidi, e di serpentini fregiati di oro.
<lb/>Il simile ui dico delle chiese e de’ sacri chiostri.
<lb/>Onde non senza cagione i pontefici da me detti
<lb/>procurarono, che le stanze del palagio Papale
<lb/>fossero dipinte da Rafaello , e le capelle di San
<lb/>Pietro, e di San Paolo da Michel’ Agnolo : e
<lb/>questa Illustris. Signoria fece dipinger la Sala
<lb/>del gran consiglio a diuersi Pittori piu e meno
<lb/>ualenti, secondo quelle età roze, o non ancora
<lb/>capaci dell'eccellenza della Pittura. E dipoi ui
<lb/>ha fatto far due quadri a Titiano. Il cui pennello 
<lb/>uolesse Dio, che l'hauesse tutta dipinta:
<lb/>che forse hoggidi la medesima sarebbe uno de'
<lb/>piu belli &amp; honorati spettacoli, che si uedesse
<lb/>in Italia. Fece ancora (ma molto a dietro) dipinger 
<lb/>dal di fuori il fondaco de’ Tedeschi a
<lb/>Giorgio da Castel franco: &amp; a Titiano medesimo, 
<lb/>che alhora era giouanetto, fu allogata quella 
<lb/>parte, che riguarda la Merceria. Di che dirò 
<lb/>al fine alquante parole. Ma di questa parte
<lb/>non accade dire altro: se non, che fra costumi
<lb/>Barbari de gl’infedeli, questo è il peggiore, che
<lb/>non comportano, che in fra di loro si faccia alcuna 
<lb/>imagine di Pittura, ne di Scoltura. È ancora 
<lb/>la Pittura necessaria: percioche senza il
<pb n= "22 recto"/>
<lb/>suo aiuto noi non hauressimo (come s'è potuto
<lb/>conoscere) ne habitatione, ne cosa alcuna, che
<lb/>appartenga all'uso ciuile. 
<lb/>Fab. Voi hauete, Signor Pietro, secondo il mio parere, 
<lb/>ragionato molto a pieno della dignità della
<lb/>pittura. Hora ui sia in grado di seguir la materia 
<lb/>ordinata, accio che io sappia fare il giudicio, 
<lb/>ch'io ricerco.
<lb/>Aret. Haurei potuto assai piu allargarmi: ma non essendo 
<lb/>cio appartinente al paragone, per cui parliamo, 
<lb/>basterà questo a sodisfation della uostra
<lb/>richiesta. E tornando nel camino, donde uscito 
<lb/>io sono, hauendo diffinita la Pittura, e detto,
<lb/>qual sia l'ufficio del Pittore, seguirò hora ogni
<lb/>sua parte.
<lb/>Fab. Gia mi diletta molto questo ragionamento: e
<lb/>ueggio , che uoi ragionate copiosamente, e con
<lb/>molto ordine.
<lb/>Aret. Tutta la somma della Pittura a mio giudicio ė
<lb/>diuisa in tre parti : Inuentione, Disegno, e Colorito. 
<lb/>La inuentione è la fauola, o historia,
<lb/>che’l Pittore si elegge da lui stesso: o gli è posta
<lb/>inanzi da altri per materia di quello, che ha da
<lb/>operare. Il disegno è la forma, con che egli la
<lb/>rappresenta. Il colorto serue a quelle tinte,
<pb n= "22 verso"/>
<lb/>con le quali la Natura dipinge (che cosi si puo dire)
<lb/>diuersamente le cose animate &amp; inanimate. 
<lb/>Animate: come sono glihuomini e gli animali 
<lb/>bruti: iuanimate, come i sassi, l’herbe,
<lb/>le piante, e cose tali: benche queste ancora sia
<lb/>no nella spetie loro animate, essendo elleno partecipi 
<lb/>di quell'anima, che è detta uegetatiua: la
<lb/>quale le perpetua e mantiene. Ma ragionerò da
<lb/>Pittore, e non da Filofofo.
<lb/>Fab. A me parete l'uno e l’altro.
<lb/>Aret. Piacemi, se cosi è. E cominciando dalla inuentione, 
<lb/>in questa dico, che ui entrano molte parti :
<lb/>tra lequali sono le principali l’ordine e la
<lb/>conueneuolezza. Percioche, se'l Pittore (per
<lb/>cagion di esempio) haurà a dipinger Christo, o
<lb/>San Paolo, che predichi, non istà bene, che lo
<lb/>faccia ignudo , o lo uesti da soldato, o da marinaio: 
<lb/>ma bisogna, ch’e’ consideri un’habito con
<lb/>ueniente all’uno &amp; all'altro: e principalmente
<lb/>di dare a Christo una effigie graue accompagnata 
<lb/>da una amabile benignità e dolcezza: e cosi
<lb/>di far San Paolo con aspetto, che a tanto Apostolo 
<lb/>si conuiene, in modo, che l'occhio, che riguarda, 
<lb/>stimi di uedere un uero ritratto, si del
<lb/>datore della salute, come del uaso di elettione.
<pb n= "23 recto"/>
<lb/>Onde non senza cagione fu detto a Donatello,
<lb/>il quale haueua fatto un Crocefisso di legno ,
<lb/>ch’egli haueua messo in Croce un contadino; ancora 
<lb/>che a Donatello nell'arte della Scoltura si
<lb/>trouasse ne’ tempi moderni niun pari, e un solo
<lb/>Michel’Agnolo superiore. Similmente hauendo 
<lb/>il Pittorea dipinger Mosè, non dourà fare
<lb/>una figura meschina, ma tutta piena di grandezza 
<lb/>e di maestà. Di qui terrà sempre riguardo 
<lb/>alla qualità delle persone, ne meno alle nationi, 
<lb/>a costumi, a luoghi, &amp;  a tempi: tal, che se
<lb/>depingerà un fatto d'arme di Cesare, o di Alessandro 
<lb/>Magno, non conuiene, che armi i soldati
<lb/>nel modo, che si costuma hoggidì, &amp; ad altra
<lb/>guisa farà le armature a Macedoni, ad altra a
<lb/>Romani; e, se gli uerrà imposto carico di rappresentare 
<lb/>una battaglia moderna, non si ricerca, 
<lb/>che la diuisi all'antica. Cosi uolendo raffigurar 
<lb/>Cesare, saria cosa ridicola, ch'ei gli mettesse 
<lb/>in testa uno inuolgio da Turco, o una berretta 
<lb/>delle nostre, o pure alla Vinitiana.
<lb/>Fab. Questa parte della conueneuolezza è ancora
<lb/>necessarissima a gli Scrittori, tanto, che senza
<lb/>essa non possono far cosa perfetta. Onde ben
<lb/>disse Horatio, che in una Comedia importa molto,
<pb n= "23 verso"/>
<lb/>che habbia a fauellare il seruo, o il padrone.
<lb/>Onde è ua toccando le conditioni, che si debbono 
<lb/>serbare in Achille, e quelle che in Oreste, in
<lb/>Medea, &amp; in altri.
<lb/>Aret. Errò nella conueneuolezza non solo de gli habiti, 
<lb/>ma anco de’ uolti Alberto Duro: il quale,
<lb/>perche era Tedesco, disegnò in piu luoghi la
<lb/>madre del Signore con habito da Tedesca, e similmente 
<lb/>tutte quelle Sante Donne, che l’accompagnano. 
<lb/>Ne restò ancora di dare a Giudei 
<lb/>effigie pur da Tedeschi, con que’ mostacchi 
<lb/>e capigliature bizarre, ch'essi portano, e
<lb/>con i panni, che usano. Ma di questi errori,
<lb/>che appartengono alla conueneuolezza della
<lb/>inuentione, ne toccherò forse alcuno, quando
<lb/>uerrò al paragone di Rafaello, e di Michel’
<lb/>Agnolo.
<lb/>Fab. Vorrei, Signor Pietro, che non solamente tocaste 
<lb/>gli estremi uitiosi, ne’ quali non caggiono, 
<lb/>senon gli sciocchi; ma che ragionaste ancora 
<lb/>di quelle parti, lequali confinano col uitio
<lb/>e con la uirtù: oue anco i grand’huomini alle
<lb/>olte inciampano.
<lb/>Aret. Questo farò. Ma stimate uoi, che fosse perauentura 
<lb/>sciocco. Alberto Duro? Egli fu ualente 
<pb n= "24 recto"/>
<lb/>Pittore, &amp; in questa parte della inuentione stupendo. 
<lb/>E, se l'istesso fosse nato cosi in Italia, come 
<lb/>nacque in Germania (nella quale auenga,
<lb/>che in diuersi tempi ui habbiano fiorito ingegni
<lb/>nobilissimi, cosi nelle lettere, come in uarie arti, 
<lb/>la perfettion della Pittura, non ui fu giamai)
<lb/>mi gioua a credere, ch’ei non sarebbe stato in
<lb/>feriore ad alcuno. E per testimonio di cio ui
<lb/>affermo, che l’istesso Rafaello non si recaua a
<lb/>uergogna di tener le carte di Alberto attaccate 
<lb/>nel suo studio, e le lodaua grandemente.
<lb/>E, quando egli non hauesse hauuto altra eccellenza, 
<lb/>basterebbe a farlo immortale l’intaglio
<lb/>delle sue stampe di rame: il quale intaglio con
<lb/>una minutezza incomparabile rappresenta il
<lb/>uero &amp; il uiuo della natura, di modo, che le cose 
<lb/>sue paiono non disegnate, ma dipinte; e non
<lb/>dipinte, ma uiue.
<lb/>Fab. Ho uedute alcune sue carte; lequali nel uero
<lb/>in questa parte m'hanno fatto stupire.
<lb/>Aret. Questo è quanto alla conueneuolezza. Quanto
<lb/>all'ordine, è mistiero, che’l Pittore uada di parte
<lb/>in parte rassembrando il successo della historia,
<lb/>che ha presa a dipingere, cosi propriamente,
<lb/>che i riguardanti stimino, che quel fatto non
<pb n= "24 verso"/>
<lb/>debba essere auenuto altrimenti di quello, che
<lb/>da lui è dipinto. Ne ponga quello, che ha ad essere
<lb/>inanzi, dapoi; ne quello, c’ha ad esser dapoi, 
<lb/>inanzi, disponendo ordinatissimamente le
<lb/>cose, nel modo, che elle seguirono.
<lb/>Fab. Questo istesso insegna Aristotele nella sua Poetica 
<lb/>a gli Scrittori di Tragedie e di Comedie.
<lb/>Aret. Ecco Timante, uno de’ lodati Pittori antichi;
<lb/>il quale dipinse Ifigenia, figliuola di Agamennone, 
<lb/>di cui Euripide compose quella bella Tragedia, 
<lb/>che fu tradotta dal Dolce, e ricitata qui
<lb/>in Vinegia alcuni anni sono: la dipinse dico inanzi 
<lb/>all’altare, oue essa aspettaua di essere uccisa
<lb/>in sacrificio a Diana. &amp; hauendo il Pittore 
<lb/>nelle faccie de’ circostanti espressa diuersamente 
<lb/>ogni imagine di dolore, non si assicurando
<lb/>di poterla dimostrar maggiore nel uolto del
<lb/>dolente padre, fece, che egli se lo copriua con
<lb/>un panno di lino, ouero col lembo della uesta:
<lb/>senza, che Timante ancora serbò in cio molto
<lb/>bene la conueneuolezza: perche essendo Agamennone 
<lb/>padre, pareua, ch’e’ non douesse poter
<lb/>sofferire di ueder con gliocchi propri amazzar
<lb/>la figliuola. 
<lb/>Fab. Bellissima nel uero inuentione fu questa.
<pb n= "25 recto"/>
<lb/>Aret. Parrhasio similmente, illustre Pittore di quella
<lb/>età, fece due figure: l’una delle quali contendendo 
<lb/>della uittoria, pareua, che sudasse: l’altra 
<lb/>si disarmaua, e sembraua, che ansasse. Questi
<lb/>due esempi di Pittori antichi possono dimostrar
<lb/>di quanta importanza al Pittore sia la inuentione; 
<lb/>perche da lei deriuano, ouero seco si
<lb/>accompagnano tutte le belle parti del disegno:
<lb/>ne resterò piu inanzi di dirne alcuno de’ Pittori
<lb/>moderni. Non meno dee imaginarsi il Pittore i
<lb/>siti, e gli edifici simili alla qualità de’ paesi, in
<lb/>guisa, che non attribuisca ad uno quello, ch’è
<lb/>proprio dell'altro. Onde non fu molto prudente 
<lb/>quel Pittore: il quale dipingendo Mosè, che
<lb/>con la uerga percotendo il sasso, ne fece uscir
<lb/>miracolosamente fuori l'acqua disiderata da
<lb/>gli Hebrei, finse un paese fertile, herboso, e
<lb/>cinto di uaghe Montagnette: si, perche la historia 
<lb/>pone, che questo miracolo auenisse nel de
<lb/>serto: si ancora, perche ne’ luoghi fertili u’è
<lb/>sempre abondanza d'acqua.
<lb/>Fab. Bisogna certamente, che’l Pittore habbia un
<lb/>fiorito ingegno, &amp; non dorma punto nella inuentione. 
<lb/>Vedete, come bene Horatio nel principio 
<lb/>della sua Poetica, scritta a i due Pisoni,
<pb n= "25 verso"/>
<lb/>volendo fauellar pur’della inuentione; e prendendo 
<lb/>la similitudine dal Pittore, per essere il
<lb/>Poeta e’l Pittore, come s'è detto, insieme quasi
<lb/>fratelli, ci rappresenta una sconueneuolissima
<lb/>inuentione: il senso de i cui uersi puo esser tale.
<lb/>Se collo di cauallo a capo humano 
<lb/>Alcun Pittor per suo capriccio aggiunga,
<lb/>Quello di uarie piume ricoprendo:
<lb/>E porga al corpo suo forma si strana,
<lb/>Che fra diuerse qualità di membra
<lb/>Habbia la coda di difforme pesce,
<lb/>E la testa accompagni un dolce aspetto
<lb/>Di uaga e leggiadrissima Donzella:
<lb/>A ueder cosa tal, sendo chiamati,
<lb/>Potreste amici ritener il riso?
<lb/>Aret. E questo al mio parere dinota, che in tutto il
<lb/>contenimento della historia, la quale abbracci
<lb/>molte figure, si faccia un corpo, che non discordi: 
<lb/>come sarebbe, se io hauessi a dipingere
<lb/>il piouer della manna nel deserto, dourei fare,
<lb/>che tutti gli Hebrei, che in tal cosa si uanno
<lb/>rappresentando, con uarie attitudini raccogliessero 
<lb/>questo cibo celeste, dimostrando allegrezza 
<lb/>e disiderio grandissimo, in guisa, che
<lb/>non paresse, che alcuno si stesse in darno: come
<pb n= "26 recto"/>
<lb/>si uede nella carta di Rafaello: il quale oltre
<lb/>cio si ha imaginato un deserto uero con casamenti 
<lb/>di legnami conuenienti al tempo &amp; al
<lb/>luogo; e dato a Mosè effigie graue, uestendo
<lb/>lo di habito lungo, &amp; hallo fatto di statura
<lb/>grande et augusta, dando insino alle Giudee uesti
<lb/>con raccami, si come elle usauano. Ne debbo 
<lb/>tacere, poi che non si dee tacere la uerità,
<lb/>che intorno alla historia colui, che dipinse nella
<lb/>sala detta di sopra, appresso il quadro della battaglia 
<lb/>dipinta da Titiano, la historia della scomunica, 
<lb/>fatta da Papa Alessandro a Federico
<lb/>Barbarossa Imperadore, hauendo nella sua inuentione 
<lb/>rappresentata Roma, uscì al mio parere 
<lb/>sconciamente fuori della conueneuolezza
<lb/>a farui dentro que’ tanti Senatori Vinitiani,
<lb/>che fuor di proposito stanno a uedere: conciosia 
<lb/>cosa, che non ha del uerisimile, che essi cosi
<lb/>tutti a un tempo ui si trouassero: ne hanno punto 
<lb/>da far con la historia. Seruò bene (e diuinamente) 
<lb/>all'incontro la conueneuolezza Titiano 
<lb/>nel quadro, oue il detto Federica s'inchina
<lb/>&amp; humilia inanzi il Papa, baciandogli il santo 
<lb/>piede: hauendoui dipinto giudiciosamente
<lb/>il Bembo, il Nauagero, &amp; il Sannazaro: che
<pb n= "26 verso"/>
<lb/>riguardano. Percioche quantunque l’auenimento 
<lb/>di questa cosa fosse molti anni a dietro,
<lb/>i primi due sono imaginati in Vinegia patria
<lb/>loro; &amp; non è lontano dal uero, che’l terzo ui
<lb/>sia stato. Senza che non era disconueneuole,
<lb/>che uno de’ primi Pittori del mondo lasciasse
<lb/>nelle sue publiche opere memoria dell'aspetto
<lb/>de’ tre primi Poeti e dotti huomini della nostra
<lb/>età: due de’ quali erano gentilhuomini Vinitiani,
<lb/>e l’altro fu tanto affettionato a questa nobilissima 
<lb/>Città di Vinegia, che in un suo Epigramma
<lb/>l’antepose a Roma. L'epigramma ridotto
<lb/>nella lingua nostra è questo.
<lb/>Vedendo la Città d'Adria Nettuno
<lb/>Gloriosa sedersi in mezo a l’onde,
<lb/>E porre a tutto’l Mar legge &amp; impero:
<lb/>Gioue, quanto a te par (stupendo disse)
<lb/>Del gran Monte Tarpeo ti gloria e uanta,
<lb/>E le mura di Marte apprezza e loda.
<lb/>Se inanzi al Mare il tuo bel Tebro poni,
<lb/>L’una e l'altra Città riguarda e mira:
<lb/>E si dirai tu poi: Quella hebbe forma
<lb/>Gia per le man de gli huomini mortali:
<lb/>Ma questa fabricar glieterni Dei.
<lb/>Il medesimo epigramma fu leggiadramente tradotto
<pb n= "27 recto"/>
<lb/>in un Sonetto dal uirtuosissimo giouane
<lb/>M. Giouan Mario Verdezotto: il quale molto
<lb/>di Pittura dilettandosi, l'accompagna con le
<lb/>lettere, alle uolte ancora egli disegnando e dipingendo. 
<lb/>Aret. Sono cotali lode nel uero grandi ; ma degne di
<lb/>questa Città. Ora presuppongasi, che questo
<lb/>huomo da bene in cio non sia punto mancato di
<lb/>giudicio (che certo, quando quella inuentione
<lb/>non meriti laude per altro; si lo merita ella per
<lb/>la dignità di que’ rari Signori, che rappresenti
<lb/>essendo, che le imagini spesse uolte si riueriscono
<lb/>per la effigie di coloro, che elle contengono,
<lb/>se ben sono di mano di cattiui Maestri) mostrò
<lb/>di hauer bene hauuto poca consideratione alhora,
<lb/>ch’ei dipinse la Santa Margherita a cauallo
<lb/>del Serpente.
<lb/>Fab. Io niuna di queste opere ho ueduto. Ma della
<lb/>inuentione parmi hauere udito assai. Раssаte
<lb/>al disegno. 
<lb/>Aret. Ho da dire ancora d'intorno alla materia della
<lb/>inuentione alquante parole: come, che ogni figura 
<lb/>faccia bene la sua operatione. Onde se una
<lb/>siede, paia, che ella sieda commodamente: se
<lb/>sta in piede, fermi le piante de’ piedi in guisa,
<pb n= "27 verso"/>
<lb/>che non paia, che, trabbocchi: e se ella si muoue, 
<lb/>sia il mouimento facile, e con le circostanze, 
<lb/>che toccherò piu auanti. Et è impossibile,
<lb/>che’l Pittore possegga bene le parti, che conuengono 
<lb/>alla inuentione, si per conto della historia, 
<lb/>come della conueneuolezza, se non è pratico 
<lb/>delle historie e delle fauole de’ Poeti. Onde
<lb/>si come è di grande utile a un letterato per le
<lb/>cose, che appartengono all'ufficio dello scriuere, 
<lb/>il saper disegnare : cosi ancora sarebbe di
<lb/>molto beneficio alla profession del Pittore il saper 
<lb/>lettere. Ma non essendo il Pittor letterato,
<lb/>sia almeno intendente, come io dico, delle historie,
<lb/>e delle Poesie, tenendo pratica di Poeti, e d’huomini 
<lb/>dotti. Voglio ancora auertire, che quando 
<lb/>il Pittore ua tentando ne’primi schizzi le
<lb/>fantasie, che genera nella sua mente la historia, 
<lb/>non si dee contentar d'una sola, ma trouar
<lb/>piu inuentioni, e poi fare iscelta di quella, che
<lb/>meglio riesce, considerando tutte le cose insieme, 
<lb/>e ciascuna separatamente: come soleua il
<lb/>medesimo Rafaello: il quale fu tanto ricco d’inuentione, 
<lb/>che faceua sempre a quattro e sei modi,
<lb/>differenti l’uno dall'altro, una historia, e tutti 
<lb/>hauenano gratia, e stauano bene. E guardi
<pb n= "28 recto"/>
<lb/>sopra tutto il Pittore di non incorrer nel uitio
<lb/>di colui, che hauendo cominciato a fare un bel
<lb/>uaso, lo fa riuscire in una scodella, o in altra cosa 
<lb/>simile di uile e picciolo prezzo. Questo dico: 
<lb/>perche auiene spesso, che'l Pittore si haurà
<lb/>imaginata alcuna bella inuentione, ne riuscirà
<lb/>poi in rappresentarla per debolezza delle suo
<lb/>forze. Onde dourà lasciarla, e prenderne un’altra, 
<lb/>che possa condur bene, in tanto, ch’e’ non
<lb/>sia sforzato di far quello, che non era sua intentione.
<lb/>Fab. E questo auiene medesimamente a noi altri,
<lb/>che per pouertà di parole spesse uolte siamo
<lb/>astretti a scriuer cosa, che non haueuamo nel
<lb/>pensiero.
<lb/>Aret. Per quello, che s’è detto, appare, che la inuentione 
<lb/>uien da due parti, dalla historia, e dall'ingegno 
<lb/>del Pittore. Dalla historia egli ha semplicemente 
<lb/>la materia. E dall’ingegno oltre all’ordine 
<lb/>e la conueneuolezza, procedono l’attitudini, 
<lb/>la uarietà, e la (per cosi dire) energia
<lb/>delle figure. ma questa è parte comune col disegno. 
<lb/>Basta a dire, che in niuna parte di questa 
<lb/>inuentione il Pittore sia ocioso: e non elegga 
<lb/>piu, che un numerò conueneuole di figure,
<pb n= "28 verso"/>
<lb/>considerando, che egli le rappresenta all'occhio
<lb/>del riguardante: il quale confuso dalla troppa
<lb/>moltitudine s’infastidisce; ne è uerisimile, che in
<lb/>un tempo gli si appresentino inanzi tante cose.
<lb/>Fab. Cosi uogliono i giudiciosi, che si dia al Poema;
<lb/>e massimamente alle Comedie et alle Tragedie;
<lb/>una lunghezza mediocre, adducendo per ragione,
<lb/>che se una cosa animata è troppo grande,
<lb/>è abhorrita: se troppo picciola, uien dileggiata.
<lb/>Aret. E perche habbiamo ristretto il Pittore sotto
<lb/>queste leggi, si dell'ordine, come della conueneuolezza: 
<lb/>non è che alle uolte egli, come il Poeta, 
<lb/>non роssа prendersi qualche licenza, ma tale, 
<lb/>che non trabbocchi nel uitio. Che non ista bene, 
<lb/>che si accoppino insieme le cose piaceuoli,
<lb/>con le fiere : come i Serpenti con gli Vccelli, e
<lb/>gli Agnelli con le Tigri. Ma uengo al disegno.
<lb/>Il disegno, come ho detto, è la forma, che da il
<lb/>Pittore alle cose, che ua imitando: &amp; è proprio 
<lb/>un giramento di linee per diuerse uie, lequali 
<lb/>formano le figure. Oue bisogna, che’l
<lb/>Pittore ponga ogni cura, e sparga del continouo
<lb/>ogni suo sudore:  percioche una brutta forma
<lb/>toglie ogni laude a qual si uoglia bellissma inuentione: 
<lb/>ne basta a un Pittore di esser bello
<pb n= "29 recto"/>
<lb/>inuentore, se non è parimente buon disegnatore:
<lb/>percioche la inuentione si appresenta per
<lb/>la forma; e la forma non è altro, che disegno.
<lb/>Deue adunque il Pittore procacciar non solo
<lb/>d’imitar, ma di superar la Natura. Dico superar 
<lb/>la Natura in una parte: che nel resto è miracoloso, 
<lb/>non pur, se ui arriua, ma quando ui
<lb/>si auicina. Questo è in dimostrar col mezo dell’arte 
<lb/>in un corpo solo tutta quella perfettion di
<lb/>bellezza, che la natura non suol dimostrare a
<lb/>pena in mille. Perche non si troua un corpo humano 
<lb/>cosi perfettamente bello, che non gli manchi 
<lb/>alcuna parte. Onde habbiamo lo esempio
<lb/>di Zeusi; che hauendo a dipingere Helena nel
<lb/>Tempio de’ Crotoniati, elesse di uedere ignude
<lb/>cinque fanciulle: e togliendo quelle parti di bello
<lb/>dall’una che mancauano all'altra, ridusse la
<lb/>sua Helena a tanta perfettione, che ancora ne
<lb/>resta uiua la fama. Ilche puo anco seruire per
<lb/>ammonitione alla temerità di coloro, che fanno
<lb/>tutte le lor cose di pratica. Ma, se uogliono i
<lb/>Pittori senza fatica trouare un perfetto esempio 
<lb/>di bella Donna, leggano quelle Stanze dell’Ariosto,
<lb/>nelle quali egli discriue mirabilmente 
<lb/>le bellezze della Fata Alcina: e uedranno
<pb n= "29 verso"/>
<lb/>parimente, quanto i buoni Poeti siano ancora 
<lb/>essi Pittori. le Stanze (che io le ho conseruate 
<lb/>sempre, come Gioie bellissime, nel thesоro
<lb/>della memoria) sono queste.
<lb/>,,Di persona era tanto ben formata,
<lb/>,,Quanto me’ finger san Pittori industri.
<lb/>Ecco, che, quanto alla proportione, l’ingeniosissimo 
<lb/>Ariosto assegna la migliore, che sappiano 
<lb/>, formar le mani de’ piu eccellenti Pittori,
<lb/>usando questa uoce industri, per dinotar la diligenza, 
<lb/>che conuiene al buono artefice.
<lb/>,, Con bionda chioma lunga, &amp; annodata:
<lb/>,, Oro non è, che piu risplenda e lustri. 
<lb/>Poteua l’ Ariosto nella guisa, che ha detto chioma 
<lb/>bionda, dir chioma d'oro: ma gli parue forse,
<lb/>che haurebbe hauuto troppo del Poetico. Da
<lb/>che si puo ritrar, che’l Pittore dee imitar l’oro,
<lb/>e non metterlo (come fanno i Miniatori) nelle
<lb/>sue Pitture, in modo, che si possa dire, que’ capelli 
<lb/>non sono d'oro, ma par che risplendano,
<lb/>come l’oro: ilche se ben non è cosa degna di auertimento, 
<lb/>pur piacemi hauerla tocca. Et a questo 
<lb/>proposito ricordomi hauer letto in Atheneo: 
<lb/>che, quantunque si legga ne’ Poeti, Apollo 
<lb/>con questo aggiunto di auricomo: che (come
<pb n= "30 recto"/>
<lb/>sapete) uuol dire chioma d'oro, non dee un Pittore, 
<lb/>dipingendo la imagine di Apollo, farlo
<lb/>co’ capelli di oro, ne molto meno di color nero,
<lb/>che sarebbe maggior fallo: uolendo inferire,
<lb/>che l'ufficio del Pittore è d’imitare il proprio di
<lb/>qualunque cosa con le distintioni, che si conuengono. 
<lb/>Spargeasi per la guancia delicata
<lb/>Misto color di rose e di ligustri.
<lb/>Qui l'Ariosto colorisce, &amp; in questo suo colorire 
<lb/>dimostra essere un Titiano. Ma non è hora
<lb/>da parlare di questa parte. Segue adunque.
<lb/>Di terso auorio era la fronte lieta,
<lb/>Che lo spatio finia con giusta meta.
<lb/>&amp; aggiunge. 
<lb/>Sotto duo negri e sottilissimi archi 
<lb/>Son duo negr’occhi, anzi duo chiari Soli,
<lb/>Pietosi a riguardar , a mouer parchi,
<lb/>Intorno a cui par, ch’Amor scherzi e uoli,
<lb/>E ch’indi tutta la Faretra scharchi,
<lb/>E che uisibilmente i cori inuoli: 
<lb/>Quindi il naso per mezo il viso scende, 
<lb/>Che non troua l'inuidia, oue lo emende.
<lb/>Dipinge gliocchi neri; le cigla similmente nere 
<lb/>e sortilissime; il naso, che discende giu, hauendo
<pb n= "30 verso"/>
<lb/>perauentura la consideratione a quelle
<lb/>forme de’ nasi, che si ueggono ne’ ritratti delle
<lb/>belle Romane antiche. Le altre Stanze seguirò 
<lb/>senza punto interromperle.
<lb/>Bianca neue è il bel collo, e’l petto latte,
<lb/>Il collo è tondo, il petto colmo e largo:
<lb/>Due pome acerbe e pur d'auorio fatte
<lb/>Vengono e uan, come onda al primo margo,
<lb/>Quando piaceuol’aura il mar combatte.
<lb/>Non potria l'altre parti ueder Argo.
<lb/>Ben si puo giudicar, che corrisponde
<lb/>A quel, ch’appar di fuor, quel, che s’asconde.
<lb/>Mostra le braccia sua misura giusta,
<lb/>E la candida man spesso si uede,
<lb/>Lunghetta alquanto, e di larghezza angusta:
<lb/>Doue ne nodo appar, ne uena eccede.
<lb/>Si uede al fin de la persona augusta
<lb/>Il breue, asciutto, e ritondetto piede.
<lb/>Gli angelici sembianti nati in Cielo
<lb/>Non si ponno celar sotto alcun uelo.
<lb/>Quiui adunque entra una gran fatica: che quantunque 
<lb/>la bellezza sia riposta nella proportione; 
<lb/>questa proportione è diuersa: percioche la
<lb/>Natura uaria non meno nelle stature de glihuomini, 
<lb/>che nelle effigie, e ne’ corpi. Onde alcuni
<pb n= "31 recto"/>
<lb/>se ne ueggono grandi, altri piccioli, altri mezani: 
<lb/>altri carnosi, altri magri, altri delicati,
<lb/>altri muscolosi e robusti.
<lb/>Fab. Mi sarebbe grato , Signor Pietro , che qui mi
<lb/>deste qualche regola della misura del corpo
<lb/>humano.
<lb/>Aret. Farollo uolentieri, parendomi gran uergogna, che
<lb/>l'huomo ponga tanto studio in misurar la terra,
<lb/>il mare, et i cieli, e non sappia la misura di se stesso. 
<lb/>Dico adunque, che hauendo la prudente Natura 
<lb/>formata la testa dell’huomo, come rocca
<lb/>principale di tutta questa mirabil fabrica, ch’è
<lb/>chiamata picciol mondo, nella piu eleuata parte 
<lb/>del corpo, tutte le parti di esso corpo debbono 
<lb/>conueneuolmente prender da lei la loro misura. 
<lb/>Diuidesi la testa, o diciamo faccia in tre parti : 
<lb/>l'una dalla sommità della fronte, doue nascono 
<lb/>i capegli, insino alle ciglia: l'altra dalle
<lb/>ciglia insino alla estremità delle narigie: l’ultima 
<lb/>dalle narigie insino al mento. La prima
<lb/>è tenuta seggio della sapienza: la seconda della 
<lb/>bellezza: e la terza della bontà. Dieci adunque
<lb/>teste, secondo alcuni, forniscono il corpo
<lb/>humano: e secondo altri noue, &amp; otto, &amp; anco 
<lb/>sette. Scriuono Autori celebratissimi, che
<pb n= "31 verso"/>
<lb/>e’ non puo crescere in lunghezza piu, che sette 
<lb/>piedi: e la misura del piede sono sedici dita.
<lb/>La misura del mezo della lunghezza si piglia
<lb/>dal membro genitale : e il centro del medesimo 
<lb/>corpo humano è naturalmente l’ombilico. Onde 
<lb/>ponendosi l’huomo con le braccia distese, e tirando 
<lb/>linee dall'ombilico insino alla estremità
<lb/>de’ piedi, e delle dita delle mani, fa un cerchio
<lb/>perfetto. Le ciglia giunte insieme formano
<lb/>ambedue i cerchi de gliocchi. i semicircoli delle 
<lb/>orecchie debbono esser, quanto è la bocca
<lb/>aperta: la larghezza del naso sopra la bocca,
<lb/>quanto è lungo un'occhio. Il naso si forma dalla
<lb/>lunghezza el labro, e tanto è un'occhio lontano 
<lb/>dall'altro, quanto è lungo esso occhio : e
<lb/>tanto la orecchia dal naso, quanto è lungo il
<lb/>dito di mezo della mano. Poi la mano uuole
<lb/>esser, quanto è il uolto. Il bracchio è due uolte e
<lb/>mezo grozzo, quanto è il dito grosso: la coscia è
<lb/>grossa una uolta e mesa , come il braccio. Dirò
<lb/>la lunghezza piu distinta. Dalla sommità del
<lb/>capo insino alla punta del naso si fa una faccia:
<lb/>e da questa punta insino alla sommità del petto,
<lb/>che è l’osso forcolare, si fa la seconda: e dalla
<lb/>sommità del petto insino alla bocca dello sto-
<pb n= "32 recto"/>
<lb/>maco u’ha la terza: da quella insino all'ombilico 
<lb/>si contiene la quarta; e insino a membri 
<lb/>genitali la quinta: che è apunto la metà del corpo, 
<lb/>lasciando da parte il capo. D'indi in poi
<lb/>la coscia insino al ginocchio contien due faccie,
<lb/>e dal ginocchio alla pianta de’ piedi contengonuisi 
<lb/>le altre tre. Le braccia in lunghezza sono
<lb/>tre faccie, cominciando dal legamento della
<lb/>spalla insino alla giuntura della mano. La distanza, 
<lb/>ch’è dal calcagno al collo del piede, è
<lb/>dal medesimo collo insino alle estremità delle dita. 
<lb/>E la grossezza dell’huomo cingendolo sotto 
<lb/>le braccia, è giusto la metà della lunghezza.
<lb/>Fab. Queste misure molto importano a chi uuol fare
<lb/>una figura proportionata. 
<lb/>Aret. Deuesi adunque elegger la forma piu perfetta, 
<lb/>imitando parte la Natura. Ilche faceua
<lb/>Apelle: il quale ritrasse la sua tanto celebrata
<lb/>Venere, che usciua dal Mare (di cui disse Ouidio, 
<lb/>che se Apelle non l’hauesse dipinta, ella sarebbe 
<lb/>sempre stata sommersa fra le onde) da
<lb/>Frine, famosissima cortigiana della sua età; &amp;
<lb/>ancora Prasitele cauò la bella statua della sua
<lb/>Venere Gnidia dalla medesima giouane. E parte 
<lb/>si debbono imitar le belle figure di marmo.
<pb n= "32 verso"/>
<lb/>ò di bronzo de’ Maestri antichi. La mirabile
<lb/>perfettion dellequali chi gusterà e possederà
<lb/>a pieno, potrà sicuramente corregger molti di
<lb/>fetti di essa Natura, e far le sue Pitture riguardeuoli 
<lb/>e grate a ciascuno: percioche le cose antiche 
<lb/>contengono tutta la perfettion dell'arte, e
<lb/>possono essere esemplari di tutto il bello.
<lb/>Fab. E ben dritto, che hauendo gli antichi, cosi Greсі, 
<lb/>сome Latini , hauuta la maggioranza nelle
<lb/>lettere, l'habbiano similmente ottenuta in queste 
<lb/>due arti, cioè Pittura e Scultura; lequali
<lb/>molto piu al pregio loro si auicinano.
<lb/>Aret. Essendo adunque il principal fondamento del disegno 
<lb/>la proportione, chi questa meglio osserverà, 
<lb/>fia in еsso miglior Maestro. E per fare
<lb/>un corpo perfetto, oltre alla imitatione ordinaria 
<lb/>della Natura, essendo anco mestiero d'imitar 
<lb/>gli antichi, è da sapere, che questa imitatione 
<lb/>vuole esser fatta con buon giudicio, di modo, 
<lb/>che credendo noi imitar le parti buone, non
<lb/>imitiamo le cattiue . Come ueggendo, che gli
<lb/>antichi faceuano le lor figure per lo piu suelte,
<lb/>u’è stato alcun Pittore, che serbando sempre
<lb/>questo colume, è spesso trappassato nel troppo; 
<lb/>e quello, ch'era virtù, ha fatto diuenir uitio.
<pb n= "33 recto"/>
<lb/>Altri si sono messa fare alle teste, (massimamente 
<lb/>delle donne) il collo lungo; tra, per
<lb/>che hanno ueduto per la maggior parte nelle
<lb/>imagini delle antiche Romane i colli lunghi, e
<lb/>perche i corti non hanno gratia: ma sono ancora 
<lb/>essi passsati nel troppo, e la piaceuolezza
<lb/>hanno riuolta in disgratia. 
<lb/>Fab. Questi percerto sono utili auertimenti. 
<lb/>Aret. Ora habbiamo a considerar l’huomo in due modi,
<lb/>cioè nudo e uestito. Se lo formiamo nudo,
<lb/>lo possiamo far di due maniere: cioè o pieno di
<lb/>muscoli, o delicato: laqual delicatezza da Pittori 
<lb/>è chiamata dolcezza. E quiui ancora è
<lb/>mestiero, che si serbi la conueneuolezza, che
<lb/>habbiamo data alla inuentione. Percioche, se
<lb/>il Pittore ha da far Sansone, non gli dee atttibuir 
<lb/>morbidezza e delicatezza da Ganimede:
<lb/>ne se ha da far Ganimede, dee ricercare in lui
<lb/>nerui e robustità da Sansone. Cosi ancora, se
<lb/>dipinge un putto, dee dargli membri da putto:
<lb/>ne dee fare un uecchio con sentimenti da giouane, 
<lb/>ne un giouane con que’ da fanciullo. Il
<lb/>simile è conueneuole, che si osserui in una Donna, 
<lb/>distinguendo sesso da sesso, &amp; età da età,
<lb/>e dando a ciascuno conuenientemente le parti
<pb n= "33 verso"/>
<lb/>sue . Ne solo in diuerse qualità di figure convengono 
<lb/>diuerse persone &amp; aspetti; ma anco
<lb/>le medesime le piu uolte si uanno uariando: percioche 
<lb/>altrimenti si formerà Cesare, rappresentandolo, 
<lb/>quando era Consolo: altrimenti,
<lb/>quando era Capitano, &amp; altrimenti: quando 
<lb/>era Imperadore. Cosi nel fare Hercole,
<lb/>il Pittore se lo imaginerà in un modo combattendo 
<lb/>con Antheo, in altro portando il uelo, 
<lb/>in altro, quando abbraccia Deianira, &amp; in altro, 
<lb/>mentre egli ua cercando il suo Hila. Però
<lb/>tutti gliatti, e tutte le guise serberanno la conueneuolezza 
<lb/>di Hercole e di Cesare. È arco da
<lb/>auertire a non discordare in un corpo stesso,
<lb/>cioè a non fare una parte carnosa, e l'altra magra, 
<lb/>una muscolosa, e l'altra delicata. È uero,
<lb/>che facendo la figura alcun'atto faticoso, o portando 
<lb/>qualche peso, o mouendo un braccio, o
<lb/>altra cosa; in quella parte della fatica, del peso,
<lb/>e del mouimento, è mestiero, che salti in fuori 
<lb/>alcun muscolo molto piu, che non fa nelle riposate, 
<lb/>ma non tanto, che disconuenga,
<lb/>Fab. Poi, che hauete diuiso il nudo in muscoloso e
<lb/>delicato, uorrei, che mi diceste, qual di questi
<lb/>due è piu da prezzarsi.
<pb n= "34 recto"/>
<lb/>Aret. Io stimo, che un corpo delicato debba anteporsi
<lb/>al muscoloso. e la ragione è questa, ch’è maggior 
<lb/>fatica nell'arte a imitar le carni, che l’ossa:
<lb/>perche in quelle non ci ua altro, che durezza,
<lb/>e in queste solo si contiene la tenerezza, ch'è la
<lb/>piu difficil parte della Pittura, in tanto, che pochissimi 
<lb/>Pittori l'hanno mai saputa esprimere,
<lb/>o la esprimono hoggidì nelle cose loro basteuolmente. 
<lb/>Chi adunque ua ricercando minutamente 
<lb/>i muscoli, cerca ben di mostrar l’ossature 
<lb/>a luoghi loro: ilche è lodeuole: ma spesse
<lb/>uolte fa l’huomo scorticato, o secco, o brutto
<lb/>da uedere: ma chi fa il delicato, accenna gliossi,
<lb/>oue bisogna, ma gli ricopre dolcemente di
<lb/>carne, e riempie il nudo di gratia. E se uoi qui
<lb/>mi diceste, che ne’ ricercamenti de’ nudi si conosce, 
<lb/>se il Pittore è intendente della Notomia,
<lb/>parte molto bisogneuole al Pittore; perche senza 
<lb/>le ossa non si puo formar ne uestir di carni
<lb/>l’huomo: ui rispondo, che’l medesimo si comprende
<lb/>ne gliaccennamenti e macature. E per
<lb/>conchiudere, oltre che all'occhio naturalmente 
<lb/>aggradisce piu un nudo gentile e delicato,
<lb/>che un robusto e muscoloso, ui rimetto alle cose
<lb/>de gli antichi: i quali per lo piu hanno usato di
<pb n= "34 verso"/>
<lb/>far le lor figure delicatissime.
<lb/>Fab. La delicatezza delle membra piu appartiene
<lb/>alla Donna, che all’huomo. 
<lb/>Aret. Questo è uero, e ue l’ho detto di sopra, facendo
<lb/>motto, che non bisogna confondere i sessi. Ma
<lb/>non è però, che non si trouino moltissimi huomini 
<lb/>delicati: come sono per lo piu i gentilhuomini, 
<lb/>senza ch’e’ trappassino ne a conformità
<lb/>di Donna, ne di Ganimede. È uero, che alcuni 
<lb/>Pittori danno alla loro ignoranza nome di
<lb/>delicatezza: percioche sono molti, che non sapendo 
<lb/>la positura ne il collegamento de gliossi,
<lb/>non fanno o ueruno, o pochissimo accennamento, 
<lb/>doue essi stanno, ma con i principali d'intorni 
<lb/>solamente conducono le loro figure. &amp;
<lb/>all’incontro non pochi, i quali muscolandole
<lb/>e ricercandole di souerchio, e fuor di luogo, si
<lb/>danno a credere di essere in disegno Michel’Agnoli, 
<lb/>oue essi uengono dilegiati per goffi da
<lb/>coloro, che hanno giudicio: percioche puo auenire, 
<lb/>che alcun Pittore haurà cauato o dall’antico 
<lb/>o da qualche ualente Pittor moderno,
<lb/>(o sia Michel’Agnolo, o Rafaello, o Titiano,
<lb/>o altro) qualche parte buona, ma non sapendo 
<lb/>metterla al suo luogo, ella riuscirà
<pb n= "35 recto"/>
<lb/>disgratiatissima, come auerrebbe a ueder l’occhio,
<lb/>che è la piu bella e gratiosa parte del corpo,
<lb/>attaccato con una orecchia, o nel mezo
<lb/>della fronte: di tanta importanza è a poner le
<lb/>cose in luogo, o fuor di luogo. 
<lb/>Fab. Bellissima similitudine.
<lb/>Aret. Seguita la varietà, la quale dee esser abbracciata 
<lb/>dal Pittore; come parte tanto necessaria,
<lb/>che senza lei la bellezza e l’artificio diuien satieuole. 
<lb/>Deue adunque il Pittore uariar teste,
<lb/>mani, piedi, corpi, atti, e qualunque parte
<lb/>del corpo humano: considerando, che questa è
<lb/>la principal marauiglia della Natura ; che in 
<lb/>tante migliaia d'huomini, a pena due o pochissimi 
<lb/>si trouano, che si assomiglino tra loro in
<lb/>differenza.
<lb/>Fab. Certo un Pittore, che non è uario, si puo dire,
<lb/>che non sia nulla, e questo è anco proprissimo 
<lb/>del Poeta.
<lb/>Aret. Ma in tal parte è ancora da auertire di non in
<lb/>correr nel troppo: percioche sono alcuni, che
<lb/>hauendo dipunto un giouane, gli fanno allato
<lb/>un uecchio, o un fanciullo, e cosi accanto una
<lb/>giouane una uecchia : e parimente hauendo
<pb n= "35 verso"/>
<lb/>fatto un uolto in profilo, ne fanno un'altro in
<lb/>maestà, o con un'occhio e mezo.
<lb/>Fab. Non intendo quello, che sia maestà, ne un'occhio 
<lb/>e mezo.
<lb/>Aret. Chiamano i Pittori un uolto in maestà, quando
<lb/>si fa tutta la faccia intera, che non gira piu ad
<lb/>una parte, che ad altra: e un'occhio e mezo,
<lb/>quando il uiso suolta in guisa , che si uede l’un
<lb/>de gliocchi intero, e l'altro non piu, che mezo:
<lb/>ma queste sono cose facili.
<lb/>Fab. Io non le sapeua. 
<lb/>Aret. Se haueranno appresso fatto un’ huomo uolto
<lb/>in ischiena, ne faranno subito un'altro, che dimostri 
<lb/>le parti dinanzi, e uanno sempre continuando 
<lb/>un tale ordine. Questa uarietà io non
<lb/>riprendo: ma dico, che essendo l'ufficio del Pittore 
<lb/>d'imitar la Natura, non bisogna, che la uarietà 
<lb/>appaia studiosamente ricercata, ma fatta
<lb/>a caso. Però dee uscir dell’ordine, &amp; alle uolte
<lb/>far due o tre d'una età, d'un sesso, e d’un’attitudine: 
<lb/>pur che si dimostri uario ne’ uolti, e uarij
<lb/>le attitudine e i panni.
<lb/>Aret. A questo proposito si conformano molto questi
<lb/>uersi del giudiciosissimo Horatio nella sua
<lb/>Poetica.
<pb n= "36 recto"/>
<lb/>Colui, che uariar cerca una cosa
<lb/>Piu de l'honesto, fa, qual, chi dipinge
<lb/>Ne le selue il Delfino, e’l Porco in mare.
<lb/>Aret. Resta a dire delle mouentie, parte ancora ella
<lb/>necessarissima, &amp; aggradeuole, e di stupore:
<lb/>che aggradeuole è nel uero, e fa stupir gliocchi 
<lb/>de’riguardanti, uedere in sasso, in tela,
<lb/>o in legno una cosa inanimata, che par, che si
<lb/>moua. Ma queste mouentie non debbono esser
<lb/>continue, e in tutte le figure: perche gli huomini
<lb/>sempre non si mouono: ne fiere si, che paiano 
<lb/>da disperati: ma bisogna temperarle, uariarle, 
<lb/>&amp; anco da parte lasciarle, secondo la
<lb/>diuersità e condition de’soggetti . È spesso è
<lb/>piu diletteuole un posar leggiadro, che un mouimento 
<lb/>sforzato e fuori di tempo. È mestiero 
<lb/>ancora, che tutte facciano bene (come ho
<lb/>detto parlando dell’inuentione) lufficio loro, in 
<lb/>modo, che se uno haurà a tirare un colpo di spada,
<lb/>il mouimento del  braccio sia gagliardo, e le
<lb/>mano stringa il manico, nella guisa, che conviene: 
<lb/>e se alcuno corre, dimostri, che ogni parte 
<lb/>del corpo serua al corso: e se è uestito, che'l
<lb/>uento ferisca ne’ panni uerisimilmente: considerationi 
<lb/>tutte importanti, e che non entrano
<pb n= "36 verso"/>
<lb/>nella mente de’goffi.
<lb/>Fab. Chi non serba questo, bisogna, che lasci di
<lb/>dipingere.
<lb/>Aret. Auiene anco, che le figure o tutte, o alcuna 
<lb/>parte di esse scortino. Laqual cosa non si puo
<lb/> far senza gran giudicio e discretione. Ma si
<lb/>debbono al mio parere gli scorti usar di rado:
<lb/>perche essi, quanto sono piu rari, tanto porgono 
<lb/>maggior marauiglia: &amp; alhora molto piu,
<lb/>quandо il Pittore astretto dal luogo , per uia di
<lb/>questi fa in picciol campo stare una gran figura: 
<lb/>&amp; anco gli puo usare alle uolte per dimostrar, 
<lb/>che gli sa fare.
<lb/>Fab. Ho inteso, che gli scorti sono una delle principali
<lb/>difficultà dell’arte. Onde io crederei, che
<lb/>chi piu spesso gli mettesse in opera, piu meritasse 
<lb/>laude. 
<lb/>Aret. Bisogna, che uoi sappiate , che’l Pittore non
<lb/>dee procacciar laude da una parte sola, ma da
<lb/>tutte quelle, che ricercano alla Pittura, e piu
<lb/>da quelle, che piu dilettano. Percioche essendo
<lb/>la Pittura trouata principalmente per dilettare, 
<lb/>se’l Pittor non diletta, se ne sta oscuro e senza 
<lb/>nome. E questo diletto non intendo io quello,
<lb/>che pasce gliocchi del uolgo, o anco de gl’intendenti
<pb n= "37 recto"/>
<lb/>la prima uolta, ma quello, che cresce,
<lb/>quanto piu l'occhio di qualunque huomo ritorna 
<lb/>a riguardare: come occorre ne' buoni poemi: 
<lb/>che quanto piu si leggono, tanto piu dilettano, 
<lb/>e piu accrescono il desiderio nell'animo
<lb/>altrui di rileggere le cose lette. Gli scorti sono 
<lb/>intesi da pochi. onde a pochi dilettano, &amp;
<lb/>anco a gl'intendenti alle uolte piu apportano
<lb/>fastidio, che dilettatione. Vuo ben dire, che,
<lb/>quando e’ sono ben fatti, ingannano la uista di 
<lb/>chi mira, stimando spesso il riguardante, che
<lb/>quella parte, che non è lunga un palmo, sia a
<lb/>debita misura e proportione. Di qui leggiamo
<lb/>in Plinio, che Apelle dipinse Alessandro Magno 
<lb/>nel Tempio di Diana Efesia con un folgore 
<lb/>in mano: oue pareua, che le dita fossero rileuate, 
<lb/>e che’l folgore uscisse della tauola. Ilche
<lb/>non poteua. Apelle hauer finto, senon per uia
<lb/>di scorti. Ma pure io son di parere, che per
<lb/>le cagioni dette essi non si uadano a bello studio
<lb/>sempre ricercando: anzi dico rade uolte, per
<lb/>non turbare il diletto .
<lb/>Fab. Io, se fossi Pittore, gli userei non gia sempre,
<lb/>ma si bene spesse uolte, stimando di douerne ritrar 
<lb/>maggior honore, che, quando poche uolte
<pb n= "37 verso"/>
<lb/>gli facessi . 
<lb/>Aret. Voi sete nato libero, e potreste operare a modo 
<lb/>uostro: ma ui dico bene, che appresso altro 
<lb/>ci uuole per esser buono e compiuto Pittore. 
<lb/>Et una sola figura, che conueneuolmente
<lb/>scorti, basta a dimostrare, che'l Pittor uolendo, 
<lb/>le saprebbe fare iscortar tutte. Del rileuo,
<lb/>che bisogna dare alle figure, dirò parlando del
<lb/>colorito. 
<lb/>Fab. Senza questa parte, le figure paiono quel, ch’elle 
<lb/>sono: cioè piane, e dipinte. 
<lb/>Aret. Ho detto dell'huomo ignudo, seguirò hora del
<lb/>uestito, ma poche parole: perche, quanto alla
<lb/>conueneuolezza, si dee (come ho detto) conformar 
<lb/>l’habito al costume delle nationi, e delle 
<lb/>conditioni. E, se’l Pittor farà uno Apostolo, 
<lb/>non lo uestirà alla corta: ne meno uolendo
<lb/>fare un Capitano, gli metterà in dosso una uesta 
<lb/>(dirò cosi) a maneghe a comeo. E, quanto
<lb/>à panni, dee hauere il Pittor riguardo alla qualità 
<lb/>loro. Perche altre pieghe fa il uelluto, &amp;
<lb/>altre l’ormigino: altre un sottil lino, &amp; altre
<lb/>un grosso grigio. È mestiero similmente di ordinar 
<lb/>queste pieghe a luoghi loro in guisa, che
<lb/>elle dimostrino il disotto, e uadano maestreuolmente
<pb n= "38 recto"/>
<lb/>aggirando per la uia, che debbono: ma
<lb/>non si, che taglino, o che il drappo paia attaccato 
<lb/>alle carni. E, si come la troppa sodezza
<lb/>fa la figura pouera, e non la rende garbata;
<lb/>cosi le molte falde generano confusione, e non
<lb/>piacciono. Bisogna adunque usare ancora in
<lb/>questo quel mezo, che in tutte le cose è lodato.
<lb/>Fab. Non picciola laude merita, chi ben ueste le
<lb/>sue figure. 
<lb/>Aret. Vengo al colorito. Di questo, quanto esso importi, 
<lb/>ce ne danno basteuole esempio que’ Pittori, 
<lb/>che gli uccelli, e i caualli ingannarono.
<lb/>Fab. Non mi souiene di questi inganni.
<lb/>Aret. È noto insino a fanciulli, che Zeusi dipinse alcune
<lb/>uue tanto simili al uero, che gli uccelli a
<lb/>quelle uolauano, credendole uere uue. Et
<lb/>Apelle hauendo dimostri alcuni dipinti caualli
<lb/>di diuersi Pittori a certi caualli ueri, essi stettero
<lb/>cheti, senza, che apparisse in loro segno,
<lb/>che essi gli conoscessero per caualli: ma poi,
<lb/>che egli appresentò loro un suo quadro, oue era
<lb/>un cauallo di sua mano dipinto : quei caualli subito
<lb/>al ueder di questo annitrirono.
<lb/>Fab. Gran testimonio della eccellenza di Apelle.
<lb/>Aret. Potete ancora hauer letto, che Parrhasio contendendo
<pb n= "38 verso"/>
<lb/>con Zeusi, mise in publico una tauola, 
<lb/>nella quale altro non era dipinto, fuor che
<lb/>un panno di lino, che pareua, che occultasse
<lb/>alcuna Pittura, si fattamente simile al naturale, 
<lb/>che Zeusi piu uolte hebbe a dire, che lo le
<lb/>uasse, e lasciasse uedere la sua Pittura, credendo
<lb/>lo uero. Ma nel fine conosciuto il suo errore,
<lb/>si chiamò da lui uinto; essendo che esso haueua
<lb/>ingannato gli uccelli, e Parrhasio lui, che ne
<lb/>era stato il maestro, che gli haueua dipinti.
<lb/>Prothogene uolendo ancora egli dimostrar con
<lb/>la similitudine de’ colori certa schiuma, che
<lb/>uscisse di bocca a un cauallo tutto stanco &amp; affannato, 
<lb/>da lui dipinto, hauendo ricerco piu
<lb/>uolte, mutando colori, d'imitare il uero, non si 
<lb/>contentando, nel fine disperato, trasse la spugna, 
<lb/>nella quale forbiua i pennelli, alla bocca
<lb/>del cauallo; e trouò, che'l caso fece quello effetto,
<lb/>che egli non haueua saputo far con l'arte.
<lb/>Fab. Non fu adunque la lode del Pittore, ma del
<lb/>caso.
<lb/>Aret. Questo serue alla molta cura, che poneuano
<lb/>gli antichi nel colorire, perche le cose loro imirassero 
<lb/>il uero. E certo il colorito è di tanta importanza 
<lb/>e forza, che quando il Pittore ua imitando
<pb n= "39 recto"/>
<lb/>bene le tinte e la morbidezza delle carni,
<lb/>e la proprietà di qualunque cosa, fa parer le
<lb/>sue Pitture uiue, e tali, che lor non manchino
<lb/>altro, che’l fiato. È la principal parte del colorito 
<lb/>il contendimento, che fa il lume con l'ombra: 
<lb/>a che si da un mezo, che unisce l’un contrario 
<lb/>con l'altro; e fa parer le figure tonde, e
<lb/>piu e meno (secondo il bisogno) distanti, douendo 
<lb/>il Pittore auertire, che nel collocarle elle
<lb/>non facciano confusione. In che è dibisogno parimente 
<lb/>di hauer buona cognitione di Prospettiua 
<lb/>per il diminuir delle cose, che sfuggono, e
<lb/>si fingono lontane. Ma bisogna hauer sempre
<lb/>l’occhio intento alle tinte principalmente delle
<lb/>carni, &amp; alla morbidezza. Percioche molti
<lb/>ue ne fanno alcune, che paiono di Porfido, si nel
<lb/>colore, come in durezza: e le ombre sono troppo 
<lb/>fiere, e le piu uolte finiscono in puro negro.
<lb/>Molti le fanno troppo bianche, molti troppo 
<lb/>rosse . Io per me bramerei un colore anzi bruno, 
<lb/>che sconueneuolmente blanco: e sbandirei
<lb/>dalle mie Pitture comunemente quelle guancie
<lb/>uermiglie con le labbra di corallo: perche cosi
<lb/>fatti uolti paion mascare. Il bruno si legge essere 
<lb/>stato frequentato da Apelle. Onde Propertio
<pb n= "39 verso"/>
<lb/>riprendendo la sua Cinthia, che adoperaua 
<lb/>i lisci, dice, che egli disideraua, che ella
<lb/>dimostrasse una tale schiettezza e purità di colore, 
<lb/>qual si uedeua nelle tauole di Apelle. È uero, 
<lb/>che queste tinte si debbono uariare, &amp; hauer 
<lb/>parimente consideratione a i sessi, alle età,
<lb/>&amp; alle conditioni. Ai sessi: che altro colore
<lb/>generalmente conuiene alle carni d'una giouane, 
<lb/>&amp; altro ancora d'un giouane: all'età, che
<lb/>altro si richiede a una uecchia, &amp; altro a un
<lb/>uecchio. Et alle conditioni: che non ricerca a
<lb/>un contadino quello, che appartiene a un gentil’huomo. 
<lb/>Fab. Di queste cattiue tinte parmi, che si uegga assai 
<lb/>notabile esempio in una tauola di Lorenzo
<lb/>Loto, che è qui in Vinegia nella Chiesa de’
<lb/>Carmini . 
<lb/>Aret. Non ci mancano esempi d'altri Pittori, de’ quali
<lb/>se io facessi in lor presenza mentione, essi torcerebbono 
<lb/>il naso. Ora bisogna che la mescolanza 
<lb/>de’ colori sia sfumata &amp; unita di modo,
<lb/>che rappresenti il naturale, e non resti cosa, 
<lb/>che offenda gliocchi: come sono le linee de’ con 
<lb/>torni, lequali si debbono fuggire (che la Natura 
<lb/>non le fa) e la negrezza, ch’io dico dell’ombre
<pb n= "40 recto"/>
<lb/>fiere e disunite. Questi lumi &amp; ombre posti
<lb/>con giudicio &amp; arte fanno tondeggiar le figure:
<lb/>e danno loro il rileuo, che si ricerca: delqual
<lb/>rileuo le figure, che sono priue, paiono, come 
<lb/>ben diceste, dipinte, percioche resta la superficie 
<lb/>piana. Chi adunque ha questa parte, ne
<lb/>ha una delle piu importanti. Cosi la principal
<lb/>difficultà del colorito è posta nella imitation 
<lb/>delle carni, e consiste nella uarietà delle tinte, 
<lb/>e nella morbidezza. Bisogna dipoi sapere
<lb/>imitare il color de’ panni, la seta, l’oro, &amp; ogni
<lb/>qualità cosi bene, che paia di ueder la durezza,
<lb/>o la tenerezza piu e meno, secondo che alla 
<lb/>condition del panno si conuiene. saper fingere 
<lb/>il lustro delle armi, il fosco della notte, la
<lb/>chiarezza del giorno; lampi, fuochi, lumi, acqua, 
<lb/>terra, sassi, herbe, arbori, frondi, fiori,
<lb/>frutti, edifici, casamenti, animali, e si fatte cose 
<lb/>tanto a pieno, che elle habbiano tutte del uiuo, 
<lb/>e non satino mai gliocchi di chi le mira. Ne
<lb/>creda alcuno, che la forza del colorito consista
<lb/>nella scelta de’ bei colori : come belle lache, bei
<lb/>azurri, bei uerdi, e simili; percioche questi colori 
<lb/>sono belli parimente, senza, che e’si mettano 
<lb/>in opera: ma nel sapergli maneggiare conueneuolmente.
<pb n= "40 verso"/>
<lb/>Ho conosciuto io in questa città 
<lb/>un Pittore, che imitaua benissimo il Zambellotto, 
<lb/>ma non sapeua uestire il nudo, e pareua, 
<lb/>che quello fosse non panno, ma una pezza
<lb/>di zambellotto gettata sopra la figura a caso.
<lb/>Altri in contrario non fanno imitar la diuersità 
<lb/>delle tinte de’panni, ma pongono solamente
<lb/>i colori pieni, come essi stanno, in guisa, che nelle 
<lb/>opere loro non si ha a lodare altro, che i colori.
<lb/>Fab. In questo mi pare, che ci si uoglia una certa
<lb/>conueneuole sprezzatura, in modo, che non ci
<lb/>sia ne troppa uaghezza di colorito, ne troppa
<lb/>politezza di figure : ma si uegga nel tutto una
<lb/>amabile sodezza. Percioche sono alcuni Pittori, 
<lb/>che fanno le lor figure si fattamente pulite,
<lb/>che paiono sbellettate, con acconciature di
<lb/>capegli ordinati con tanto studio, che pur uno
<lb/>non esce dell'ordine. Ilche è uitio e non uirtù:
<lb/>perche si cade nell'affettatione, che priua di gratia 
<lb/>qualunque cosa. Onde il giudicioso Petrarca
<lb/>parlando del capello della sua Laura, chiamollo,
<lb/>Negletto ad arte, innanellato, &amp; hirto.
<lb/>Et di qui auertisce Horatio, che si debbano leuar 
<lb/>uia da i Poemi gli ornamenti ambitiosi.
<lb/>Fab. Bisogna sopra tutto fuggire la troppa diligenza,
<pb n= "41 recto"/>
<lb/>che in tutte le cose nuoce. Onde Apelle soleua 
<lb/>dire, che Prothogene (se io non prendo
<lb/>errore) in ciascuna parte del dipingere gli era
<lb/>eguale, e forse superiore: ma egli in una cosa il
<lb/>uinceua; e questa era, ch'ei non sapeua leuar la
<lb/>mano dalla Pittura. 
<lb/>Fab. O quanto la souerchia diligenza è anco dannosa
<lb/>ne gli Scrittori: percioche, oue si conosce
<lb/>fatica, iui necessariamente è durezza et affettatione, 
<lb/>la quale è sempre abhorrita da chi legge.
<lb/>Aret. Finalmente ricerca al Pittore un'altra parte:
<lb/>della quale la Pittura, ch'è priua, riman, come
<lb/>si dice, fredda, &amp; è a guisa di corpo morto; che
<lb/>non opera cosa ueruna. Questo è, che bisogna,
<lb/>che le figure mouano glianimi de’riguardanti,
<lb/>alcune turbandogli, altre rallegrandogli, altre
<lb/>sospingendogli a pietà, &amp; altre a sdegno, secondo
<lb/>la qualità della historia. Altrimentire
<lb/>puti il Pittore di non hauer fatto nulla: perche
<lb/>questo è il condimento di tutte le sue uirtù: come 
<lb/>auiene parimente al Poeta, all'Historico,
<lb/>&amp; all’Oratore: che se le cose scritte o recitate
<lb/>mancano di questa forza, mancano elle ancora
<lb/>di spirito e di uita. Ne puo mouere il Pittore,
<lb/>se prima nel far delle figure non sente nel suo
<pb n= "41 verso"/>
<lb/>animo quelle passioni, o diciamo affetti, che
<lb/>uuole imprimere in quello d'altrui. Onde dice
<lb/>il tante uolte allegato Horatio, se uuoi, ch'io
<lb/>pianga, è mestiero, che tu auanti ti dolga teco.
<lb/>Ne è possibile, che alcuno con la man fredda
<lb/>riscaldi colui, ch'egli tocca. Ma Dante ristringe 
<lb/>bene la perfetta eccellenza del Pittore in
<lb/>questi uersi. 
<lb/>,, Morte li morti, e i uiui parean uiui,
<lb/>,, Non uide me’ di me chi uide il uero. 
<lb/>E benche il peruenire alla perfettione della eccellenza 
<lb/>della Pittura, alla quale fa mestiero
<lb/>di tante cose, sia impresa malageuole &amp; faticosa,
<lb/>e gratia dalla liberalità de’ cieli conceduta à
<lb/>pochi (che nel uero bisogna, che’l Pittore, cosi
<lb/>bene, come il Poeta, nasca, e sia figliuolo della
<lb/>Natura) non è da credere, (come toccai da prima) 
<lb/>che ci sia una sola forma del perfetto dipingere: 
<lb/>anzi, perche le complessioni de gli
<lb/>huomini, e gli humori sono diuersi, cosi ne
<lb/>nascono diuerse maniere: e ciascuno segue quella;
<lb/>a cui è inchinato naturalmente. Di qui ne
<lb/>nacquero Pittori diuersi; alcuni piaceuoli, altri
<lb/>terribili, altri uaghi, et altri ripieni di grandezza
<lb/>e di maestà: come ueggiamo medesimamente
<pb n= "42 recto"/>
<lb/>trouarsi ne gl’ Historici , ne’ Poeti, e ne gli
<lb/>Oratori. Ma di questo diremo un poco piu auanti: 
<lb/>percioche hora io uoglio uenire al paragone 
<lb/>per cui è nato questo ragionamento.
<lb/>Fab. E buona pezza, ch'io attendo, che ci uegniate.
<lb/>Aret. Questo poco, che ho detto, è in uniuersale tutto
<lb/>quello , che appartiene alla Pittura. Se sarete
<lb/>disideroso d’intendere alcuni particolari, potrete 
<lb/>leggere il libretto, che scrisse della Pittura
<lb/>Leon Battista Alberti, tradotto felicemente,
<lb/>come tutte le altre sue cose, da M. Lodouico
<lb/>Domenichi: e l’opera del Vasari. 
<lb/>Fab. Parmi, che basti non solo a perfettamente
<lb/>giudicar, ma anco a perfettamente dipingere, 
<lb/>questo tanto, che n'hauete fauellato: percioche 
<lb/>le altre cose per lo piu consistono nell’essercitio 
<lb/>e nella pratica. E fra quante mi hauete 
<lb/>detto, me ne piacciono sommamente due:
<lb/>l’una, che bisogna, che le Pitture mouano: l’altra, 
<lb/>che'l Pittore nasca. Percioche ci si ueggono
<lb/>molti, che alla parte della industria non
<lb/>hanno mancato; e si sono affaticati lungo tempo 
<lb/>ne’ rilieui, e nelle cose uiue; e mai non hanno potuto 
<lb/>passare un mediocre termino. Altri,
<lb/>che per un tempo hanno dimostro principi,
<pb n= "42 verso"/>
<lb/>grandissimi, et hanno caminato un pezzo auanti
<lb/>scorti dalla Natura, e poi da lei abandonati,
<lb/>sono tornati all'indietro, riuscendo nulla.
<lb/>Onde si puo ridur benissimo a cotal proposito
<lb/>quei uersi sententiosissimi dell’ Ariosto, col mutamento 
<lb/>di due parole. 
<lb/>Sono i Poeti &amp; i Pittori pochi; 
<lb/>Pittori, che non sian del nome indegni,
<lb/>Poi, quanto al mouimento, poche Pitture ho io
<lb/>ueduto qui in Vinegia (leuandone quelle del
<lb/>Diuin Titiano) che mouano. 
<lb/>Aret. Ricercando adunque tutte le parti, che si richieggono 
<lb/>al Pittore, troueremo, che Michel’Agnolo
<lb/>ne possede una sola, che è il disegno, e
<lb/>che Rafaello le possedeua tutte: o almeno (per
<lb/>che l'huomo non puo esser Dio, a cui niuna cosa
<lb/>manca) la maggior parte; e se gli mancò alcuna 
<lb/>cosa, quella essere stata pochissima, e di
<lb/>picciolo momento.
<lb/>Fab. Prouatelo. 
<lb/>Aret. Prima, quanto alla inuentione, chi riguarda
<lb/>bene, e considera minutamente le Pitture dell’uno 
<lb/>e dell'altro, trouerà, Rafaello hauer mirabilmente 
<lb/>osseruato tutto quello, che a questa
<lb/>appartiene; e Michel’Agnolo o niente o poco.
<pb n= "43 recto"/>
<lb/>Fab. Mi par cio una gran disuguaglianza di paragone.
<lb/>Aret. Non dico di piu del uero. Et uditemi con pacienza. 
<lb/>Per lasciar da parte cio che richiede
<lb/>all'Historia (in che Rafaello imitò talmente gli
<lb/>Scrittori, che spesso il giudicio de gl’intendenti
<lb/>si moue a credere, che questo Pittore habbia le 
<lb/>cose meglio dipinte, che essi discritte; o almeno, 
<lb/>che seco giostri di pari,) e parlando della
<lb/>conueneuolezza, Rafaello non se ne dipartì
<lb/>giamai: ma fece i putti putti, cioè morbidettie
<lb/>teneri: gli huomini robusti, e le donne con quella
<lb/>delicatezza, che conuien loro. 
<lb/>Fab. Non ha serbata il gran Michel’Agnolo ancora
<lb/>egli questa conueneuolezza?
<lb/>Aret. Se io uoglio piacere a uoi, &amp; a suoi fautori, dirò 
<lb/>che si: ma se debbo dir la uerità, u’affermo
<lb/>di no. Che se ben uedete nelle Pitture di Michel’Agnolo
<lb/>la distintione in general dell'età e
<lb/>de’ sessi (cosa, che sanno far tutti) non la trouerete 
<lb/>gia partitamente ne muscoli. Ne uoglio
<lb/>stare a metter mano nelle sue cose; si per
<lb/>a riuerenza, ch'io gli porto, e che si dee portare
<lb/>a cotale huomo: si perche non è necessario.
<lb/>Ma che direte uoi della honestà? Pare a uoi,
<pb n= "43 verso"/>
<lb/>che si conuenga, per dimostrar le difficultà dell'arte 
<lb/>di scoprir sempre senza rispetto quelle
<lb/>parti delle figure ignude, che la uergogna e la
<lb/>honestà celate tengono: non hauendo riguardo
<lb/>ne alla santità delle persone, che si rappresentano, 
<lb/>ne al luogo, oue stanno dipinte?
<lb/>Fab. Voi siete troppo rigido e scropuloso.
<lb/>Aret. Chi ardirà di affermar, che stia bene, che nella
<lb/>Chiesia di San Pietro, Prencipe de gli Apostoli,
<lb/>in una Roma, oue concorre tutto il mondo: nella 
<lb/>cappella del Pontefice; il quale, come ben dice
<lb/>il Bembo, in terra ne assembra Dio, si ueggano 
<lb/>dipinti tanti ignudi, che dimostrano dishonestamente 
<lb/>dritti e riuersi: cosa nel uero (fauellando 
<lb/>con ogni sommessione) di quel santissimo
<lb/>luogo indegna. Ecco, che le leggi prohibiscono,
<lb/>che non si stampino libri dishonesti: quanto
<lb/>maggiormente si debbono prohibir simili Pitture. 
<lb/>Percioche pare egli forse a uoi, che elle
<lb/>mouano le menti de’ riguardanti a diuotione ?
<lb/>o le alzino alla contemplatione delle cose diuine? 
<lb/>Ma concedasi a Michel’Agnolo per la sua
<lb/>gran uirtù quello, che non si concederebbe a uerun’altro. 
<lb/>Et a noi sia lecito ancora di dire il
<lb/>uero. E se non è lecito, non uoglio anco hauer
<pb n= "44 recto"/>
<lb/>detto questo : benche io no'l dica per mordere, 
<lb/>ne per mostrar, ch'io solo sappia. 
<lb/>Fab. Gliocchi sani, Signor Pietro, non si corrompono,
<lb/>o scandalizzano punto per ueder dipinte le
<lb/>cose della Natura: ne gl'infermi riguardano
<lb/>che che sia con sanamente. E potete comprendere,
<lb/>che quando cio fosse di tanto cattiuo esempio,
<lb/>non si comporterebbe. Ma poi, che andate
<lb/>ponderando le cose con la seuerità di Socrate,
<lb/>ui dimando, se egli ancora pare a uoi che Rafaello
<lb/>dimostrasse honestà, quando dissegnò in carte, 
<lb/>e fece intagliare a Marc’Antonio in rame
<lb/>quelle donne et huomini, che lasciuamente, &amp; 
<lb/>anco dishonestamente si abbracciano?
<lb/>Aret. Io ui potrei rispondere, che Rafaello non ne fu
<lb/>inuentore, ma Giulio Romano suo creato et herede. 
<lb/>Ma posto pure, ch'egli le hauesse o tutte,
<lb/>o parte disegnate, non le publicò per le piazze
<lb/>ne per le Chiese: ma uennero esse alle mani
<lb/>di Marc’Antonio, che per trarne utile l’intagliò 
<lb/>al Bauiera. Ilqual Marc’Antonio, se non
<lb/>era l'opera mia, sarebbe stato da Papa Leone
<lb/>della sua temerità degnamente punito.
<lb/>Fab. Questa è una coperta sopra l’aloè di zucchero
<lb/>fino.
<pb n= "44 verso"/>
<lb/>Aret. Io non mi discosto punto dalla uerità. Ne si disconuiene 
<lb/>al Pittore di fare alle uolte per giuoco
<lb/>simili cose: come gia alcuni Poeti antichi
<lb/>scherzarono lasciuamente in gratia di Mecenate 
<lb/>sopra la imagine di Priapo per honorare
<lb/>i suoi horti. Ma in publico, e massimamente
<lb/>in luoghi sacri e in soggetti diuini: si dee hauer
<lb/>sempre riguardo alla honestà. E sarebbe assai
<lb/>meglio, che quelle figure di Michel’Agnolo
<lb/>fossero piu abondeuoli in honestà, e manco
<lb/>perfette in disegno, che, come si uede, perfettissime 
<lb/>e dishonestissime. Ma questa honestà 
<lb/>usò sempre il buon Rafaello in tutte le
<lb/>cose sue in tanto, che, quantunque egli desse generalmente 
<lb/>alle sue figure un'aria dolce e gentile,
<lb/>che inuaghisce et infiamma: nondimeno ne i
<lb/>uolti delle sante, &amp; sopra tutto della Vergine,
<lb/>madre del Signore, serbò sempre un non so che di
<lb/>santità e di diuinità (e non pur ne’ uolti, ma in
<lb/>tutti i lor mouimenti) che par, che leui dalla
<lb/>mente de glihuomini ogni reo pensiero. Onde in
<lb/>questa parte della inuentione, si d'intorno alla
<lb/>historia, quanto alla conueneuolezza, Rafaello 
<lb/>è superiore. 
<lb/>Fab. Non so, quanto al componimento della Historia,
<pb n= "45 recto"/>
<lb/>che Michel’Agnolo ceda a Rafaello : anzi
<lb/>tengo il contrario: cioè, che Michel’ Agnolo
<lb/>nel ninca d’assai. Percioche odo dire, che nell'ordine 
<lb/>del suo stupendo Giudicio si contengono
<lb/>alcuni sensi allegorici profondissmi, i quali uengono 
<lb/>intesi da pochi.
<lb/>Aret. In questo meriterebbe lode, essendo che parrebbe, 
<lb/>ch'egli hauesse imitato quei gran Filosofi,
<lb/>che nascondeuano sotto uelo di Poesia misteri
<lb/>grandissimi della Filosofia humana e diuina, affine
<lb/>ch’e’ non fossero intesi dal uolgo: quasi che
<lb/>non uolessero gettare a Porci le Margherite.
<lb/>E questo uorrei io ancora credere, che fosse stato
<lb/>l’intendimento di Michel’Agnolo, se non si
<lb/>uedessero nel medesimo Guidicio alcune cose
<lb/>ridicole.
<lb/>Fab. E quali cose ridicole sono queste?
<lb/>Aret. Non è cosa ridicola l’hauersi imaginato in cielo 
<lb/>tra la moltitudine dell’anime beate alcuni,
<lb/>che teneramente si baciano; oue dourebbono
<lb/>essere intenti e col pensiero leuati alla diuina
<lb/>contemplatione, et alla futura sentenza: massimamente 
<lb/>in un giorno si terribile, come leggiamo
<lb/>e indubitatamente crediamo, che habbia 
<lb/>ad esser quello del giudicio nel quale si canta
<pb n= "45 verso"/>
<lb/>nel sacro Hinno, che stupirà la morte e parimente 
<lb/>la Natura: douendo risuscitare in tal
<lb/>giorno la humana generatione, la quale haurà
<lb/>a render partitamente ragione delle buone e
<lb/>delle ree operationi, da lei fatte in uita, all'eterno 
<lb/>giudice delle cose. Poi, che senso mistico si
<lb/>puo cauare dallo hauer dipinto Christo sbarbato? 
<lb/>o dal uedere un Diauolo, che tira in giu con
<lb/>la mano, aggrappata ne’ testicoli, una gran figura , 
<lb/>che per dolore si morde il dito? Ma di
<lb/>gratia non mi fare andar piu auanti, accioche
<lb/>non paia, ch'io dica male d'un huomo, che per
<lb/>altro è diuino. 
<lb/>Fab. Vi ritorno a dire, che la sua inuentione è ingegnosissima, 
<lb/>e da pochi intesa.
<lb/>Aret. Non mi par molta lode, che gliocchi de’ fanciulli,
<lb/>e delle matrone e donzelle, ueggano apertamente 
<lb/>in quelle figure la dishonestà, che dimostrano,
<lb/>e solo i dotti intendano la profondità
<lb/>delle allegorie, che nascondono. Ma io ui dirò 
<lb/>di lui, come dicono, che hebbe a dire un dotto 
<lb/>e Santo huomo di Persio Poeta Satirico, il
<lb/>quale è oscurissimo fuor di modo. Se non uuoi
<lb/>essere inteso, ne io uoglio interderti: e con queste 
<lb/>parale lo trasse in fuoco, facendone conueniente
<pb n= "46 recto"/>
<lb/>sacrificio a Vulcano: cosi uoglio dire io,
<lb/>poi che Michel’Agnolo non uuole, che le sue
<lb/>inuentioni uengano intese, senon da pochi e dotti, 
<lb/>io, che di questi pochi e dotti non sono, ne
<lb/>lascio il pensiero a lui. Habbiamo considerato
<lb/>Michel’Agnolo nelle Historie sacre. Consideriamo 
<lb/>un poco Rafaello nelle profane: perche,
<lb/>oue in queste lo ritroueremo accuratissimo &amp;
<lb/>honestissimo, comprenderemo, quanto piu egli
<lb/>sia stato in quelle altre.
<lb/>Fab. Io u’ascolto. 
<lb/>Aret. Non so, se habbiate ueduto appresso il nostro
<lb/>Dolce la carta della Rosana di mano di Rafaello; 
<lb/>che fu gia stampata in rame.
<lb/>Fab. Non mi ricorda.
<lb/>Aret. Questa è una carta, nella quale rappresentò
<lb/>Rafaello in disegno di acquarella, tocco ne’chiari 
<lb/>con biacca, la incoronatione di Rosana: la quale 
<lb/>essendo bellissima femina, fu amata grandemente 
<lb/>da Alessandro Magno. E adunque in
<lb/>questa carta disegnato il detto Alessandro: il quale 
<lb/>stando inanzi a Rosana, le porge la corona : 
<lb/>&amp; ella siede accanto un letto con attitudine 
<lb/>timida e riuerente: &amp; è tutta ignuda, fuor
<lb/>che, per cagione di serbar la honestà, un morbidetto
<pb n= "46 verso"/>
<lb/>panniccino le nasconde le parti, che debbono 
<lb/>tenersi nascose. Ne si puo imaginar ne la
<lb/>piu dolce aria, ne il piu delicato corpo, con una
<lb/>pienezza di carne conueneuole; e con istatura,
<lb/>che non eccede in lunghezza, ma è suelta conueneuolmente. 
<lb/>Euui un fanciullo ignudo con
<lb/>l’ali, che le scalcia i piedi; &amp; un’altro dal disopra, 
<lb/>che le ordina i capegli. V'è anco alquanto 
<lb/>piu lontano un giouanetto pur nudo, raffgurato 
<lb/>per Himeneo, Dio delle nozze, che dimostra 
<lb/>col dito ad Alessandro la medesima Rosana: 
<lb/>come inuitandolo al trastullo di Venere, o
<lb/>di Giunone, &amp; un’ huomo, che porta la face.
<lb/>Euui piu oltre un groppo di fanciulli : de’ quali
<lb/>alcuni ne portano uno sopra lo scudo di Alessandro, 
<lb/>dimostrando fatica e uiuacità conueniente
<lb/>a glianni, &amp; un’altro porta la sua lancia. Ce n'è
<lb/>uno, che essendosi uestito la sua corazza, non
<lb/>potendo reggere il peso, è caduto in terra, e par
<lb/>che piagna. E sono tutti di aria, e di attitudini
<lb/>diuerse, e bellissimi. In questo componimento
<lb/>Rafaello ha seruito alla historia, alla conueneuolezza, 
<lb/>&amp; all'honesto. Et oltre a cio s'è imaginato 
<lb/>di suo, come Poeta mutolo, la inuentione 
<lb/>d'Himeneo, &amp; de’ fanciulli.
<pb n= "47 recto"/>
<lb/>Fab. Questa inuentione parmi hauer letta in Luciano.
<lb/>Aret. Sia, come si uoglia : ella è espressa cosi bene,
<lb/>che potrebbe uenire in dubbio, se Rafaello l’hauesse 
<lb/>tolta da libri di Luciano; o Luciano dalle
<lb/>Pitture di Rafaello: se non fosse, che Luciano
<lb/>nacque piu secoli auanti. Ma che è percio?
<lb/>Anco Virgilio discrisse il suo Laocoonte tale,
<lb/>quale l’haueua prima ueduto nella statua di
<lb/>mano de i tre artefici Rhodiani: la quale con
<lb/>istupor di tutti hoggidì ancora si uede in Roma. 
<lb/>Et è cosa iscambieuole, che i Pittorica
<lb/>uino spesso le loro inuentioni da i Poeti, &amp; i
<lb/>Poeti da i Pittori. Il simile ui potrei dire della
<lb/>sua Galathea, che contende con la bella Poesia
<lb/>del Policiano, e di molte altre sue leggiadrissime
<lb/>fantasie: ma sarei troppo lungo : e uoi le
<lb/>potete hauer ueduto altre uolte, e uedere quando
<lb/>ui piace in Roma: senza le molte sue bellissime
<lb/>carte, che intagliate in rame per mano del
<lb/>non meno intendente, che diligente Marc’Antonio,
<lb/>uanno a torno: e quelle anco, che di sua
<lb/>mano si trouano appresso di diuersi, che è un
<lb/>numero quasi infinito, argomento efficacissimo
<lb/>della fertilità di quel diuino ingegno: &amp; in ciascuna 
<lb/>si ueggono inuentioni mirabili con tutti
<pb n= "47 verso"/>
<lb/>gli auertimenti, ch'io u’ ho detto. E in materia
<lb/>sacra ui puo bastare il quadro della santa Cicilia 
<lb/>dall'organo, che è in Bologna nella Chiesa
<lb/>di San Giouanni in monte: e quello della Trasfiguration 
<lb/>di Christo sopra il monte Tabor, ch’è
<lb/>in San Pietro Montorio di Roma: senza una
<lb/>infinità di quadri, che si ueggono per la Italia,
<lb/>tutti belli e tutti diuini.
<lb/>Fab. Ho certo ueduto molte cose di Rafaello in Roma, 
<lb/>&amp; in altra parte: e ui affermo, che sono
<lb/>miracolose, e nelle inuentioni eguali , e forse
<lb/>maggiori di quelle di Michel’Agnolo. Ma nel
<lb/>disegno, come potete a lui aguagliarlo ?
<lb/>Aret. Io ui lascio Fabrini, e lasciero sempre nel uostro
<lb/>parere, non potendo fare altro: perche le ragioni 
<lb/>non persuadono tutti: e cio auiene o per
<lb/>ostinatione, o per ignoranza, o per affettione.
<lb/>In uoi, nel quale non possono cader l'altre due,
<lb/>ha luogo la terza, la quale è difetto escusabile:
<lb/>e, come io dissi auanti, 
<lb/>,, Spesso occhio ben san fa ueder torto.
<lb/>Ma d'intorno al disegno, che la seconda parte, 
<lb/>douendo noi considerar l'huomo uestito &amp;
<lb/>ignudo, ui confermo, che quanto al nudo, Michel’Agnolo 
<lb/>è stupendo, e ueramente miracoloso
<pb n= "48 recto"/>
<lb/>e sopra humano. ne fu alcuno, che l’auanzasse 
<lb/>giamai; ma in una maniera sola, ch'è in
<lb/>fare un corpo nudo muscoloso e ricercato, con
<lb/>iscorti e mouimenti fieri, che dimostrano minutamente 
<lb/>ogni difficultà dell’arte. &amp; ogni
<lb/>parte di detto corpo, e tutte insieme, sono di tanta 
<lb/>eccellenza, che ardisco dire, che non si possa
<lb/>imaginar, non che far, cosa piu eccellente,
<lb/>ne piu perfetta. Ma nelle altre maniere è non
<lb/>solo minore di se stesso, ma di altri ancora; per
<lb/>che egli o non sa, o non uuole osseruar quelle
<lb/>diuersità delle età e de i sessi, che si son dette di
<lb/>sopra: nelle quali è tanto mirabile Rafaello.
<lb/>E, per conchiuderla, chi uede una sola figura
<lb/>di Michel’Agnolo, le uede tutte. Ma è da auertire, 
<lb/>che Michel’Agnolo ha preso del nudo la
<lb/>forma piu terribile e ricercata, e Rafaello la
<lb/>piu piaceuole e gratiosa. Onde alcuni hanno
<lb/>comparato Michel’Agnolo a Dante, e Rafaello 
<lb/>al Petrarca. 
<lb/>Fab. Non mandate inuiluppando con si fatte comparationi, 
<lb/>benche elle facciano in mio fauore:
<lb/>perche in Dante ci è sugo e dottrina, e nel Petrarca 
<lb/>solo leggiadrezza distilo, &amp; ornamenti 
<lb/>Poetici. Onde mi ricorda, che un frate minoritano,
<pb n= "48 verso"/>
<lb/>che predicò, molti anni sono, a Vinegia, 
<lb/>allegando alle uolte questi due Poeti, soleua
<lb/>chiamar Dante Messer Settembre, e il Petrarca 
<lb/>M. Maggio, alludendo alle stagioni, l’una
<lb/>piena di frutti, &amp; l’altra di fiori. Marecateui 
<lb/>inanzi un nudo di Michel’Agnolo, et un'altro 
<lb/>di Rafaello: &amp; hauendogli prima ambedue
<lb/>pienamente considerati, risolueteui poi in dire,
<lb/>qual de i due è piu perfetto. 
<lb/>Aret. Io ui dico, che Rafaello sapeua far bene ogni
<lb/>sorte di nudi, e Michel’Agnolo riesce eccellente
<lb/>in una sola: &amp; i nudi di Rafaello han questo
<lb/>di piu, che dilettano maggiormente. Ne dirò,
<lb/>come gia disse un bello ingegno, che Michel’Agnolo 
<lb/>ha dipinto i facchini, e Rafaello i gentilhuomini. 
<lb/>Che, come ho detto, Rafaello ne ha
<lb/>fatti di ogni sorte, e di piaceuoli, e di terribili e
<lb/>ricercati, benche con atti piu temperati e piu
<lb/>dolci. Ma naturalmente è stato uago di pulitezza 
<lb/>e di delicatezza; si come era etiandio
<lb/>pulitissimo e gentilissimo ne’ costumi, in guisa
<lb/>che non meno fu amato da tutti, di quello, che
<lb/>a tutti fossero grate le sue figure.
<lb/>Fab. Non basta a dire, questo nudo è bello e perfetto.
<lb/>quanto quell'altro. Ma bisogna prouarlo.
<pb n= "49 recto"/>
<lb/>Aret. Rispondetemi prima. I nudi di Rafaello, sono
<lb/>eglino storpiati: sono nani, sono troppo carnosi:
<lb/>sono secchi, hanno i muscoli fuor di luogo, o altra 
<lb/>parte cattiua?
<lb/>Fab. Ho inteso da tutti, che stanno bene: ma che
<lb/>non si contiene in loro quell'arte, che si uede in
<lb/>quelli di Michel’Agnolo.
<lb/>Aret. E che arte è questa ?
<lb/>Fab. Non hanno que’ bei dintorni, c'hanno i nudi di
<lb/>quest'altro. 
<lb/>Aret. Quai sono questi bei dintorni?.
<lb/>Fab. Quei, che formano quelle belle gambe, quei be’
<lb/>piedi, mani, schiene, pancie, e tutto il resto.
<lb/>Aret. Dunque non parea uoi, o a fautori di Michel’Agnolo, 
<lb/>che i nudi di Rafaello hebbiano queste
<lb/>belle parti? 
<lb/>Fab. Dico non pur belle, ma bellissime: ma non, quanto 
<lb/>i nudi di Michel’Agnolo. 
<lb/>Aret. La regola di giudicar questo bello di donde la
<lb/>cauate uoi? 
<lb/>Fab. Stimo, che si debba cauar (come hauete detto)
<lb/>dal uiuo, e dalle statue de gli antichi. 
<lb/>Aret. Confesserete adunque, che i nudi di Rafaello
<lb/>hanno ogni bella e perfetta parte: perche egli
<lb/>di rado fece cosa, nella quale non imitasse il uiuo,
<pb n= "49 verso"/>
<lb/>o l'antico. Onde si ueggono nelle sue figure
<lb/>teste, gambe, torsi, braccia, e piedi, e mani
<lb/>stupendissime.
<lb/>Fab. Non dimostrò l’ossature, le maccature, e certi
<lb/>neruetti e minutezze, quando ha fatto Michel’Agnolo. 
<lb/>Aret. Egli ha dimostro queste parti nelle figure, che
<lb/>lo ricercauano, quanto si ricercaua, e Michel’Agnolo 
<lb/>(e sia detto senza sua offesa) alle
<lb/>uolte piu di quello, che si conuiene. Ilche si uede
<lb/>cosi chiaramente, che sopra cio non accade, che
<lb/>si dica altro. Poi ui douete ricordare, ch'io u’ho
<lb/>detto, ch’è di assai maggiore importanza uestir
<lb/>l’ossa di carne polposa e tenera, che iscorticar
<lb/>le: e, che cio sia uero, replico, che gli antichi
<lb/>per la maggior parte hanno fatte le loro figure
<lb/>dolci, e con pochi ricercamenti. Ma non per
<lb/>questo Rafaello è sempre rimaso su la delicatezza: 
<lb/>anzi, come s’è detto, le sue figure uariando,
<lb/>ha fatto nudi ricercati secondo il bisogno: 
<lb/>come si uede nelle Historie delle sue battaglie, 
<lb/>nella figura di quel uecchio portato dal
<lb/>figliuolo, &amp; in diuerse altre: ma non s'inuaghì
<lb/>molto di questa maniera: a guisa di quello, che
<lb/>haueua posto ogni suo intento (come parte principalissima
<pb n= "50 recto"/>
<lb/>del Pittore) in dilettare, ricercando 
<lb/>piu tosto nome di leggiadro, che di terribile,
<lb/>e ne acquistò insieme un'altro, che fu chiamato
<lb/>gratioso: percioche oltre la inuentione: oltre
<lb/>al disegno: oltre alla uarietà: oltre che le sue
<lb/>cose tutte mouono sommamente: si troua in loro 
<lb/>quella parte, che haueuano, come scriue Plinio, 
<lb/>le figure di Apelle: e questa è la uenustà,
<lb/>che è quel non so che, che tanto suole aggradire,
<lb/>cosi ne’ Pittori, come ne’ Poeti, in guisa, che
<lb/>empie l'animo altrui d'infinito diletto, non sapendo 
<lb/>da qual parte esca quello, che a noi tanto
<lb/>piace. Laqual parte considerata dal Petrarca 
<lb/>(mirabile e gentil Pittore delle bellezze e
<lb/>delle uirtù di Madonna Laura) lo mosse a cosi
<lb/>cantare.
<lb/>,,E un non so che ne gliocchi, che in un punto
<lb/>,, Po far chiara la notte, oscuro il die,
<lb/>,, E’l mele amaro, &amp; addolcir l’ascentio.
<lb/>Fab. Questa, che uoi dite uenustà, è detta da Greci
<lb/>charis, che io esporrei sempre per gratia.
<lb/>Aret. Seppe ancora il gran Rafaello fare iscortar le
<lb/>figure, quando egli uolle, e perfettamente: senza,
<lb/>che io ui ritorno a dire, che in tutte le sue
<lb/>opere egli usò una uarietà tanto mirabile, che
<pb n= "50 verso"/>
<lb/>non è figura, che ne d'aria ne di mouimento si
<lb/>somigli, tal che in cio non appare ombra di quello,
<lb/>che da Pittori hoggi in mala parte è chiamata
<lb/>maniera, cioè cattiua pratica; oue si ueggono
<lb/>forme e uolti quasi sempre simili. Е, si соme 
<lb/>Michel’Agnolo ha ricerco sempre in tutte
<lb/>le sue opere la difficultà : cosi Rafaello all’incontro 
<lb/>la facilità; parte, come io dissi, difficile
<lb/>a conseguire: &amp; halla ottenuta in modo, che
<lb/>par, che le sue cose siano fatte senza pensarui,
<lb/>e non affaticate, ne istentate: ilche è segno di
<lb/>grandissima perfettione: come anco negli Scrittori, 
<lb/>che i migliori sono i piu facili: come appresso
<lb/>uoi dotti Virgilio, Cicerone, &amp; appresso
<lb/>noi il Petrarca, e l’Ariosto. Quanto alla parte
<lb/>del mouere, non ne uoglio dire altro di quello,
<lb/>c’ho tocco, in caso, che uoi non diceste, che le
<lb/>sue figure non mouano.
<lb/>Fab. Questo non niego io. Ma uoi che dite di quelle di
<lb/>Michel’Agnolο ?
<lb/>Aret. Io non ne uoglio parlare: percioche questa è
<lb/>parte, che possono giudicar parimente tutti : ne
<lb/>io uorrei col mio dire offenderlo
<lb/>Fab. Dunque uenite al colorito.
<lb/>Aret. E mestiero, che consideriamo prima l’huomo
<pb n= "51 recto"/>
<lb/>uestito .
<lb/>Fab. In cio non dite altro; che io so, che’l panneggiar 
<lb/>di Rafaello è piu lodato, che quello di Michel’Agnolo :
<lb/>forse per questo, che Rafaello
<lb/>ha piu studiato nel uestir le figure, e Michel’Agnolo 
<lb/>nel fare i nudi.
<lb/>Aret. Anzi Rafaello fu studioso nell'una cosa e nell’altra,
<lb/>e Michel’Agnolo nell'ultima sola. E cosi
<lb/>potete (mi credo io) hoggimai uedere che fra
<lb/>questi nel disegno ci è parità: &amp; anco dalla
<lb/>parte di Rafaello maggiore eccellenza, essendo 
<lb/>stato egli piu uario e piu uniuersale, &amp; hauendo 
<lb/>serbato meglio la proprietà de i sessi e de
<lb/>glianni; e trouandosi nelle sue Pitture piu gratia 
<lb/>e maggior diletto, in tanto, che non fu mai
<lb/>alcuno, che gli dispiacesse cosa di sua mano
<lb/>E, quanto al colorito. 
<lb/>Fab. In questo ancora assentirò con uoi: pur dite uia.
<lb/>Aret. Superò nel colorito il gratiosissimo Rafaello
<lb/>tutti quelli, che dipinsero inanzi a lui, si a olio,
<lb/>come a fresco, &amp; a fresco molto piu, in guisa,
<lb/>che ho udito dire a molti, &amp; io ancora cosi ui
<lb/>affermo, che le cose dipinte in muro da Rafaello
<lb/>auanzano il colorito di molti buoni maestria
<lb/>olio: e sono sfumate &amp; unite con bellissimo rileuo,
<pb n= "51 verso"/>
<lb/>e con tutto quello, che puo far l'arte. Ilche
<lb/>non cessa di predicare a ciascuno Santo cognominato 
<lb/>Zago, Pittore nel uero espedito e ualente 
<lb/>in dipingere medesimamente a muro, et oltre
<lb/>a cio studioso dell’anticaglie; dellequali ue ne
<lb/>ha un gran numero: et molto pratico delle historie 
<lb/>e de’ Poeti, si come quello, che si diletta
<lb/>di leggere infinitamente. Ne parlerò altrimenti 
<lb/>del colorito di Michel’Agnolo: perche ogni
<lb/>un sa, che egli in cio ha posto роса сura, е uоі
<lb/>mi cedete. Ma Rafaello ha saputo col mezo de
<lb/>i colori contrafar mirabilmente qualunque cosa, 
<lb/>e carni, e panni, e paesi, e tutto cio che
<lb/>puo uenire inanzi al Pittore. Fece ancora ritratti 
<lb/>dal naturale: come fu quello di Papa Giulio 
<lb/>Secondo, di Papa Leone Decimo, e di molti
<lb/>gran personaggi, che sono tenuti diuini. Oltre
<lb/>a cio fu grande Architetto: onde dopo la morte 
<lb/>di Bramante gli fu allogata dal medesimo
<lb/>Papa Leone la fabrica di San Pietro e del Palagio.
<lb/>ilperche si ueggono spesso nelle sue Pitture
<lb/>edifici tirati con bellissima Prospettiua.
<lb/>E, quello, che fu di grandissimo danno alla Pittura, 
<lb/>morì giouane, lasciando il suo nome illustre 
<lb/>in tutte le parti della Europa: e uisse i
<pb n= "52 recto"/>
<lb/>pochi anni di sua uita (come ne posso io farui
<lb/>fede, e, come scriue il Vasari con uerità) non
<lb/>da priuato, ma da Prencipe, essendo liberale
<lb/>della sua uirtù e de i suoi danari a tutti gli studiosi 
<lb/>dell'arte, che ne haueuano alcun bisogno : 
<lb/>e fu openione uniuersale, che’l Papa gli
<lb/>uolesse dare un Capello rosso. Perche oltre 
<lb/>alla eccellenza della Pittura, haueua Rafaello
<lb/>ogni uirtù, &amp; ogni bel costume e gentil creanza,
<lb/>chе соnuienе a gentil’huomo. Dallequali 
<lb/>tutte cose mosso il Cardinal Bibbiena, lo
<lb/>indusse contra sua uoglia a prender per moglie
<lb/>una sua nipote; benche egli ui mettesse tempo
<lb/>in mezo, ne consumasse il matrimonio, aspettando, 
<lb/>che’l Papa, che glie ne hauena dato intentione, 
<lb/>lo facesse Cardinale: ilqual Papa gli
<lb/>haueua dato ancora poco inanzi alla sua morte 
<lb/>un’ufficio di cubiculario, grado honoreuolissimo 
<lb/>&amp; utile. Hora potete molto bene esser 
<lb/>chiaro, che Rafaello è stato non pur’uguale 
<lb/>a Michel’Agnolo nella Pittura , ma
<lb/>superiore . Nella Scoltura è poi Michel’Agnolo 
<lb/>unico, diuino, e pari a’ gli antichi:
<lb/>ne in cio ha bisogno delle mie lodi , ne di
<lb/>quelle d'altrui. Ne anco puo esser uinto da
<pb n= "52 verso"/>
<lb/>altri, che da se stesso.
<lb/>Fab. Molto signor Pietro, il uostro discorso, m'è stato 
<lb/>grato: e di qui inanzi son’io per credere cio
<lb/>che credete uoi, che con tali ragioni l’huomo
<lb/>non si puo ingannare. Ma ci è ancora tanto
<lb/>di tempo, che se non sete stanco di ragionare, 
<lb/>mi potrete acconciamente informar della
<lb/>eccellenza di qualche altro Pittore. 
<lb/>Aret. Io non mi soglio stancare per cosi piccioli ragionamenti: 
<lb/>e questo ancora è cosa, ch'io u’ho
<lb/>promesso, ne uoglio mancar di fauellarui ancora 
<lb/>di alcuni, accioche ueggiate, che i cieli
<lb/>a nostri dì ci sono stati cosi fauoreuoli nella
<lb/>Pittura, come nelle lettere. Dico adunque,
<lb/>che Leonardo Vinci fu pari in tutte le cose a
<lb/>Michel’Agnolo: ma haueua uno ingegno tanto 
<lb/>eleuato, che non si contentaua mai di cio,
<lb/>che e’ faceua. E come, che tutto facesse bene,
<lb/>era stupendissimo in far caualli. Fu appresso
<lb/>Pittor di grande stima, ma di maggiore aspettatione 
<lb/>Giorgio da Castel franco, di cui si ueggono 
<lb/>alcune cose a olio uiuacissime e sfumate
<lb/>tanto, che non ci si scorgono ombre. Mori questo
<lb/>ualente huomo di peste, con non poco danno 
<lb/>della Pittura. Fu ancora gran Pittore Giulio
<pb n= "53 recto"/>
<lb/>Romano, il quale dimostrò molto ben con
<lb/>gli effetti di essere stato degno discepolo del Diuino 
<lb/>Rafaello non solo nella Pittura, ma anco
<lb/>nell'Architettura. Onde fu carissimo a Federico 
<lb/>Duca di Mantoua: nella quale egli dipinse 
<lb/>molte cose, tutte lodatissime; &amp; ornò Mantoua 
<lb/>di bellissimi edifici. Era Giulio bell’inuentore, 
<lb/>buon disegnatore, e coloriua benissimo. 
<lb/>Ma fu uinto di colorito, e di piu gentil
<lb/>maniera da Antonio da Correggio, leggiadrissimo 
<lb/>maestro: di cui in Parma si ueggono
<lb/>Pitture di tanta bellezza, che par, che non si
<lb/>possa disiderar meglio. E uero, che fu piu bello
<lb/>coloritore, che disegnatore. Ma che ui dirò io di
<lb/>Francesco Parmigiano? Diede costui certa uaghezza 
<lb/>alle cose sue, che fanno inamorar chiunque
<lb/>le riguarda. Oltre a cio coloriua politamente:
<lb/>e fu tanto leggiadro et accurato nel disegnare,
<lb/>che ogni suo disegno lasciato in carta mette
<lb/>stupore ne gliocchi di chi lo mira: percioche ui
<lb/>si uede una diligenza mirabile. Morì giouane
<lb/>ancora egli: e fu affettionatissimo alle cose
<lb/>&amp; al nome di Rafaello. Diceuasi ancora (come
<lb/>parimente scriue il Vasari) in Roma, che l’anima 
<lb/>di Rafaello gli era entrata nel corpo: per
<pb n= "53 verso"/>
<lb/>che si uedeuano ambedue conformi d'ingegno
<lb/>e di costumi: essendo, che il Parmigiano fu incolpato 
<lb/>a torto , ch'egli attendesse all'Alchimia:
<lb/>percioche non fu mai Filosofo, che piu
<lb/>sprezzasse i danari, e le facultà di quello, che
<lb/>faceua egli. E di cio ne fa fede M. Battista
<lb/>da Parma suo creato, Scultore eccellente, e
<lb/>molti altri. Hora camina per le sue uestigie
<lb/>Girolamo Mazzola suo cugino, honoratissimamente, 
<lb/>e con molta fama.
<lb/>Fab. Questo Parmigiano, che comunemente è detto 
<lb/>il Parmigianino: è percerto molto lodato.
<lb/>Aret. Fu anco Polidoro da Carauaggio grande e raro
<lb/>Pittore, bellissimo inuentore, pratico et ispedito 
<lb/>disegnatore , e molto imitator delle cose antiche. 
<lb/>È uero, ch'egli non riusciua nel colorito: 
<lb/>e le sue cose eccellenti sono di chiaro 
<lb/>e scuro a fresco. Ma, quel che è cosa marauigliosa, 
<lb/>era Polidoro in età poco meno di
<lb/>uent’uno o di uentidue anni, quando cominciò
<lb/>a imparar l'arte: ilche fu sotto di Rafaello.
<lb/>È morì ancora egli pur giouane, ucciso miserabilmente 
<lb/>in Messina (per torgli alcuni danari)
<lb/>da un suo rubaldo garzone, che fu poi nella
<lb/>medesima città meritamente isquartato. 
<pb n= "54 recto"/>
<lb/>Fab. Io comincio bene a uedere, che Michel’Agnolo
<lb/>nella Pittura non è solo.
<lb/>Aret. Andrea del Sarto hebbe altresì gran perfettione 
<lb/>in quest'arte: e piacquero le sue cose infinitamente 
<lb/>a Francesco Re di Francia. Ne
<lb/>Perino del Vaga è degno di poca laude. Cosi
<lb/>hanno i Pittori sempre molto stimate le opere
<lb/>di Antonio da Pordonone: il quale fu ancora
<lb/>egli pratico e spedito maestro, e dilettosti di
<lb/>scorti e di figure terribili. Di suo si ueggono
<lb/>in Vinegia alcune cose a fresco bellissime: come
<lb/>nella facciata della casa del Talenti un
<lb/>Mercurio, che scorta bene, una battaglia, &amp;
<lb/>un cauallo, che sono molto lodati, &amp; una Proserpina 
<lb/>in braccio di Plutone: che è una leggiadra 
<lb/>figura. Veggonsi anco nella cappella grande 
<lb/>della Chiesa di San Rocco un Dio Padre con
<lb/>alcuni Angioli nel cielo, e certi Dottori &amp;
<lb/>Euangelisti, che gli diedero una gran fama.
<lb/>Ne bisognaua, ch'egli fosse punto minore, 
<lb/>hauendo a concorrer con Titiano nostro,
<lb/>dal quale rimase sempre di gran lunga lontano.
<lb/>Ne e marauiglia: percioche in costui solo ueramente 
<lb/>(e sia detto con pace de gli altri Pitri)
<lb/>si ueggono raccolte a perfettione tutte le
<pb n= "54 verso"/>
<lb/>parti eccellenti, che si sono trouate diuise in
<lb/>molti: essendo, che d'inuentione, ne di disegno
<lb/>niuno lo superò giamai. Poi di colorito non fu
<lb/>mai alcuno, che a lui arriuasse. Anzi a Titiano
<lb/>solo si dee dare la gloria del perfetto colorire.
<lb/>la quale o non hebbe alcun de gli antichi: o
<lb/>se l'hebbe, mancò a chi piu, a chi manco, in tutti 
<lb/>i moderni: percioche, come io dissi, egli camina
<lb/>di pari con la Natura: onde ogni sua figura 
<lb/>è uiua, si muoue, è le carni tremano. Non
<lb/>ha dimostro Titiano nelle sue opere uaghezza
<lb/>uana, ma proprietà conueneuole di colori: non
<lb/>ornamenti affettati, ma sodezza da maestro,
<lb/>non crudezza, ma il pastoso e tenero della Natura: 
<lb/>e nelle cose sue combattono e scherzano
<lb/>sempre i lumi con l'ombre, e perdono e diminuiscono 
<lb/>con quell’istesso modo, che fa la medesima 
<lb/>Natura.
<lb/>Fab. Questo istesso odo dire da tutti.
<lb/>Aret. Si conosce anco chiaramente, che la Natura lo
<lb/>fece Pittore. Perche essendo egli nato in Cadore
<lb/>di honoratissimi parenti, fu mandato dal padre a
<lb/>Vinegia picciolo fanciullo di noue anni in casa
<lb/>d'un suo fratello, che qui attendeua alla cura di
<lb/>uno di quegli honorati uffici, che si danno a cittadini ,
<pb n= "55 recto"/>
<lb/>affine, che egli lo mettesse ad apparare
<lb/>a dipingere, hauendo ueduto in lui in quella età
<lb/>tenera d'intorno a quest'arte chiarissimi lumi
<lb/>d'ingegno.
<lb/>Fab. Molto m’è a grado d'intender qualche particolarità 
<lb/>di questo singolarissimo Pittore.
<lb/>Aret. Il Zio adunque subito condusse il fanciullo alla
<lb/>casa di Sebastiano, padre del gentilissimo 
<lb/>Valerio e di Francesco Zuccati, unichi maestri
<lb/>nell'arte del Musaico, ridotta da loro in quella
<lb/>eccellenza, nella quale hoggidì si ueggono le
<lb/>buone Pitture: perche esso gli desse i principij
<lb/>dell'arte. Ma da questo fu rimesso il fanciullo 
<lb/>a Gentil Bellino fratello di Giouanni, ma a 
<lb/>lui molto inferiore: che allhora insieme col fratello 
<lb/>lauoraua nella sala del gran consiglio. Ma
<lb/>Titiano, essendo spinto dalla Natura a maggiori 
<lb/>grandezze, &amp; alla perfettione di quest’arte, 
<lb/>non poteua sofferir di seguitar quella
<lb/>uia secca e stentata di Gentile, ma disegnaua
<lb/>gagliardamente e con molta prestezza. Onde,
<lb/>gli fu detto da Gentile, che egli non era per far
<lb/>profitto nella Pittura, ueggendo che molto si
<lb/>allargaua dalla sua strada. Per questo Titiano 
<lb/>lasciando quel goffo Gentile, hebbe mezo
<pb n= "55 verso"/>
<lb/>di accostarsi a Giouanni Bellino: ma ne anco 
<lb/>quella maniera compiutamente piacendo
<lb/>gli, elesse Giorgio da Castel franco. Disegnando
<lb/>adunque Titiano e dipingendo con Giorgione
<lb/>(che cosi era chiamato) uenne in poco tempo
<lb/>cosi ualente nell'arte, che dipingendo Giorgione 
<lb/>la faccia del fondaco de’ Tedeschi , che riguarda 
<lb/>sopra il Canal grande, fu allogata at Titiano, 
<lb/>come dicemmo, quell'altra, che soprastà 
<lb/>alla merceria, non hauendo egli alhora a
<lb/>pena uenti anni. Nella quale ui fece una Giudit 
<lb/>mirabilissima di disegno e di colorito, a tale,
<lb/>che credendosi comunemente, (poi che ella fu
<lb/>discouerta) che ella fosse opera di Giorgione,
<lb/>tutti i fuoi amici seco si rallegrauano: come della
<lb/>miglior cosa di gran lunga, ch’egli hauesse
<lb/>fatto. Onde Giorgione con grandissimo suo dispiacere, 
<lb/>rispondeua, ch'era di mano del disce
<lb/>polo; il quale dimostraua gia di auanzare il
<lb/>Maestro, e (che è piu) stette alcuni giorni in
<lb/>casa, come disperato: ueggendo, che un giouanetto 
<lb/>sареuа piu di lui.
<lb/>Fab. Intendo, che Giorgione hebbe a dire, che Titiano 
<lb/>insino nel uentre di sua madre era Pittore. 
<pb n= "56 recto"/>
<lb/>Aret. Non passò molto, che gli fu data a dipingere
<lb/>una gran tauola all'altar grande della Chiesa
<lb/>de’ Frati Minori: oue Titiano pur giouanetto
<lb/>dipinse a olio la Vergine, che ascende al Cielo,
<lb/>fra molti Angioli, che l’accompagnano, e di sopra
<lb/>lei affigurò un Dio padre attorniato da due Angioli. 
<lb/>Par ueramente che ella ascenda, con un
<lb/>uolto pien di humiltà; e il panno uola leggiadramente. 
<lb/>Nel piano sono gli Apostoli, che con
<lb/>diuerse attitudini dimostrano allegrezza e stupore,
<lb/>e sono per la maggior parte maggiori del
<lb/>uiuo. E certo in questa tauola si contiene la grandeza 
<lb/>e terribilità di Michel’Agnolo, la piaceuolezza 
<lb/>e uenustà di Rafaello, &amp; il colorito
<lb/>proprio della Natura. E tuttauia questa fu la
<lb/>prima opera publica, ch'egli a olio facesse: e la
<lb/>fece in pochissimo tempo, e giouanetto. Con tutto 
<lb/>cio i Pittori goffi, e lo sciocco uolgo, che insino 
<lb/>alhora non haueuano ueduto altro, che le
<lb/>cose morte e fredde di Giouanni Bellino, di Gentile, 
<lb/>e del Viuarino (perche Giorgione nel lauorare a 
<lb/>olio non haueua ancora hauuto lauoro
<lb/>publico; e per lo piu non faceua altre opere,
<lb/>che meze figure, e ritratti) lequali erano senza 
<lb/>mouimento, e senza rileuo: diceuano della
<pb n= "56 verso"/>
<lb/>detta tauola un gran male. Dipoi raffreddandosi 
<lb/>la inuidia, &amp; aprendo loro a росо а
<lb/>poco la uerità gliocchi, cominciarono le genti
<lb/>a stupir della nuoua maniera trouata in Vinegia 
<lb/>da Titiano: e tutti i Pittori d'indi in poi si affaticarono 
<lb/>d’imitarla; ma per esser fuori della
<lb/>strada loro, rimaneuano smarriti. E certo si
<lb/>puo attribuire a miracolo, che Titiano senza
<lb/>hauer ueduto alhora le anticaglie di Roma,
<lb/>che furono lume a tutti i Pittori eccellenti, solamente 
<lb/>con quella poca fauilluccia, ch’egli haueua 
<lb/>scoperta nelle cose di Giorgione, uide e conobbe 
<lb/>la Idea del dipingere perfettamente.
<lb/>Fab. È prouerbio de’ Greci antichi, che a tutti non
<lb/>è dato ire a Corintho. E uoi hauete detto, che’l
<lb/>dipinger bene è cosa da pochi.
<lb/>Aret. Haueua hoggimai Titiano per le sue opere acquistata 
<lb/>tanta fama, che non era gentilhuomo
<lb/>in Vinegia, che non procurasse di hauer qualche 
<lb/>ritratto o altra inuentione di sua mano : e
<lb/>gli fur date a fare in piu Chiese diuerse opere.
<lb/>Come nella medesima de’ frati Minori da que’
<lb/>chiarissimi gentilhuomini da Ca Pesaro una tauola 
<lb/>all'altare; oue è un pilo per l'acqua Santa
<lb/>con una figurina di marmo di San Giouanni
<pb n= "57 recto"/>
<lb/>Battista, fatta dal Sansouino. Nella qual tauola 
<lb/>fece Titiano una Madonna, che siede col
<lb/>fanciullo: il quale tiene una della gambe leggiadramente 
<lb/>alzata, e posa il piè dell'altra sopra
<lb/>l'una delle mani della Madonna. Inanzi alla quale 
<lb/>è un San Pietro di aspetto uenerabile,
<lb/>che uolto a lei, mette l’una mano sopra un libro
<lb/>aperto, che tiene nell'altra mano, e le chiaui
<lb/>gli sono presso a piedi. Euui un San Francesco, 
<lb/>&amp; un'armato con una bandiera, con alcuni 
<lb/>ritratti de’ Pesari, che paion ueri. Di dentro
<lb/>il Chiostro nella Chiesa di San Nicolao fece all’altar
<lb/>grande una imagine di detto Santo, ch’è figura
<lb/>principale, uestito con un piuial d'oro, oue si
<lb/>vede il lustro e l’asprezza dell'oro, che par ueramente 
<lb/>intessuto. e da un lato u’ è una Santa
<lb/>Caterina con un uolger leggiadro, nel uiso &amp;
<lb/>in ogni sua parte diuina. E dall'altro un San
<lb/>Sebastiano ignudo di bellissima forma, e con
<lb/>una tinta di carne cosi simile alla uera, che
<lb/>non par dipinto, ma uiuo. Ilqual San Sebastiano 
<lb/>essendo il Pordonone andato a uedere, hebbe 
<lb/>a dire, io stimo, che Titiano in quel nudo
<lb/>habbia posto carne, e non colori. sono altre figure
<lb/>perfettistime piu lontane. E paiono quasi
<pb n= "57 verso"/>
<lb/>tutte intente a una Vergine, ch’è finta ad alto
<lb/>con alcuni Angioli. Et ogni figura dimostra
<lb/>honestà e santita inestimabile. Senza che la testa 
<lb/>del San Nicolao è ueramente miracolosa, e
<lb/>piena d'infinita maestà. 
<lb/>Fab. Ho uedute piu uolte tutte queste opere: e sono
<lb/>diuine : ne le potrebbono hauer fatte altre
<lb/>mani. 
<lb/>Aret. Nella Chiesa di Santa Maria Maggiore fece
<lb/>una tauoletta d'un San Giouanni Battista nel
<lb/>Deserto: di cui credasi pure, che non fu mai ueduta 
<lb/>cosa piu bella, ne migliore ne di disegno, ne
<lb/>di colorito. In San Giouanni e Paolo fece la
<lb/>tauola del San Pietro martire caduto in terra,
<lb/>con l'assassino, che alza il braccio per ferirlo,
<lb/>&amp; un frate, che fugge, con alcuni. Angioletti
<lb/>in aria, che uengono giu, соmе con la corona
<lb/>del martirio, &amp; una macchia di paese con certi
<lb/>arbori di Sambuco: lequali tutte cose sono di
<lb/>tanta perfettione, che si possono piu tosto inuidiare, 
<lb/>che imitare. Mostra il Frate di fuggire
<lb/>con un uolto pieno di spauento; e par, che
<lb/>si senta gridare, &amp; il mouimento è gagliar
<lb/>dissimo: come di quello, che haueua paura da
<lb/>douero. senza, che il panno è fatto con una maniera;
<pb n= "58 recto"/>
<lb/>che in altri non se ne uede esempio. La
<lb/>faccia del San Pietro contiene quella pallidezza, 
<lb/>che hanno i uolti di coloro, che si auicinano 
<lb/>alla morte, e il Santo sporge fuori un braccio 
<lb/>&amp; una mano di qualità, che si puo ben dire, 
<lb/>che la Natura sia uinta dall’arte. Ne mi
<lb/>estendo a narrarui le bellezze della inuentione, 
<lb/>del disegno, e del colorito; perche elle sono 
<lb/>a uoi &amp; a tutti note. Cosi essendo Titiano
<lb/>ancora molto giouane, il Senato gli diede honesta
<lb/>prouisione; &amp; egli dipinse nella Sala da me
<lb/>piu uolte ricordata la historia di Federico Barbarossa; 
<lb/>quando, come io dissi, bacia il piede
<lb/>al Papa: e dall'altra parte della detta Sala una
<lb/>battaglia ; оuе сі sonо diuerse forme di soldati,
<lb/>caualli, &amp; altre cose notabilissime, e fra le altre 
<lb/>una giouane, che essendo caduta in un fosso,
<lb/>uscendo si attiene alla sponda con uno isporger di
<lb/>gamba naturalissimo, e la gamba non sia
<lb/>Pittura, ma carne istessa. Voi uedete bene,
<lb/>che queste opere io le trascorro: percioche a uoler
<lb/>solo raccontar le parti piu eccellenti, bisognerebbe 
<lb/>logorare in cio tutto un giorno. La fama
<lb/>di Titiano non si rinchiuse fra i termini di
<lb/>Vinegia: ma allargandosi diffusamente per la
<pb n= "58 verso"/>
<lb/>Italia, fece naghi di hauer delle sue fatiche molti 
<lb/>Signori: tra quali fu Alfonso Duca di Ferrara, 
<lb/>Federico Duca di Mantoua, et ancora Francesco 
<lb/>Maria Duca d'Vrbino, e molti altri. E per uenuta
<lb/>in Roma, mosse Papa Leone a inuitarloui
<lb/>con honoratissimi partiti, perche Roma oltre
<lb/>alle Pitture di Rafaello e di Michel’Agnolo,
<lb/>hauesse qualche cosa diuina delle sue mani. Ma
<lb/>il gran Nauagero, non meno intendente di Pittura
<lb/>di quello, che si fosse di Poesia: e massimamente
<lb/>della Latina, in cui ualse tanto; ueggendo, che
<lb/>perdendo lui, Vinegia sarebbe suta spogliata
<lb/>d'uno de’ suoi maggiori ornamenti, procurò, che
<lb/>non ui andasse. Passò ancora la sua fama in
<lb/>Francia: ne mancò il Re Francesco di sollecitarlo
<lb/>con ogni grandezza di conditione , per ritirarlo
<lb/>a lui. ma Titiano non uolle mai abandonar Vinegia, 
<lb/>oue era uenuto picciolo fanciullo, e l’haueua
<lb/>eletta per sua patria. Di Carlo Quinto
<lb/>gia ui ho ragionato, in guisa, che io ui conchiudo, 
<lb/>che non fu mai Pittore, che piu fosse stimato 
<lb/>comunemente da tutti i Prencipi, di quello,
<lb/>che sempre è stato Titiano. Vedete, che forza
<lb/>ha una suprema eccellenza. 
<lb/>Fab. Dica pur chi uuole, che la uirtù non puo starsi
<pb n= "59 recto"/>
<lb/>паscosa: &amp; ogni uirtuoso, reggendosi con prudenza, 
<lb/>è architetto della sua fortuna.
<lb/>Aret. Certo Fabrini, che si puo dire uerissimamente,
<lb/>che non fu giamai alcuno, che piu di Titiano
<lb/>desse riputatione alla Pittura. Percioche conoscendo 
<lb/>egli il ualor suo, ha sempre tenute in
<lb/>grandissimo pregio le sue Pitture, non si curando 
<lb/>di dipingere, senon a grandi huomini, &amp; a
<lb/>persone, che con degni premi le potessero riconoscere. 
<lb/>E sarebbe lungo a dire i ritratti da
<lb/>lui fatti: i quali sono di tanta eccellenza, che’l
<lb/>uiuo non è piu uiuo: e tutti o di Re, o d'Imperadori, 
<lb/>o di Papi, o di Prencipi, o di altri grand'huomini. 
<lb/>Ne fu mai in Vinegia Cardinale, o
<lb/>altro gran personaggio, che non andasse a casa
<lb/>di Titiano per ueder le cose sue, e che non si
<lb/>facesse ritrarre. Sarebbe anco lungo a ragionare 
<lb/>de’ quadri, che sono nelle stanze del Collegio; 
<lb/>e cosi delle molte Pitture da lui fatte a Cesare, 
<lb/>&amp; al Re d'Inghilterra: come del quadro
<lb/>della Trinità della Madonna, che piange: del
<lb/>Titio, del Tantalo, del Sisifo, di Andromeda,
<lb/>e dell'Adone: il cui esempio tosto uscirà fuori
<lb/>in istampa di rame; e di altre historie e fauale:
<lb/>lauori. egualmente diuini, si disegno, come di
<pb n= "59 verso"/>
<lb/>colorito, e d'inuentione. Ma io uado ritenuto
<lb/>e scarso nelle sue laudi, si per essermi amico,
<lb/>e compare: e si perche, in tutto è orbo chi non 
<lb/>uede il Sole. Ne uoglio tacere, che Titiano dipinse 
<lb/>in Mantaua al Duca Federico la effigie,
<lb/>de i dodici Cesari, trahendogli parte dalle medaglie, 
<lb/>e parte da marmi antichi. E sono di
<lb/>tanta perfettione, che uanno infiniti in quella
<lb/>Città, solamente per uedergli, stimando di uedere 
<lb/>i ueri Cesari, e non Pitture.
<lb/>Fab. So ben’io, che di hauer ritratto o altra Pittura
<lb/>di sua mano si possono uantar pochissimi plebei.
<lb/>Aret. E adunque il nostro Titiano nella Pittura
<lb/>diuino e senza pari: ne si dourebbe sdegnare 
<lb/>l’istesso. Apelle, quando e’ uiuesse, di honorarlo. 
<lb/>Ma egli ancora oltre alla mirabile
<lb/>eccellenza della Pittura, ha molte altre parti 
<lb/>degne di grandissima laude. Prima è modestissimo: 
<lb/>ne tassa mai alcun Pittore, e ragiona 
<lb/>uolontieri honoratamente di ciascuno, che
<lb/>merita. Dipoi è bellissimo parlatore, d’ingegno
<lb/>e di giudicio perfettissimo in tutte le cose: di
<lb/>piaceuole e dolce Natura, affabile , e pieno di
<lb/>gentilissimi costumi: e chi gli parla una uolta,
<lb/>è forza, che se ne innamori per sempre.
<pb n= "60 recto"/>
<lb/>Fab. Tutto questo è uerissimo. e, perche io stimo,
<lb/>che non ui resti altro in questa materia da ragionare, 
<lb/>conchiudiamo, che, quantunque hoggidì 
<lb/>ci siano stati molti Pittori eccellenti; questi
<lb/>tre ottengono il Prencipato: cioè Michel’Agnolo,
<lb/>Rafaello, e Titiano. 
<lb/>Aret. Cosi è, ma con la distintione, ch'io u’ ho detto
<lb/>di sopra. E di presente io temo, che la Pittura
<lb/>non torni a smarrirsi un'altra uolta: percioche
<lb/>de’giouani non si uede risorgere alcuno, che
<lb/>dia speranza di douer peruenire a qualche honesta 
<lb/>eccellenza: e quei, che potrebbono diuenir 
<lb/>rari, uinti dalla auaritia, poco o nulla si
<lb/>affaticano nelle opere loro. Non cosi fa Battista 
<lb/>Franco Vinitiano: anzi studia sempre con
<lb/>ogni sollecitudine dipingendo e disegnando; di
<lb/>honorar Vinegia, e di acquistare a se stesso perpetua 
<lb/>fama: onde è lodatissimo e chiaro Maestro, 
<lb/>si in dipingere , come in disegnare. Ma
<lb/>uoi ricordateui, lasciando da canto l’affettione,
<lb/>d'esser per l’innanzi piu honesto giudice.
<lb/>IL FINE.
</body>
</text>
</TEI>
Lodovico Dolce's Della pittura (1557): A Basic TEI Edition Galileo’s Library Digitization Project Ingrid Horton OCR cleaning Crystal Hall XML creation the TEI Archiving, Publishing, and Access Service (TAPAS)
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Based on the copy in the Biblioteca Casanata in Rome, digitized by Google. Dialogo Della pittura di M. Lodovico Dolce intitolato l'Aretino. Nel quale si ragiona della dignità di essa Pittura, e di tutte le parti necessarie, che a perfetto Pittore si acconvengono: con esempi di pittori antichi, & moderni: e nel fine si fa mentione delle virtù e delle opere del divin Titiano. Con Privilegio. In Vinegia Appresso Gabriel Giolito de' Ferrari. MDLVII. Dolce, Lodovico Venice Giolito de' Ferrari, Gabriele 1557.

This TEI edition is part of a project to create accurate, machine-readable versions of books known to have been in the library of Galileo Galilei (1563-1642).

This work was chosen to maintain a balance in the corpus of works by Galileo, his opponents, and authors not usually studied in the history of science.

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DIALOGO DELLA PITTURA DI M. LODOVICO DOLCE, INTITOLATO L'ARETINO. Nel quale si ragiona della dignità di essa Pittura, e di tutte le parti necessarie, che a perfetto Pittore si acconsentono: CON ESEMPI DI PITTORI ANTICHI, & moderni: e nel fine si fa menzione delle uirtù e delle opere del Diurni TITIANO. CON PRIVILEGIO. IN VINEGIA APPRESSO GABRIEL GIOLITO DE' FERRARI. MDLVII. AL MAGNIFICO E VALOROSO S. HIERONIMO LOREDANO Ho sempre portato, Mag. S. Hieronimo, e porto del continouo nel mio animo un disiderio uiuissimo di dimostrare in qualche parte l'antica mia affettione uerso la Nobiliss. Casa Loredana: e questo non meno per cagioni publiche che per mie proprie e particolari. Publiche, essendo questa una delle piu illustri famiglie di Vinegia, non solo per chiarezza di sangue, ma per il gran ualore, e per le infinite uirtù, che in lei sempre fiorirono: come ne fanno fede molti ottimi Senatori & egregi Capitani, che nella guerra e nella pace apportarono quasi di ogni tempo grandissimo utile a questa felicissima Republica con perpetua lode e gloria di se medesmi: e, come ce ne da chiarissimo esempio il Sereness. Leonardo Loredano, Prencipe d'infiniti meriti: si come quello, che intento solamente al bene uniuersale, ne’ tempi piu pericolosi e piu ardenti di guerra giouò alla sua carissima Rep. non meno col consiglio, che con la eloquenza, e con la liberalità. Di cui si legge honoratissima memoria nelle Historie del Cardinal Bembo; e ne sono ripieni gli annali in guisa, che tutti ne possono hauere abondeuole materia da ragionare. Per tacere hora il Reuerendiss. Abbate Mons. Francesco, uostro Zio, & il Clariss. uostro padre (di cui io non sono bastante di accennare una minima parte della gran bontà e delle quasi infinite uirtù) e di molti altri, che al presente sono chiari e ne gli honorie nelle gloriose doti dell'animo. Tra quali V.M. è in modo lucida e risplendente di molti rare e uirtuosiss. qualità, che non è cosi honorato grado, di che ella non ne uenga giudicata degna, e no'l sia per ottenere. Ne meno tacerò il nouello Abbate Mons. Antonio digniss. suo fatello; il quale in cosi teneri anni è ornato di bellissime lettere, e di tutti que' nobili costumi, che in figliuolo di tanto padre e di cosi illustri progenitori, si possono disiderare. Per mie cagioni particolari: percioche oltre a molti benefici riceuuti dall'Auolo mio, e dalla mia casa da quel ualorosissimo, cortesissimo, e non mai a bastanza lodato Prencipe, il Padre mio (che mi lasciò morendo in età di due anni) ne hebbe la Castaldia: honoratiss. ufficio a Cittadini. Hauendo io adunque cosi fatti oblighi uerso la Illustrissima Casa uostra, non potendo con altro adempire il mio disiderio di dimostrar la diuotione, che le ho sempre portato e porto, uengo inanzi di V. M. con questo picciol dono; che è quasi la fangosa acqua, che nelle palme delle roze mani appresentò l'humil Contadino al gran Serse. Ma, perche la Pittura, di cui in questo libricciuolo sotto un paragone di Rafaello e di Michel' Agnolo si ragiona assai acconciamente, è arte nobile; e V. M. è nobilissiima & humanissima, spero, che ella riguardando alla qualità del soggetto, e molto piu alla grandezza e sincerità del mio cuore, non si sdegnerà di riceuerlo uolentieri, accettandomi nel numero di coloro, che la seruono e riueriscono. Di Venetia A XII. di Agosto MDLVII. Di V.M. Seruitore Lodouico Dolce. DIALOGO DELLA PITTVRA DI M. Lodovico Dolce. PIETRO ARETINO, GIOVAN FRANCESCO FABRINI. HOGGI fanno a punto quindici giorni, Fabrini mio, che ritrouandomi nella bellissima Chiesa di San Giouanni e Paolo; nella quale m'era ridotto insieme col dottistimo Giulio Camillo per la solennità di San Pietro Martire, che si celebra ogni giorno allo altare, oue è posia quella gran tauola della Historia di cotal Santo, rappresentata diuinamente in Pittura dalla delicatistima mano del mio illustre Signor Compare Titiano: paruemi di uederui tutto intento a riguardar quell'altra tauola di San Thomaso a’ Aquino, che in compagnia di altri Santi fu dipinta a guazzo molti anni sono, da Giouanni Bellino, Pittur Vinitiano. E senon, che ambedue fummo suiati da M. Antonio Anselmi, che ci menò a casa di Monsignore il Bembo, ui faceuamo alhora un'improuiso assalto , per tenerui tutto quel giorno prigione con esso noi. Hora souenendomi di hauerui ueduto tutto astratto in quella contemplatione, ui dico, che la tauola del Bellino non è indegna di laude: percioche ogni figura sta bene, e ui sono di belle teste: e cosi le carni, e non meno i panni non si discostano molto dal naturale. Da che si puo comprendere ageuolmente, che il Bellino (per quanto comportaua quella età) fu Maestro buono e diligente. Ma egli è stato dipoi uinto da Giorgio da Castel franco; e Giorgio lasciato a dietro infinite miglia da Titiano: il quale diede alle sue figure una Heroica Maestà, e trouò una maniera di colorito morbidissima, e nelle tinte cotanto simile al uero, che si puo ben dire con uerità, ch'ella ua di pari con la Natura. Fab. Signor Pietro non è mio costume di biasimare alcuno. Ma uoglio ben dirui sicuramente quеsto, che chi ha ueduto una sola uolta le Pitture del Diuino Michel’Agnolo, non si dourebbe inuero piu curar (per cosi dire) di aprir gliocchi per uedere opera di qual si uoglia Pittore. Aret. Voi dite troppo: e fate ingiuria a molti Pittori illustri: come a Rafaello da Vrbino, ad Antonio da Correggio, a Francescο Parmigiano, a Giulio Romano, a Polidoro, e molto piu al nostro Titiano Vecellio: i quali tutti con la stupenda opera delle loro Pitture hanno adornata Roma, e quasi tutta Italia, e dato un lume tale alla Pittura, che forse per molti secoli non si trouerà chi giunga a questo segno. Taccio di Andrea dal Sarto, di Perino del Vaga, e del Pordonone; che pure sono stati tutti Pittori eccellenti, e degni, che le loro opere siano e uedute e lodate da giudiciosi. Fab. Si come Home. è primo fra Poeti Greci, Virg. fra Latini, e Dante fra Thoscani: cosi Michel’ Agnolo fra Pittori e Scultori della nostra età. Aret. Non vi niego, che Michel’Agnolo a nostri dì non sia un raro miracolo dell'arte e della Natura. E quelli, che non ammirano le cose sue, non hanno punto di giudicio : e massimamente d'intorno alla parte del disegno, nella quale senza dubbio è profondissimo. Percioche egli è stato il primo, che in questo secolo ha dimostro a Pittori i bei dintorni, gli scorti, il rileuo, le mouentie, e tutto quello, che si ricerca in fare un nudo a perfettione: cosa, che non si era ueduta inanzi a lui: lasciando però da parte gli Apelli, & i Zeusi: i quali non meno per testimonio de’ Poeti e Scrittori antichi, che per quello, che di leggeri si puo dalla eccellenza di quelle poche statue, che ci sono state lasciate dalle ingiurie del tempo, e delle nationi nimiche, possiamo giudicar, che fossero mirabilissimi. Ma per questo non dobbiamo fermarci nelle laudi d'un solo: hauendo hoggidì la liberalità de’ cieli prodotti Pittori eguali, & anco in qualche parte maggiori di Michel’ Agnolo: come furono senza fallo alcuni de i sopradetti: e, come ce n'è hoggidì uno, che basta per tutti. Fab. Voi, Signor Pietro (perdonatemi) u’ingannate, se hauete questa openione. Perche la eccellenza di Michel’Agnolo è tanta, che si puo senza auanzare il uero, pareggiarla degnamente alla luce del Sole : la quale di gran lunga uince & offusca ogni altro lume. Aret. Le uostre sono parole Poetiche, e tali, quali suol trar di bocca altrui l'affettione; ,,Che spesso occhio ben san fa ueder torto. Ma non è marauiglia, che essendo uoi Fiorentino, l’amor, che portate a uostri, ui faccia talmente cieco, che riputiate oro solamente le cose di Michel’ Agnolo , e le altre ui paiano piombo uile. Ilche, quando non fosse, ui raccordereste, che la età di Alessandro Magno inalzaua insino al cielo Apelle: ne però rimaneua di lodare e di celebrar Zeusi, Prothogene, Thimante, Polignoto, & altri eccellenti Pittori. Cosi fu sempre tra Latini nella Poesia tenuto Virgilio Diuino: ma non si sprezzò giamai, ne si lasciò di leggere Ouidio, Horatio, Lucano, Statio, & alri Poeti. I quali, se bene si ueggono dissimili l’uno dall'altro, tutti nel suo genere, o diciamo maniera, sono perfetti. E, perche Dante sia pieno di tanta dottrina; chi è colui, che non prezzi sommamente il leggiadrissimo Petrarca? Anzi a lui la maggior parte lo pone inanzi? E, se Homero fra Poeti Greci fu solo; e, perche altri non in quella lingua soggetti di arme: senon dipoi un guinto Calabro, che lo seguitò, e non gli andò molto appresso: ouero Apollonio, che scrisse l'Argonautica. Ma sono alcuni al mio giudicio poco intendenti: i quali indrizzando tutte le cose ad una sola forma, biasima no chiunque da lei si discosta. Di qui, come ho udito dire, Horatio si fa beffe d'un certo sciocco; il quale era di tanto delicato gusto , che mai non cantaua, ne recitaua altri uersi, fuor che quelli di Catullo e di Caluo. Il quale Horatio se uiuesse hoggidì , si riderebbe di uoi molto piu, ascoltando le uostre parole: poi, che uolete, che gli huomini si cauino gliocchi, per non uedere altre Pitture, che quelle di Michel’Agnolo, ha uendo, come ho detto, il Cielo prodotto alla nostra età Pittori eguali, & anco a lui superiori. Fab. È doue trouerete uoi un’altro Michel’Agnolo; non che maggiore ? Aret. È costume da fanciullo tornare a replicar molte uolte una cosa. Pure ui dirò da capo, che sono stati a nostri dì alcuni Pittori eguali, et etiandio in qualche parte maggiori a Michel’Agnolo: & hora ci è Titiano, il quale, come ho accennato, basta per quanti ci furono. Fab. Et io tornerò sempre a dirui, che Michel’ Agnolo è solo. Aret. Non uorrei uenir su’l paragone per fuggir le comparationi: lequali sono sempre odiose. Fab. Stimo, che fra noi si possa ragionar liberamente: e mi fia grato, che habbiate a scegliere uno di questi uostri illustri Pittori, e confrontarlo con Michel’Agnolo. che forse auerrà, che io, udite le nostre ragioni, muterò parere. Aret. È difficile a sueller dell'animo altrui una openione , che piantata dalla affettione, per qualche tempo u’habbia fermate le sue radici. Pure io farò quello, che potrò: si, perche la uerità non si dee tacere: si, per isuilupparui dall'errore, nel quale sete inuolto. Fab. Ve ne saprò grado; e confesserò di hauer da uoi riceuuto un beneficio molto grande. Aret. E che direte, se io comincierò da Rafaello? Fab. Che Rafaello è stato gran Pitture, ma non eguale a Michel’Agnolo. Aret. Il uostro è giudicio particolare: e non doureste uoi giudicar cosi risolutamente. Fab. Anzi e giudicio comune. Aret. Forse di que', che non sanno : i quali senza in tendere altro, corrono dietro il parer d'altrui, come fa una pecora dietro l'altra: ouer dialcuni pittorucci, che sono Scimie di Michel’Agnolo. Fab. Anzi de’ periti dell'arte, e di molti dotti. Aret. So bene io , che in Roma, mentre che Rafaello uiueua, la maggior parte, si de’ Letterati, come de’ periti dell'arte, lo anteponeua no nella Pittura a Michel’ Agnolo . E quelli, che inchinauano a Michel’ Agnolo, erano per lo piu Scultori : i quali si fermauano solamente su’l disegno e su la terribilità delle sue figure, parendo loro, che la maniera leggiadra e genti le di Rafaello, fosse troppo facile, e per conseguente non di tanto artificio: non sapendo, che la facilità è il principale argomento della eccellenza di qualunche arte, e la piu difficile a conseguire : & è arte a nasconder l’arte: e che finalmente oltre al disegno , al Pittore richieggono altre parti, tutte necessarissime. Ma hoggidì, se noi uogliamo porre nel numero di questi periti dell'arte alcuni Pittori di gran nome, gli troueremo pure in fauor di Rafaello: e se fra la moltitudine intenderemo quelli, che sono lontani dal Volgo, gli trouaremo similmente in suo fauore. Poi, se la moltitudine corre a ueder l'opere dell'uno e dell'altro: non è dubbio, che tutti non esclamino per Rafaello. E gia i fautori di Michel’Agnolo affermano, che Rafaello non seppe mai far cosa, che non piacessesommamente. Ma lasciamo da parte le autorità, e fermiamo ci sopra qualche sodo fondamento di ragione. Fab. Io u’ascolto uolentieri , come huomo intendentissimo, e parimente giudiciosissimo di qualunque cosa : e massimamente di Pittura. Aret. Voi douete ben sapere, che Rafaello uiuendo mi fu carissimo amico, & altresì è hora amico mio Michel’Agnolo. Il quale, quanta sia la stima, che faccia del mio giudicio, ne fa fede quella sua lettera in risposta d'una mia sopra la historia della sua ultima Pittura. E, quanta ancora ne facesse Rafaello, ne sarebbe testimonio Agostino Ghigi, se egli uiuesse: essendo che Rafaello mi soleua dimostrar quasi sempre ogni sua pittura, prima ch'egli la publicasse : & io fui buona cagione d’indurlo a dipinger le uolte del suo palagio. Ma tutto che ambedue mi siano stati amici, e l'uno serbi, ancor uiuendo, uiua l'amicitia meco: m’è piu amica la uerità. Sodisfarò adunque al uostro disiderio in cosa non necessaria: perche io mi credo, che questa disuguaglianza in fauor di Rafaello appresso gl'intendenti sia gia decisa: ma utile in questo; che prima mi conuerrà fare un poco di discorso d’intorno all'importanza della pittura. Dirò adunque primieramente quello, ch'è Pittura, e l’ufficio del Pittore: e poi discorrendo per tutte le sue parti, nel fine uerrò al paragone di costor due: et ancora ui ragionerò di alcuni altri : e principalmente di Titiano. Fab. So che molti hanno scritto honoratissimamente di Rafaello: come il Bembo, che lo mette uguale a Michel’Agnolo: e scrisse cio a tempo, che Rafaello era giouanetto: il Castiglione, che gli da il primo luoco: e Polidoro Virgilio, che lo aguaglia ad Apelle: & il simile fa il uostro Vasari Aretino nelle uite de’ Pittori. So d'altra parte, che l'Ariosto nel principio del trentesimo terzo canto del suo Furioso distingue in tal guisa Michel’Agnolo da gli altri Pittori, che lo fa Divino. Ma io non uoglio rapportarmi, come dite, ad autorità di alcuno, per gran letterato , che sia, ma solo alla ragione. Che, se io uolessi accostarmi al parer di altrui, senza dubbio douerei anteporre il uostro a quello di ciascun'altro. Aret. Voi di troppo mi honorate. E ui dico, che l’ Ariosto in tutte le parti del suo Poema ha dimostro sempre uno ingegno acutissmo, fuor che in questa: non dico di lodar Michel’Agnolo, che è degno d'ogni gran lode: ma di poner fra il numero di quei Pittori illustri, ch'egli nomina, i due Dossi Ferraresi: de’ quali l’uno stette qui a Vinegia alcun tempo per imparare a dipinger con Titiano: e l’altro in Roma con Rafaello: e presero una maniera in contrario tanto goffa , che sono indegni della penna d'un tanto Poeta. Ma questo errore sarebbe ancora tolerabile: perche si potrebbe dire, che egli dall’amor della patria fosse stato ingannato: se non ne hauesse egli fatto un uia maggiore in mescolar Bastiano con Rafaello, e con Titiano: atteso, che ci sono stati di molti Pittori assai piu eccellenti di costui: i quali non sono però degni da esser paragonati con niuno di questi due. Ma un tal peccadiglio (per usar questa uoce Spagnuola) non toglie, che l'Ariosto non fosse quel perfetto Poeta, ch’è tenuto dal mondo: percioche si fatte cose non sono di quelle, che appartengono all'ufficio del Poeta. ne uoglio però inferire, che Bastiano non fosse assai buon Pittore: ma auiene spesso, che una gemma, a altra cosa sola tenendosi, potrà bella apparire: e paragonata con altra, perderà riputatione, e non parerà piu quella. Poi è noto a ciascuno, che Michel’ Agnolo gli faceua i disegni: e chi si ueste delle altrui piume, essendone dipoi spogliato, riman simile a quella ridicola cornacchia, ch’è diseritta da Horatio. Ricordami, che essendo Bastiano spinto da Michel’ Agnolo alla concorrenza di Rafaello, Rafaello mi soleua dire: o quanto egli mi piace, M. Pietro, che Michel’Agnolo aiuti questo mio nouello concorrente, facendogli di sua mano i disegni: percioche dalla fama, che le sue Pitture non istiano al paragone delle mie, potrà auedersi molto bene Michel’Agnolo , ch'io non uinco Bastiano (perche poca loda sarebbe a me di uincere uno, che non sa disegnare ) ma lui medesimo, che si reputa (e meritamente) la Idea del disegno. Fab. Inuero, che Bastiano non giostraua di pari con Rafaello, se bene hauena in mano la lancia di Michel’ Agnolo: e questo, perche egli non la sapeua adoperare: e molto meno con Titiano: il quale non ha molto, che mi disse, che nel tempo, che Roma fu saccheggiata da soldati di Borbone, hauendo alcuni Tedeschi, da quali era stato occupato il palagio del Papa, acceso con poco rispetto il fuoco per uso loro in una delle camere dipinte da Rafaello: auenne, che’l fumo o la mano de gli’istessi guastò alcune teste. E partiti i soldati, e ritornatoui Papa Clemente, dispiacendogli, che cosi belle teste rimanessero guaste, le fece rifare a Bastiano. Trouandosi adunque Titiano in Roma; & andando un giorno per quelle camere in compagnia di Bastiano, fiso col pensiero e con gliocchi in riguardar le Pitture di Rafaello, che da lui non erano state piu uedute, giunto a quella parte, doue hauea rifatte le teste Bastiano, gli dimandò, chi era stato quel presontuoso & ignorante, che haueua imbrattati quei uolti, non sapendo però, che Bastiano gli hauesse riformati: ma ueggendo solamente la sconcia differenza, che era dall'altre teste a quelle. Ma lasciamo cotali disparità, che elle poco importano: e uegniamo alla Pittura. Aret. Il medesimo ho udito io ancora da altri. Fab. Diffinitemi adunque prima quello, che propriamente è Pittura. Aret. Farollo, benche è cosa facile, & intesa da tutti. Dico adunque la Pittura, breuemente parlando, non essere altro, che imitatione della Natura: e colui, che piu nelle sue opere le si auicina, è piu perfetto Maestro. Ma, perche questa diffinitione è alquanto ristretta e mancheuole, (percioche non distingue il Pittore dal Poeta, essendo che il Poetà si affatica ancora esso intorno alla imitatione) aggiungo, che il Pittore è intento a imitar per uia di linee, e di colori (o sia in un piano di tauola, o di muro, o di tele) tutto quello, che si dimostra all'occhio: & il Poeta col mezo delle parole ua imitando non solo cio che si dimostra all'occhio, ma che ancora si rappresenta all'intelletto. La onde essi in questo sono differenti, ma simili in tante altre parti, che si possono dir quasi fratelli. Fab. Questa diffinitione è facile e propria: e similmente è propria la similitudine tra il Poeta et il Pittore: hauendo alcuni ualenti huomini chiamato il Pittore Poeta mutolo , & il Poeta Pittore, che parla. Aret. Puossi ben dire, che quantunque il Pittore e non possa dipinger le cose, che soggiacciono al tatto; come sarebbe la fredezza della neue: o al gusto; come la dolcezza del mele: dipinge non di meno i pensieri e gli affetti dell'animo. Fab. Ben dite, Signor Pietro, ma questi per certi atti esteriori si comprendono: e spesso per uno inarcar di ciglia, o increspar di fronte, o per altri segni appariscono i segreti interni, tal che molte uolte non fa bisogno delle fenestre di Socrate. Aret. Cosi è ueramente. Onde habbiamo nel Petrarca questo uerso. ,, E spesso ne la fronte il cor si legge. Ma gliocchi sono principalmente le fenestre dell'animo: et in questi puo il Pittore isprimere acconciamente ogni passione: come l'allegrezze, il dolore, l’ire, le teme, le speranze, & i disideri. Ma pur tutto serue all'occhio de’ riguardanti. Fab. Dirò ancora, che, se bene il Pittore è diffinito Poeta mutolo, e che muta si chiami altresi la Pittura: sembra pure a un cotal modo, che le dipinte figure fauellino, gridino, piangano. ridano, e facciano cosi fatti effetti. Aret. Sembra bene ; ma però non fauellano, ne fanno que gli altri effetti. Fab. In cio si puo ricercare il parer del uostro uirtuoso Silustro, eccellente Musico, e sonatore del Doge : il quale disegna e dipinge lodeuolmente: e ci fa toccar con mano, che le figure dipinte da buoni Maestri parlano, quasi a paragon delle uiue. Aret. Questa è certa imaginatione di chimira, causata da diuerse attitudini, che a cio seruono, e non effetto o proprietà della Pittura. Fab. Соsi è. Aret. L'ufficio adunque del Pittore è di rappresentar con l'arte sua qualunque cosa, talmente simile alle diuerse opere della natura, ch'ella paia uera. E quel Pittore, a cui questa similitudine manca, non è Pittore: & all'incontro colui tanto piu è migliore e piu eccellente Pittore, quanto maggiormente le sue Pitture s'assomigliano alle cose naturali. La onde, quando io ui hauerò dimostro, questa perfettione trouarsi molto piu nelle Pitture del Santio, che del Buonaroti, senza fallo ne seguirà quello, che io ui ho replicaro piu uolte. Ne cio farò per diminuir la gloria di Michel’ Agnolo, ne per accrescer quella di Rafaello ; che a niun de’ due si puo aggiunger ne leuare: ma per gradire, come ho detto, a noi, che lo mi chiedete e per dire la verità: in seruigio della quale ho spesso indrizzata contra i Prencipi, come sapete, la spada della mia virtù, poco curandomi, che la uerità partorisca odio. Fab. Ad ogni modo non è alcuno, che ci ascolti. Aret. Et io uorrei, che ci fosser molti: perche oltre; c'ho a ragionar di soggetto nobile (che nobile ueramente è la Pittura) le cose uere si debbono dire a tutti; quando il fine non è di mordere, ma di giouare: come chi paragonando insieme Platone, & Aristotele, conchiudesse in fauore dell'uno o dell'altro, non sarebbe tenuto maledico, quando egli dimostrasse, ambedue essere stati gran Filosofi, ma l’uno all'altro superiore. Er io nel discorrer questi due Pittori spero di toccare alcune bellissime difficultà dell'arte: lequali, oue da uoi, o da altri fossero raccolte e scritte, non sarebbono elle senza utile di molti; che, se ben dipingono, poco intendono quello, che sia Pittura: la quale ignoranza è cagione, che diuengano arroganti e mordaci, stimando, che'l dipinger sia impresa facile e da tutti: oue in contrario è difficilissima, e da pochi. Giouarebbe anco questo ragionamento per auentura non poco a gli studiosi di lettere per la conformità, che ha il Pittore con lo Scrittore. Fab. Io per la domestichezza, Signor Pietro, che tenemo insieme, non haurò rispetto di ritirarui alquanto fuori di strada: cioè dall'ordine da uoi proposto: ricercando, che prima non ui sia graue di spendere alquante parole intorno alla dignità della Pittura. Che, se bene io ne ho letto altre uolte, non l'ho per ciò a memoria: senza, che la uiua uoce apporta sempre con esso lei non so che di piu. E prima anco uorrei, che mi dichiariste, se uno, che non sia Pittore, è atto a far giudicio di Pittura. È uero, che io trouo l'esempio in uoi: che senza mai hauer tocco pennello, sete, come ho detto, guidiciosissimo in quest’arte: ma non ci è piu, che un’Aretino. E disidero d'intender cio per questa cagione: che sono alcuni Pittori, i quali si sogliono ridere, quando odono, alcun letterato ragionar della Pittura. Aret. Costoro debbono esser di quelli, che di Pittore non tengono altro, che il nome: percioche, se hauessero fauilla di giudicio, saprebbono, gli Scrittori esser Pittori. Che Pittura è la Poesia: Pittura la Historia, e Pittura qualunque componimento de’ dotti. Di qui il nostro Petrarca chiamò Homero ,,Primo Pittor de le memorie antiche. Ma ecco, che io uoglio di queste uostre altre dimande a tutto mio podere, Fabrini contentarui: massimamente hauendo hoggi assai commodo tempo da ragionare: che non ci sarà alcuno, che uenga a disturbarci, per esser la maggior parte della città occupata in ueder gliapparecchi, che si sono fatti per la uenuta della Reina di Polonia, che in cotal giorno dee arriuare. E dico, che nell'huomo nasce generalmente il giudicio dalla pratica e dalla esperienza delle cose. E non essendo alcuna cosa piu famigliare e domestica all’huomo di quello, che l’huomo: ne seguita, che ciascun’huomo sia atto a far giudicio di quello, che egli uede ogni giorno: cioè della bellezza e della bruttezza di qualunque huomo. Percioche non procedendo la bellezza da altro, che da una conueneuole proportione, che comunemente ha il corpo humano, e particolarmente tra se ogni membro; & il contrario deriuando da sproportione: essendo il giudicio sottoposto all'occhio: chi è colui, che non conosca il bello dal brutto? Niuno per certo, se non è in tutto priuo d’occhio e d'intelletto. Onde hauendo l'huomo, come ha, questa cognitione intorno alla forma uera, che è questo indiuiduo: cioè l’huomo uiuo: perche non la dee hauer molto piu intorno alla finta, che è la morta Pittura ? Fab. Risponderanno perauentura, Signor Pietro, i Pittori, ch'essi non niegano, che, si come la Natura, comune madre di tutte le cose create, ha posta in tutti glihuomini una certa intelligenza del bene e del male: cosi non l’habbia posta el bello e del brutto. ma nella guisa, che per conoscer propriamente e pienamente quello, ch'è bene e male, è mestiero di lettere e di dottrina: cosi per saper con fondamento discernere il bello dal brutto, fa bisogno d'uno auedimento sottile, e d’un’arte separata. Laqual cosa è propria del Pittore. Aret. Questo non è inuero argomento, che conchiuda: perche altra cosa è l'occhio, altra l'intelletto. L’occhio non si puo ingannar nel uedere, se non è infermo, o losco, o impedito da qualche altro accidente. S’inganna bene, e molto spesso, l’intelletto, essendo adombrato da ignoranza, o da affettione. L’huomo disidera naturalmente il bene: ma puo errar nella elettione, giudicando bene quel che è male: come colui, il quale è piu pronto a seguir quello, che stima utile, che l’honesto. E di qui ha bisogno del Filosofo. Fab. Il medesimo si puo dir dell’occhio : che ingannato da certa apparenza, prende molte uolte per bello quel ch’è brutto, e per brutto quel ch’è bello. Aret. Gia u’ho detto, che la pratica fa il giudicio: е ui affermo , ch'è piu ageuole , che l'intelleto, che l'occhio, s’inganni. Non di meno tenete pur fermo, che in tutti è posto naturalmente un certo gusto del bene e del male, e cosi del bello e del brutto, in modo, ch’e’ lo conoscono. e si trouano molti, che senza lettere giudicano rettamente sopra i poemi, e le altre cose scritte: anzi la moltitudine è quella, che da comunemente il grido e la riputatione a Poeti, ad Oratori, a Comici, a Musici, & anco (e molto piu) a Pittori. Onde fu detto da Cicerone, che essendo cosi gran differenza da i dotti a gl'ignoranti, era pochissima nel giudicare. Et Apelle soleua metter le sue figure al giudicio commune. Рotrei anco dire, che’l giudicio delle tre Dee fu rimesso a un Pastore. Ma io non intendo in generale della moltitudine, ma in particolare di alcuni belli ingegni: i quali hauendo affinato il giudicio con le lettere e con la pratica, possono sicuramente giudicar di uarie cose, e massimamente della Pittura, che appartiene all'occhio: istrumento meno errabile: e la quale si accosta alla natura nella imitation di quelle cose, che noi habbiamo sempre inanzi. Vedete, che Aristotele scrisse dell'arte Oratoria, & però non fu Oratore: scrisse anco (perche mi potreste dire, ch'egli quelle facultà hauesse imparate, se ben non le esercitaua ) di animali e di altre cose, che non erano di sua professione. e similmente Plinio trattò di gemme, di statue, e di Pittura: ne fu lapidario, ne statuario, ne Pittore. Non niego gia, che’l Pittore non possa hauer cognitione di certe minutezze, di che non haurà contezza un'altro, che Pittore non sia. Ma queste, se ben saranno importanti nell’operare, saranno elle poi di poco momento nel giudicare. Parmi per queste poche parole a bastanza hauer dimostro, che ogni huomo ingenioso, hauendo all’ingegno aggiunta la pratica, puo giudicar della Pittura: e tanto piu, se e’ sarà auezzo a veder le cose antiche, e le Pitture de’ buoni Maestri: perche hauendo nella mente una certa imagine di perfettione, gli fia ageuole di far giudicio, quanto le cose dipinte si accostino, o si allontanino da quella. Fab. In questa parte rimango sodisfatto. Seguite in ragionar della dignità della Pittura: percioche sono alcuni, che poco prezzandola, si danno a credere, ch'ella sia arte mecanica. Aret. Costoro Fabrini, non conoscono, quanto ella sia utile, necessaria , e di ornamento al mondo & alle cose nostre. Non è dubbio, che ciascun’arte è tanto piu nobile, quanto ella è piu stimata da huomini di alta fortuna, e da pellegrini intelletti. La Pittura fu sempre in tutte l'età hauuta in sommo pregio da Re, da Imperadori, e da huomini prudentissimi. Ella adunque è nobilissima. Questo si proua ageuolmente con gli esempi, che si leggono in Plinio, & in diuersi Autori: i quali scriuono, che Alessandro Magno prezzò si fattamente la mirabile eccellenza di Apelle, ch’ei gli fece dono non pur di gioie e di thesori, ma della cara amica Campaspe, solo per hauer conosciuto, che Apelle, il quale l’haueua ritratta ignuda, se n'era di lei innamorato: liberalità incomparabile e maggiore che se egli donato gli hauesse un Regno, essendo che piu importa donar le affettioni de glianimi, che i Regni e le corone. Fab. Hoggidi non si trouano de gli Alessandri. Aret. Appresso ordinò, che a niuno, fuor che ad Apelle, fosse lecito di dipingerlo dal naturale. E prendeua tanto diletto della Pittura, che spesso lo andaua a trouare alla sua stanza, e spendeua di molte hore in ragionar seco domesticamente, & in uederlo dipingere. E questo fu pur quell'Alessandro : il quale oltre, ch’era stato molto bene introdotto nella cognition della Filosofia da Aristotele, che gli fu maestro, haueua posto il fine d'ogni sua gloria nell’arme, e nel uincere e soggiogare il mondo. Leggesi ancora, che trouandosi il Re Demetrio con un grande esercito accampato a Rhodi: e potendo con molta facilità prender questa città, se ui faceua accendere il fuoco in certa parte, doue era posta una tauola, dipinta da Prothogene: come che egli ardesse di disiderio d'impadronirsi di cosi nobile città, elesse di perderla, perche l’opere di Prothogene non si abbruciasse : facendo maggiore istima d'una pittura, che d'una città. Fab. Bellissimo esempio in lode della pittura. Aret. Ce ne sono de gli altri: come, essendo condotto Apelle da uno, che gli portaua inuidia, al conuito di certo Re suo nimico, il Re conosciutolo, con fiero sguardo gli dimandò, perche egli fosse stato cotanto audace, che hauesse haunto ardimento di uenire alla sua presenza. Apelle, non ui si trouando colui, che quiui l'haueua menato, prese un carbone in mano, e disegnò prestamente nel muro la faccia di quel suo nimico, tanto simile alla uera, che dicendo egli al Re. costui è quello, che mi ui ha condotto, il Re conosciutolo da quel poco di macchia fatta da Apelle, gli perdonò, mosso solamente da marauiglia della sua uirtù. Douete anco sapere, che i Fabij, nobilissima famiglia Romana, furono cognominati Pittori, per hauere il primo di tal cognome dipinto in quella città il tempio della salute. Fab. Ricordomi, che Quinto Pedio, nipote di Cesare, da lui lasciato a parte dell'heredità con Ottauio, dipoi cognominato Augusto, essendo nato mutolo, fu da Messala Oratore posto ad imparare a dipingere: il cui consiglio fu lodato dal detto, conoscendo quel prudente Imperadore, che dopo le lettere non si trouaua arte piu nobile della Pittura: e’ uolendo con quest'arte supplire al difetto della Natura. Ricordomi parimente, che alcuni huomini dotti furono Pittori : come Pacuuio antico Poeta, Demosthene Prencipe de’ Greci oratori. Metrodoro fu parimente Pittore e Filofofo: & anco il nostro Dante imparò a disegnare. Aret. E hoggidì qui in Vinegia Mons. il Barbaro eletto Patriarca di Aquilegia: Signor ai gran ualore, e d'infinita bontà: e parimente il dotto gentilhuomo M. Francesco Morosini: i quali due disegnano e dipingono leggiadramente: oltre una infinità di altri gentil’huomini, che si dilettano della Pittura, tra i quali v’è il Mag. M. Alessandro Contarini non meno ornato di lettere, che di altre rare uirtù. Ma seguendo le grandezze de’ Prencipi, che dirò di Carlo Quinto: il quale, come emulo di Alessandro Magno, per le molte cure, e per i trauagli quasi continui, che gli apportano le cose della guerra, non lascia di uolger molte uolte il pensiero a quest'arte. la quale ama et apprezza tanto, che essendogli peruenuta al l’orecchie la fama del diuin Titiano, con benigni et amoreuoli inuiti due uolte lo chiamò alla corte: doue oltre allo hauerlo honorato al pari de’ primi personaggi, che erano in essa corte gli concesse priuilegi, provisioni, e premi grandissimi: e d’un solo ritratto, ch’ei gli fece in Bologna, mille scudi ordinò, che gli fossero dati. et anco Alfonso Duca di Ferrara si mostrò molto amico della Pittura: e diede al medesimo trecento scudi per un ritratto di se stesso, fatto dalla sua mano. Il quale ueduto poi da Michel’Agnolo, ei lo ammirò e lodò infinitamente, dicendo, ch'egli non haueua creduto, che l'arte potesse far tanto: e che solo Titiano era degno del nome di Pittore. Fab. Percerto la eccellenza di questo huomo è tanta, che, quando l'Imperadore e’l Duca di Ferrara gli hauesser donato una città, non l'haurebbono premiata à bastanza. Ma non resta che Michel’Agnolo non sia Michel’Agnolo . Aret. Aspettate pure. Il Re Filippo ancora, degno figliuolo di tanto Prencipe, ama & honora la Pittura : e delle molte opere, che gli manda spesso Titiano, spero, che un giorno se ne uedranno premi degni della grandezza di si fatto Re, e della uirtù di cotal Pittore. Ho similmente inteso, che l'uno e l’altro sanno disegnare . E. M. Enea Vico Parmigiano, non solo intagliator di stampe di rame hoggidi senza uguale, ma letterato, e sottile inuestigator delle cose appartinenti alla cognition delle historie: come si uede ne’ libri delle sue Medaglie , e della genealogia de’ Cesari: essendo gia qualche anno ritornato dalla corte, mi raccontò, che appresentato ch'egli hebbe a Cesare il rame del suo politistimo intaglio: nel quale fra diuersi ornamenti di figure, che dinotano le imprese e la gloria di sua Maestà, si contiene il suo ritratto: Cesare presolo in mano, & appoggiatosi a una fenestra, lo drizzò al suo lume: e dopo lo hauerlo riguardato intentamente buona pezza, oltre al disiderio, che dimostrò, che di quello si stampassero molte carte, non si potendo cio fare, perche il rame era indorato, discorrendo seco minutamente d'intorno alla inuentione, & al disegno, diede un buon saggio di esserne intendente tanto, quanto molti altri, che ne facciano professione: o poco meno: e fece annouerare al medesimo dugento scudi. Fab. Mi uiene in memoria di hauer letto in Suetonio, che ancora Nerone Imperadore (per altro uitioso e crudele) dipingeua, e faceua di sua mano rilieui di terra bellissimi: e Giulio Cesare parimente soleua esser uaghissimo di Pitture e d'intagli. Aret. Dilettossene etiandio Adriano Imperadore, & Alessandro Seuero, figliuolo di Mammea, & alcuni altri. E, se uogliamo riguardare a prezzi, con che furono comperate diuerse Pitture, gli troueremo quasi infiniti. Percioche si legge, che Tiberio ne pagò una sessanta sestertij: che fanno cento cinquanta libbre d'argento Romane. Et il Re Attalo comperò una tauola d'Aristide Thebano per cento talenti : che uagliono, riducendogli alla nostra moneta, sessanta mila Scudi, Fab. So, che si trouarono similmente alcuni Pittori: (tra quali fu Zeusi i quali stimando, che ne l’argento, ne l’oro bastassero a pagar compiutamente le loro opere, le donauano. Aret. È ben uero, ch’a nostri di comunemente i Prencipi sono molto piu ristretti ne’premi di tali gloriose fatiche, che gli antichi a que’ buoni tempi non erano: come auiene anco ne gli honorati sudori de’ letterati. Fab. E questo diede cagione all'arguto e piaceuole Martiale di dire. ,, Trouinsi, Flacco, pur de’ Mecenati, ,, Che Virgilj hoggidì non mancheranno. Aret. Non dimeno oltre a quello, che s’è detto di Titiano, Leonardo Vinci, gran Pittore, fu largamente donato, & infinitamente honorato da Filippo Duca di Melano, e dal liberalissimo Francesco Re di Francia, nelle cui braccia egli si morì uecchissimo di molti anni. Rafaello da Papa Giulio secondo, e poscia da Leone Decimo, e Michel’Agnolo da que’ due Pontefici, e da Papa Paolo Terzo: dal quale ancora fu honorato pur Titiano nel tempo, ch'egli fece il suo ritratto in Roma, e quella bellissima nuda per il Cardinal Farnese, che fu con marauiglia piu d'una uolta ueduta da Michel’Agnolo. È stato egli oltre a cio piu uolte ricerco da tutti i Duchi e Signori, cosi Italiani, come Tedeschi. Fab. Meritamente furono sempre stimati i Pittori : perche e’ pare, che essi d'ingegno e di animo auanzino gli altri huomini: poi che le cose, che Dio fatte ha, ardiscono con l'arte loro d'imitare, e le ci appresentano in modo , che paion uere. Onde non mi fo marauiglia, che i Greci conoscendo la grandezza della Pittura, prohibissero a serui il dipingere: e che Aristotele se pari quest'arte dalle Mecaniche, dicendo, che si dourebbe per le città instituir publiche scuole, oue i fanciulli l'apparassero. Aret. Fin qui adunque habbiamo ueduto in buona parte la nobiltà della Pittura, & in quanto pregio fossero e siano i buoni Pittori : ueggiamo hora, quanto ella sia utile, diletteuole, e di ornamento. Prima non è dubbio, ch’è di gran beneficio a gli huomini il ueder dipinta la imagine del nostro Redentore, della Vergine, e di diuersi Santi e Sante. E puossi prendere argomento da questo: che ancora che alcuni Imperadori, e massimamente Greci, prohibissero l’uso publico co delle imagini, esso da molti Pontefici ne’ Sagri concilij fu approuato: e la Chiesa danna per Heretici coloro, che non le accettano. Perche le imagini non pur sono, come si dice, libri de gl’ignoranti: ma (quasi piaceuolissimi suegliatoi) destano anco a diuotione gl'intendenti: questi e quelli inalzando alla consideratione di cio, ch'elle rappresentano. Onde si legge, che Giulio Cesare ueggendo in Ispagna una statua di Alessandro Magno: e mosso da quella a considerar, che Alessandro ne glianni, ne’ quali esso alhora si trouaua, haueua quasi acquistato il mondo, e che da lui non si era ancor fatta cosa degna di gloria, pianse: e tanto s’infiammò nel disiderio della immortalità, che si mise di poi a quelle alte imprese, per lequali non solo si fece eguale ad Alessandro, malo superò. Scriue anco Sallustio, che Quinto Fabio, e Publio Scipione soleuano dire, che, quando riguardauano le imagini de’ maggiori, si sentiuano accender tutti alla uirtù: non che la cera o il marmo, di ch’era fatta la imagine, hauesse tanta forza: ma cresceua la fiamma ne glianimi di que’ egregi huomini per la memoria de’ fatti illustri: ne prima si acquetana, che essi con le loro prodezze non haueuano aguagliata la lor gloria. Le imagini adunque de’ buoni e de’ uirtuosi infiammano gli huomini, come io dico, alla uirtù & alle opere buone. Et oltre alle cose della religione apporta ancora quest’arte utile a i Prencipi, & a i Capitani, ueggendo essi spesse volte disegnati i siti de’ luoghi, e delle città, prima che incaminino gli eserciti , e si pongano a ueruno assalto. onde si puo dire, che la sola mano del Pittore sia lor guida: essendo che il disegno è proprio di еssа Pittore. Hassi ancora a riconoscer dal Pittore la carta del nauigare, e parimente da lui hanno origine e forma tutte le arti manuali. Perche Architetti, Muratori, Intagliatori, Orefici, Ricamatori, Legnaiuoli, & insino i Fabbri, tutti ricorrono a disegno: proprio, come s’è detto, del Pittore. Fab. Non si puo negare: percioche di qualunque cosa, uolendo significar, che ella sia bella, si dice, lei hauer disegno. Aret. Quanto al diletto, benche cio si possa comprender dalle cose dette inanzi, aggiungo, che non è cosa, che tanto soglia tirare a se, e pascer gliocchi de’ riguardanti , quanto fa la Pittura: non le gemme, non l’oro istesso. Anzi questo e quel le sono piu stimati, se qualche intaglio, o lauoro di mano di artificioso Maestro in se contengono: o che siano figure d'huomini, o d'animali, o altra cosa, che habbia disegno e uaghezza. E questo non solamente auiene a coloro, che sanno, ma al uolgo ignorante, & anco a fanciulli : i quali talhor ueggendo qualche imagine dipinta, la dimostrano quasi senpre col dito: e pare, che tutti s’ingombrino di dolcezza i lor pargoletti cuori. Fab. Il medesimo scriue il Castiglione in una sua bellissima Elegia Latina, che aueniua a suoi piccioli figliuoletti nel riguardare il suo ritratto fatto da Rafaello, che hora si troua in Mantoua: & è opera degna del suo nome. Aret. Infine chi è colui, che non comprenda l’ornamento, che porge la Pittura a qualunquе соsа? Percioche e i publici edifici & i priuati, benche siano i muri di dentro uestiti di finissimi arazzi: e le casse , e le tauole coperte di bellissimi tapeti, senza l’ornamento di qualche pittura assai di bellezza e di gratia perdono. E di fuori molto piu dilettano a gliocchi altrui le facciate delle case e de’palagi dipinte per mano di buon Maestro, che con la incrostatura di bianchi marmi, di porfidi, e di serpentini fregiati di oro. Il simile ui dico delle chiese e de’ sacri chiostri. Onde non senza cagione i pontefici da me detti procurarono, che le stanze del palagio Papale fossero dipinte da Rafaello , e le capelle di San Pietro, e di San Paolo da Michel’ Agnolo : e questa Illustris. Signoria fece dipinger la Sala del gran consiglio a diuersi Pittori piu e meno ualenti, secondo quelle età roze, o non ancora capaci dell'eccellenza della Pittura. E dipoi ui ha fatto far due quadri a Titiano. Il cui pennello uolesse Dio, che l'hauesse tutta dipinta: che forse hoggidi la medesima sarebbe uno de' piu belli & honorati spettacoli, che si uedesse in Italia. Fece ancora (ma molto a dietro) dipinger dal di fuori il fondaco de’ Tedeschi a Giorgio da Castel franco: & a Titiano medesimo, che alhora era giouanetto, fu allogata quella parte, che riguarda la Merceria. Di che dirò al fine alquante parole. Ma di questa parte non accade dire altro: se non, che fra costumi Barbari de gl’infedeli, questo è il peggiore, che non comportano, che in fra di loro si faccia alcuna imagine di Pittura, ne di Scoltura. È ancora la Pittura necessaria: percioche senza il suo aiuto noi non hauressimo (come s'è potuto conoscere) ne habitatione, ne cosa alcuna, che appartenga all'uso ciuile. Fab. Voi hauete, Signor Pietro, secondo il mio parere, ragionato molto a pieno della dignità della pittura. Hora ui sia in grado di seguir la materia ordinata, accio che io sappia fare il giudicio, ch'io ricerco. Aret. Haurei potuto assai piu allargarmi: ma non essendo cio appartinente al paragone, per cui parliamo, basterà questo a sodisfation della uostra richiesta. E tornando nel camino, donde uscito io sono, hauendo diffinita la Pittura, e detto, qual sia l'ufficio del Pittore, seguirò hora ogni sua parte. Fab. Gia mi diletta molto questo ragionamento: e ueggio , che uoi ragionate copiosamente, e con molto ordine. Aret. Tutta la somma della Pittura a mio giudicio ė diuisa in tre parti : Inuentione, Disegno, e Colorito. La inuentione è la fauola, o historia, che’l Pittore si elegge da lui stesso: o gli è posta inanzi da altri per materia di quello, che ha da operare. Il disegno è la forma, con che egli la rappresenta. Il colorto serue a quelle tinte, con le quali la Natura dipinge (che cosi si puo dire) diuersamente le cose animate & inanimate. Animate: come sono glihuomini e gli animali bruti: iuanimate, come i sassi, l’herbe, le piante, e cose tali: benche queste ancora sia no nella spetie loro animate, essendo elleno partecipi di quell'anima, che è detta uegetatiua: la quale le perpetua e mantiene. Ma ragionerò da Pittore, e non da Filofofo. Fab. A me parete l'uno e l’altro. Aret. Piacemi, se cosi è. E cominciando dalla inuentione, in questa dico, che ui entrano molte parti : tra lequali sono le principali l’ordine e la conueneuolezza. Percioche, se'l Pittore (per cagion di esempio) haurà a dipinger Christo, o San Paolo, che predichi, non istà bene, che lo faccia ignudo , o lo uesti da soldato, o da marinaio: ma bisogna, ch’e’ consideri un’habito con ueniente all’uno & all'altro: e principalmente di dare a Christo una effigie graue accompagnata da una amabile benignità e dolcezza: e cosi di far San Paolo con aspetto, che a tanto Apostolo si conuiene, in modo, che l'occhio, che riguarda, stimi di uedere un uero ritratto, si del datore della salute, come del uaso di elettione. Onde non senza cagione fu detto a Donatello, il quale haueua fatto un Crocefisso di legno , ch’egli haueua messo in Croce un contadino; ancora che a Donatello nell'arte della Scoltura si trouasse ne’ tempi moderni niun pari, e un solo Michel’Agnolo superiore. Similmente hauendo il Pittorea dipinger Mosè, non dourà fare una figura meschina, ma tutta piena di grandezza e di maestà. Di qui terrà sempre riguardo alla qualità delle persone, ne meno alle nationi, a costumi, a luoghi, & a tempi: tal, che se depingerà un fatto d'arme di Cesare, o di Alessandro Magno, non conuiene, che armi i soldati nel modo, che si costuma hoggidì, & ad altra guisa farà le armature a Macedoni, ad altra a Romani; e, se gli uerrà imposto carico di rappresentare una battaglia moderna, non si ricerca, che la diuisi all'antica. Cosi uolendo raffigurar Cesare, saria cosa ridicola, ch'ei gli mettesse in testa uno inuolgio da Turco, o una berretta delle nostre, o pure alla Vinitiana. Fab. Questa parte della conueneuolezza è ancora necessarissima a gli Scrittori, tanto, che senza essa non possono far cosa perfetta. Onde ben disse Horatio, che in una Comedia importa molto, che habbia a fauellare il seruo, o il padrone. Onde è ua toccando le conditioni, che si debbono serbare in Achille, e quelle che in Oreste, in Medea, & in altri. Aret. Errò nella conueneuolezza non solo de gli habiti, ma anco de’ uolti Alberto Duro: il quale, perche era Tedesco, disegnò in piu luoghi la madre del Signore con habito da Tedesca, e similmente tutte quelle Sante Donne, che l’accompagnano. Ne restò ancora di dare a Giudei effigie pur da Tedeschi, con que’ mostacchi e capigliature bizarre, ch'essi portano, e con i panni, che usano. Ma di questi errori, che appartengono alla conueneuolezza della inuentione, ne toccherò forse alcuno, quando uerrò al paragone di Rafaello, e di Michel’ Agnolo. Fab. Vorrei, Signor Pietro, che non solamente tocaste gli estremi uitiosi, ne’ quali non caggiono, senon gli sciocchi; ma che ragionaste ancora di quelle parti, lequali confinano col uitio e con la uirtù: oue anco i grand’huomini alle olte inciampano. Aret. Questo farò. Ma stimate uoi, che fosse perauentura sciocco. Alberto Duro? Egli fu ualente Pittore, & in questa parte della inuentione stupendo. E, se l'istesso fosse nato cosi in Italia, come nacque in Germania (nella quale auenga, che in diuersi tempi ui habbiano fiorito ingegni nobilissimi, cosi nelle lettere, come in uarie arti, la perfettion della Pittura, non ui fu giamai) mi gioua a credere, ch’ei non sarebbe stato in feriore ad alcuno. E per testimonio di cio ui affermo, che l’istesso Rafaello non si recaua a uergogna di tener le carte di Alberto attaccate nel suo studio, e le lodaua grandemente. E, quando egli non hauesse hauuto altra eccellenza, basterebbe a farlo immortale l’intaglio delle sue stampe di rame: il quale intaglio con una minutezza incomparabile rappresenta il uero & il uiuo della natura, di modo, che le cose sue paiono non disegnate, ma dipinte; e non dipinte, ma uiue. Fab. Ho uedute alcune sue carte; lequali nel uero in questa parte m'hanno fatto stupire. Aret. Questo è quanto alla conueneuolezza. Quanto all'ordine, è mistiero, che’l Pittore uada di parte in parte rassembrando il successo della historia, che ha presa a dipingere, cosi propriamente, che i riguardanti stimino, che quel fatto non debba essere auenuto altrimenti di quello, che da lui è dipinto. Ne ponga quello, che ha ad essere inanzi, dapoi; ne quello, c’ha ad esser dapoi, inanzi, disponendo ordinatissimamente le cose, nel modo, che elle seguirono. Fab. Questo istesso insegna Aristotele nella sua Poetica a gli Scrittori di Tragedie e di Comedie. Aret. Ecco Timante, uno de’ lodati Pittori antichi; il quale dipinse Ifigenia, figliuola di Agamennone, di cui Euripide compose quella bella Tragedia, che fu tradotta dal Dolce, e ricitata qui in Vinegia alcuni anni sono: la dipinse dico inanzi all’altare, oue essa aspettaua di essere uccisa in sacrificio a Diana. & hauendo il Pittore nelle faccie de’ circostanti espressa diuersamente ogni imagine di dolore, non si assicurando di poterla dimostrar maggiore nel uolto del dolente padre, fece, che egli se lo copriua con un panno di lino, ouero col lembo della uesta: senza, che Timante ancora serbò in cio molto bene la conueneuolezza: perche essendo Agamennone padre, pareua, ch’e’ non douesse poter sofferire di ueder con gliocchi propri amazzar la figliuola. Fab. Bellissima nel uero inuentione fu questa. Aret. Parrhasio similmente, illustre Pittore di quella età, fece due figure: l’una delle quali contendendo della uittoria, pareua, che sudasse: l’altra si disarmaua, e sembraua, che ansasse. Questi due esempi di Pittori antichi possono dimostrar di quanta importanza al Pittore sia la inuentione; perche da lei deriuano, ouero seco si accompagnano tutte le belle parti del disegno: ne resterò piu inanzi di dirne alcuno de’ Pittori moderni. Non meno dee imaginarsi il Pittore i siti, e gli edifici simili alla qualità de’ paesi, in guisa, che non attribuisca ad uno quello, ch’è proprio dell'altro. Onde non fu molto prudente quel Pittore: il quale dipingendo Mosè, che con la uerga percotendo il sasso, ne fece uscir miracolosamente fuori l'acqua disiderata da gli Hebrei, finse un paese fertile, herboso, e cinto di uaghe Montagnette: si, perche la historia pone, che questo miracolo auenisse nel de serto: si ancora, perche ne’ luoghi fertili u’è sempre abondanza d'acqua. Fab. Bisogna certamente, che’l Pittore habbia un fiorito ingegno, & non dorma punto nella inuentione. Vedete, come bene Horatio nel principio della sua Poetica, scritta a i due Pisoni, volendo fauellar pur’della inuentione; e prendendo la similitudine dal Pittore, per essere il Poeta e’l Pittore, come s'è detto, insieme quasi fratelli, ci rappresenta una sconueneuolissima inuentione: il senso de i cui uersi puo esser tale. Se collo di cauallo a capo humano Alcun Pittor per suo capriccio aggiunga, Quello di uarie piume ricoprendo: E porga al corpo suo forma si strana, Che fra diuerse qualità di membra Habbia la coda di difforme pesce, E la testa accompagni un dolce aspetto Di uaga e leggiadrissima Donzella: A ueder cosa tal, sendo chiamati, Potreste amici ritener il riso? Aret. E questo al mio parere dinota, che in tutto il contenimento della historia, la quale abbracci molte figure, si faccia un corpo, che non discordi: come sarebbe, se io hauessi a dipingere il piouer della manna nel deserto, dourei fare, che tutti gli Hebrei, che in tal cosa si uanno rappresentando, con uarie attitudini raccogliessero questo cibo celeste, dimostrando allegrezza e disiderio grandissimo, in guisa, che non paresse, che alcuno si stesse in darno: come si uede nella carta di Rafaello: il quale oltre cio si ha imaginato un deserto uero con casamenti di legnami conuenienti al tempo & al luogo; e dato a Mosè effigie graue, uestendo lo di habito lungo, & hallo fatto di statura grande et augusta, dando insino alle Giudee uesti con raccami, si come elle usauano. Ne debbo tacere, poi che non si dee tacere la uerità, che intorno alla historia colui, che dipinse nella sala detta di sopra, appresso il quadro della battaglia dipinta da Titiano, la historia della scomunica, fatta da Papa Alessandro a Federico Barbarossa Imperadore, hauendo nella sua inuentione rappresentata Roma, uscì al mio parere sconciamente fuori della conueneuolezza a farui dentro que’ tanti Senatori Vinitiani, che fuor di proposito stanno a uedere: conciosia cosa, che non ha del uerisimile, che essi cosi tutti a un tempo ui si trouassero: ne hanno punto da far con la historia. Seruò bene (e diuinamente) all'incontro la conueneuolezza Titiano nel quadro, oue il detto Federica s'inchina & humilia inanzi il Papa, baciandogli il santo piede: hauendoui dipinto giudiciosamente il Bembo, il Nauagero, & il Sannazaro: che riguardano. Percioche quantunque l’auenimento di questa cosa fosse molti anni a dietro, i primi due sono imaginati in Vinegia patria loro; & non è lontano dal uero, che’l terzo ui sia stato. Senza che non era disconueneuole, che uno de’ primi Pittori del mondo lasciasse nelle sue publiche opere memoria dell'aspetto de’ tre primi Poeti e dotti huomini della nostra età: due de’ quali erano gentilhuomini Vinitiani, e l’altro fu tanto affettionato a questa nobilissima Città di Vinegia, che in un suo Epigramma l’antepose a Roma. L'epigramma ridotto nella lingua nostra è questo. Vedendo la Città d'Adria Nettuno Gloriosa sedersi in mezo a l’onde, E porre a tutto’l Mar legge & impero: Gioue, quanto a te par (stupendo disse) Del gran Monte Tarpeo ti gloria e uanta, E le mura di Marte apprezza e loda. Se inanzi al Mare il tuo bel Tebro poni, L’una e l'altra Città riguarda e mira: E si dirai tu poi: Quella hebbe forma Gia per le man de gli huomini mortali: Ma questa fabricar glieterni Dei. Il medesimo epigramma fu leggiadramente tradotto in un Sonetto dal uirtuosissimo giouane M. Giouan Mario Verdezotto: il quale molto di Pittura dilettandosi, l'accompagna con le lettere, alle uolte ancora egli disegnando e dipingendo. Aret. Sono cotali lode nel uero grandi ; ma degne di questa Città. Ora presuppongasi, che questo huomo da bene in cio non sia punto mancato di giudicio (che certo, quando quella inuentione non meriti laude per altro; si lo merita ella per la dignità di que’ rari Signori, che rappresenti essendo, che le imagini spesse uolte si riueriscono per la effigie di coloro, che elle contengono, se ben sono di mano di cattiui Maestri) mostrò di hauer bene hauuto poca consideratione alhora, ch’ei dipinse la Santa Margherita a cauallo del Serpente. Fab. Io niuna di queste opere ho ueduto. Ma della inuentione parmi hauere udito assai. Раssаte al disegno. Aret. Ho da dire ancora d'intorno alla materia della inuentione alquante parole: come, che ogni figura faccia bene la sua operatione. Onde se una siede, paia, che ella sieda commodamente: se sta in piede, fermi le piante de’ piedi in guisa, che non paia, che, trabbocchi: e se ella si muoue, sia il mouimento facile, e con le circostanze, che toccherò piu auanti. Et è impossibile, che’l Pittore possegga bene le parti, che conuengono alla inuentione, si per conto della historia, come della conueneuolezza, se non è pratico delle historie e delle fauole de’ Poeti. Onde si come è di grande utile a un letterato per le cose, che appartengono all'ufficio dello scriuere, il saper disegnare : cosi ancora sarebbe di molto beneficio alla profession del Pittore il saper lettere. Ma non essendo il Pittor letterato, sia almeno intendente, come io dico, delle historie, e delle Poesie, tenendo pratica di Poeti, e d’huomini dotti. Voglio ancora auertire, che quando il Pittore ua tentando ne’primi schizzi le fantasie, che genera nella sua mente la historia, non si dee contentar d'una sola, ma trouar piu inuentioni, e poi fare iscelta di quella, che meglio riesce, considerando tutte le cose insieme, e ciascuna separatamente: come soleua il medesimo Rafaello: il quale fu tanto ricco d’inuentione, che faceua sempre a quattro e sei modi, differenti l’uno dall'altro, una historia, e tutti hauenano gratia, e stauano bene. E guardi sopra tutto il Pittore di non incorrer nel uitio di colui, che hauendo cominciato a fare un bel uaso, lo fa riuscire in una scodella, o in altra cosa simile di uile e picciolo prezzo. Questo dico: perche auiene spesso, che'l Pittore si haurà imaginata alcuna bella inuentione, ne riuscirà poi in rappresentarla per debolezza delle suo forze. Onde dourà lasciarla, e prenderne un’altra, che possa condur bene, in tanto, ch’e’ non sia sforzato di far quello, che non era sua intentione. Fab. E questo auiene medesimamente a noi altri, che per pouertà di parole spesse uolte siamo astretti a scriuer cosa, che non haueuamo nel pensiero. Aret. Per quello, che s’è detto, appare, che la inuentione uien da due parti, dalla historia, e dall'ingegno del Pittore. Dalla historia egli ha semplicemente la materia. E dall’ingegno oltre all’ordine e la conueneuolezza, procedono l’attitudini, la uarietà, e la (per cosi dire) energia delle figure. ma questa è parte comune col disegno. Basta a dire, che in niuna parte di questa inuentione il Pittore sia ocioso: e non elegga piu, che un numerò conueneuole di figure, considerando, che egli le rappresenta all'occhio del riguardante: il quale confuso dalla troppa moltitudine s’infastidisce; ne è uerisimile, che in un tempo gli si appresentino inanzi tante cose. Fab. Cosi uogliono i giudiciosi, che si dia al Poema; e massimamente alle Comedie et alle Tragedie; una lunghezza mediocre, adducendo per ragione, che se una cosa animata è troppo grande, è abhorrita: se troppo picciola, uien dileggiata. Aret. E perche habbiamo ristretto il Pittore sotto queste leggi, si dell'ordine, come della conueneuolezza: non è che alle uolte egli, come il Poeta, non роssа prendersi qualche licenza, ma tale, che non trabbocchi nel uitio. Che non ista bene, che si accoppino insieme le cose piaceuoli, con le fiere : come i Serpenti con gli Vccelli, e gli Agnelli con le Tigri. Ma uengo al disegno. Il disegno, come ho detto, è la forma, che da il Pittore alle cose, che ua imitando: & è proprio un giramento di linee per diuerse uie, lequali formano le figure. Oue bisogna, che’l Pittore ponga ogni cura, e sparga del continouo ogni suo sudore: percioche una brutta forma toglie ogni laude a qual si uoglia bellissma inuentione: ne basta a un Pittore di esser bello inuentore, se non è parimente buon disegnatore: percioche la inuentione si appresenta per la forma; e la forma non è altro, che disegno. Deue adunque il Pittore procacciar non solo d’imitar, ma di superar la Natura. Dico superar la Natura in una parte: che nel resto è miracoloso, non pur, se ui arriua, ma quando ui si auicina. Questo è in dimostrar col mezo dell’arte in un corpo solo tutta quella perfettion di bellezza, che la natura non suol dimostrare a pena in mille. Perche non si troua un corpo humano cosi perfettamente bello, che non gli manchi alcuna parte. Onde habbiamo lo esempio di Zeusi; che hauendo a dipingere Helena nel Tempio de’ Crotoniati, elesse di uedere ignude cinque fanciulle: e togliendo quelle parti di bello dall’una che mancauano all'altra, ridusse la sua Helena a tanta perfettione, che ancora ne resta uiua la fama. Ilche puo anco seruire per ammonitione alla temerità di coloro, che fanno tutte le lor cose di pratica. Ma, se uogliono i Pittori senza fatica trouare un perfetto esempio di bella Donna, leggano quelle Stanze dell’Ariosto, nelle quali egli discriue mirabilmente le bellezze della Fata Alcina: e uedranno parimente, quanto i buoni Poeti siano ancora essi Pittori. le Stanze (che io le ho conseruate sempre, come Gioie bellissime, nel thesоro della memoria) sono queste. ,,Di persona era tanto ben formata, ,,Quanto me’ finger san Pittori industri. Ecco, che, quanto alla proportione, l’ingeniosissimo Ariosto assegna la migliore, che sappiano , formar le mani de’ piu eccellenti Pittori, usando questa uoce industri, per dinotar la diligenza, che conuiene al buono artefice. ,, Con bionda chioma lunga, & annodata: ,, Oro non è, che piu risplenda e lustri. Poteua l’ Ariosto nella guisa, che ha detto chioma bionda, dir chioma d'oro: ma gli parue forse, che haurebbe hauuto troppo del Poetico. Da che si puo ritrar, che’l Pittore dee imitar l’oro, e non metterlo (come fanno i Miniatori) nelle sue Pitture, in modo, che si possa dire, que’ capelli non sono d'oro, ma par che risplendano, come l’oro: ilche se ben non è cosa degna di auertimento, pur piacemi hauerla tocca. Et a questo proposito ricordomi hauer letto in Atheneo: che, quantunque si legga ne’ Poeti, Apollo con questo aggiunto di auricomo: che (come sapete) uuol dire chioma d'oro, non dee un Pittore, dipingendo la imagine di Apollo, farlo co’ capelli di oro, ne molto meno di color nero, che sarebbe maggior fallo: uolendo inferire, che l'ufficio del Pittore è d’imitare il proprio di qualunque cosa con le distintioni, che si conuengono. Spargeasi per la guancia delicata Misto color di rose e di ligustri. Qui l'Ariosto colorisce, & in questo suo colorire dimostra essere un Titiano. Ma non è hora da parlare di questa parte. Segue adunque. Di terso auorio era la fronte lieta, Che lo spatio finia con giusta meta. & aggiunge. Sotto duo negri e sottilissimi archi Son duo negr’occhi, anzi duo chiari Soli, Pietosi a riguardar , a mouer parchi, Intorno a cui par, ch’Amor scherzi e uoli, E ch’indi tutta la Faretra scharchi, E che uisibilmente i cori inuoli: Quindi il naso per mezo il viso scende, Che non troua l'inuidia, oue lo emende. Dipinge gliocchi neri; le cigla similmente nere e sortilissime; il naso, che discende giu, hauendo perauentura la consideratione a quelle forme de’ nasi, che si ueggono ne’ ritratti delle belle Romane antiche. Le altre Stanze seguirò senza punto interromperle. Bianca neue è il bel collo, e’l petto latte, Il collo è tondo, il petto colmo e largo: Due pome acerbe e pur d'auorio fatte Vengono e uan, come onda al primo margo, Quando piaceuol’aura il mar combatte. Non potria l'altre parti ueder Argo. Ben si puo giudicar, che corrisponde A quel, ch’appar di fuor, quel, che s’asconde. Mostra le braccia sua misura giusta, E la candida man spesso si uede, Lunghetta alquanto, e di larghezza angusta: Doue ne nodo appar, ne uena eccede. Si uede al fin de la persona augusta Il breue, asciutto, e ritondetto piede. Gli angelici sembianti nati in Cielo Non si ponno celar sotto alcun uelo. Quiui adunque entra una gran fatica: che quantunque la bellezza sia riposta nella proportione; questa proportione è diuersa: percioche la Natura uaria non meno nelle stature de glihuomini, che nelle effigie, e ne’ corpi. Onde alcuni se ne ueggono grandi, altri piccioli, altri mezani: altri carnosi, altri magri, altri delicati, altri muscolosi e robusti. Fab. Mi sarebbe grato , Signor Pietro , che qui mi deste qualche regola della misura del corpo humano. Aret. Farollo uolentieri, parendomi gran uergogna, che l'huomo ponga tanto studio in misurar la terra, il mare, et i cieli, e non sappia la misura di se stesso. Dico adunque, che hauendo la prudente Natura formata la testa dell’huomo, come rocca principale di tutta questa mirabil fabrica, ch’è chiamata picciol mondo, nella piu eleuata parte del corpo, tutte le parti di esso corpo debbono conueneuolmente prender da lei la loro misura. Diuidesi la testa, o diciamo faccia in tre parti : l'una dalla sommità della fronte, doue nascono i capegli, insino alle ciglia: l'altra dalle ciglia insino alla estremità delle narigie: l’ultima dalle narigie insino al mento. La prima è tenuta seggio della sapienza: la seconda della bellezza: e la terza della bontà. Dieci adunque teste, secondo alcuni, forniscono il corpo humano: e secondo altri noue, & otto, & anco sette. Scriuono Autori celebratissimi, che e’ non puo crescere in lunghezza piu, che sette piedi: e la misura del piede sono sedici dita. La misura del mezo della lunghezza si piglia dal membro genitale : e il centro del medesimo corpo humano è naturalmente l’ombilico. Onde ponendosi l’huomo con le braccia distese, e tirando linee dall'ombilico insino alla estremità de’ piedi, e delle dita delle mani, fa un cerchio perfetto. Le ciglia giunte insieme formano ambedue i cerchi de gliocchi. i semicircoli delle orecchie debbono esser, quanto è la bocca aperta: la larghezza del naso sopra la bocca, quanto è lungo un'occhio. Il naso si forma dalla lunghezza el labro, e tanto è un'occhio lontano dall'altro, quanto è lungo esso occhio : e tanto la orecchia dal naso, quanto è lungo il dito di mezo della mano. Poi la mano uuole esser, quanto è il uolto. Il bracchio è due uolte e mezo grozzo, quanto è il dito grosso: la coscia è grossa una uolta e mesa , come il braccio. Dirò la lunghezza piu distinta. Dalla sommità del capo insino alla punta del naso si fa una faccia: e da questa punta insino alla sommità del petto, che è l’osso forcolare, si fa la seconda: e dalla sommità del petto insino alla bocca dello sto- maco u’ha la terza: da quella insino all'ombilico si contiene la quarta; e insino a membri genitali la quinta: che è apunto la metà del corpo, lasciando da parte il capo. D'indi in poi la coscia insino al ginocchio contien due faccie, e dal ginocchio alla pianta de’ piedi contengonuisi le altre tre. Le braccia in lunghezza sono tre faccie, cominciando dal legamento della spalla insino alla giuntura della mano. La distanza, ch’è dal calcagno al collo del piede, è dal medesimo collo insino alle estremità delle dita. E la grossezza dell’huomo cingendolo sotto le braccia, è giusto la metà della lunghezza. Fab. Queste misure molto importano a chi uuol fare una figura proportionata. Aret. Deuesi adunque elegger la forma piu perfetta, imitando parte la Natura. Ilche faceua Apelle: il quale ritrasse la sua tanto celebrata Venere, che usciua dal Mare (di cui disse Ouidio, che se Apelle non l’hauesse dipinta, ella sarebbe sempre stata sommersa fra le onde) da Frine, famosissima cortigiana della sua età; & ancora Prasitele cauò la bella statua della sua Venere Gnidia dalla medesima giouane. E parte si debbono imitar le belle figure di marmo. ò di bronzo de’ Maestri antichi. La mirabile perfettion dellequali chi gusterà e possederà a pieno, potrà sicuramente corregger molti di fetti di essa Natura, e far le sue Pitture riguardeuoli e grate a ciascuno: percioche le cose antiche contengono tutta la perfettion dell'arte, e possono essere esemplari di tutto il bello. Fab. E ben dritto, che hauendo gli antichi, cosi Greсі, сome Latini , hauuta la maggioranza nelle lettere, l'habbiano similmente ottenuta in queste due arti, cioè Pittura e Scultura; lequali molto piu al pregio loro si auicinano. Aret. Essendo adunque il principal fondamento del disegno la proportione, chi questa meglio osserverà, fia in еsso miglior Maestro. E per fare un corpo perfetto, oltre alla imitatione ordinaria della Natura, essendo anco mestiero d'imitar gli antichi, è da sapere, che questa imitatione vuole esser fatta con buon giudicio, di modo, che credendo noi imitar le parti buone, non imitiamo le cattiue . Come ueggendo, che gli antichi faceuano le lor figure per lo piu suelte, u’è stato alcun Pittore, che serbando sempre questo colume, è spesso trappassato nel troppo; e quello, ch'era virtù, ha fatto diuenir uitio. Altri si sono messa fare alle teste, (massimamente delle donne) il collo lungo; tra, per che hanno ueduto per la maggior parte nelle imagini delle antiche Romane i colli lunghi, e perche i corti non hanno gratia: ma sono ancora essi passsati nel troppo, e la piaceuolezza hanno riuolta in disgratia. Fab. Questi percerto sono utili auertimenti. Aret. Ora habbiamo a considerar l’huomo in due modi, cioè nudo e uestito. Se lo formiamo nudo, lo possiamo far di due maniere: cioè o pieno di muscoli, o delicato: laqual delicatezza da Pittori è chiamata dolcezza. E quiui ancora è mestiero, che si serbi la conueneuolezza, che habbiamo data alla inuentione. Percioche, se il Pittore ha da far Sansone, non gli dee atttibuir morbidezza e delicatezza da Ganimede: ne se ha da far Ganimede, dee ricercare in lui nerui e robustità da Sansone. Cosi ancora, se dipinge un putto, dee dargli membri da putto: ne dee fare un uecchio con sentimenti da giouane, ne un giouane con que’ da fanciullo. Il simile è conueneuole, che si osserui in una Donna, distinguendo sesso da sesso, & età da età, e dando a ciascuno conuenientemente le parti sue . Ne solo in diuerse qualità di figure convengono diuerse persone & aspetti; ma anco le medesime le piu uolte si uanno uariando: percioche altrimenti si formerà Cesare, rappresentandolo, quando era Consolo: altrimenti, quando era Capitano, & altrimenti: quando era Imperadore. Cosi nel fare Hercole, il Pittore se lo imaginerà in un modo combattendo con Antheo, in altro portando il uelo, in altro, quando abbraccia Deianira, & in altro, mentre egli ua cercando il suo Hila. Però tutti gliatti, e tutte le guise serberanno la conueneuolezza di Hercole e di Cesare. È arco da auertire a non discordare in un corpo stesso, cioè a non fare una parte carnosa, e l'altra magra, una muscolosa, e l'altra delicata. È uero, che facendo la figura alcun'atto faticoso, o portando qualche peso, o mouendo un braccio, o altra cosa; in quella parte della fatica, del peso, e del mouimento, è mestiero, che salti in fuori alcun muscolo molto piu, che non fa nelle riposate, ma non tanto, che disconuenga, Fab. Poi, che hauete diuiso il nudo in muscoloso e delicato, uorrei, che mi diceste, qual di questi due è piu da prezzarsi. Aret. Io stimo, che un corpo delicato debba anteporsi al muscoloso. e la ragione è questa, ch’è maggior fatica nell'arte a imitar le carni, che l’ossa: perche in quelle non ci ua altro, che durezza, e in queste solo si contiene la tenerezza, ch'è la piu difficil parte della Pittura, in tanto, che pochissimi Pittori l'hanno mai saputa esprimere, o la esprimono hoggidì nelle cose loro basteuolmente. Chi adunque ua ricercando minutamente i muscoli, cerca ben di mostrar l’ossature a luoghi loro: ilche è lodeuole: ma spesse uolte fa l’huomo scorticato, o secco, o brutto da uedere: ma chi fa il delicato, accenna gliossi, oue bisogna, ma gli ricopre dolcemente di carne, e riempie il nudo di gratia. E se uoi qui mi diceste, che ne’ ricercamenti de’ nudi si conosce, se il Pittore è intendente della Notomia, parte molto bisogneuole al Pittore; perche senza le ossa non si puo formar ne uestir di carni l’huomo: ui rispondo, che’l medesimo si comprende ne gliaccennamenti e macature. E per conchiudere, oltre che all'occhio naturalmente aggradisce piu un nudo gentile e delicato, che un robusto e muscoloso, ui rimetto alle cose de gli antichi: i quali per lo piu hanno usato di far le lor figure delicatissime. Fab. La delicatezza delle membra piu appartiene alla Donna, che all’huomo. Aret. Questo è uero, e ue l’ho detto di sopra, facendo motto, che non bisogna confondere i sessi. Ma non è però, che non si trouino moltissimi huomini delicati: come sono per lo piu i gentilhuomini, senza ch’e’ trappassino ne a conformità di Donna, ne di Ganimede. È uero, che alcuni Pittori danno alla loro ignoranza nome di delicatezza: percioche sono molti, che non sapendo la positura ne il collegamento de gliossi, non fanno o ueruno, o pochissimo accennamento, doue essi stanno, ma con i principali d'intorni solamente conducono le loro figure. & all’incontro non pochi, i quali muscolandole e ricercandole di souerchio, e fuor di luogo, si danno a credere di essere in disegno Michel’Agnoli, oue essi uengono dilegiati per goffi da coloro, che hanno giudicio: percioche puo auenire, che alcun Pittore haurà cauato o dall’antico o da qualche ualente Pittor moderno, (o sia Michel’Agnolo, o Rafaello, o Titiano, o altro) qualche parte buona, ma non sapendo metterla al suo luogo, ella riuscirà disgratiatissima, come auerrebbe a ueder l’occhio, che è la piu bella e gratiosa parte del corpo, attaccato con una orecchia, o nel mezo della fronte: di tanta importanza è a poner le cose in luogo, o fuor di luogo. Fab. Bellissima similitudine. Aret. Seguita la varietà, la quale dee esser abbracciata dal Pittore; come parte tanto necessaria, che senza lei la bellezza e l’artificio diuien satieuole. Deue adunque il Pittore uariar teste, mani, piedi, corpi, atti, e qualunque parte del corpo humano: considerando, che questa è la principal marauiglia della Natura ; che in tante migliaia d'huomini, a pena due o pochissimi si trouano, che si assomiglino tra loro in differenza. Fab. Certo un Pittore, che non è uario, si puo dire, che non sia nulla, e questo è anco proprissimo del Poeta. Aret. Ma in tal parte è ancora da auertire di non in correr nel troppo: percioche sono alcuni, che hauendo dipunto un giouane, gli fanno allato un uecchio, o un fanciullo, e cosi accanto una giouane una uecchia : e parimente hauendo fatto un uolto in profilo, ne fanno un'altro in maestà, o con un'occhio e mezo. Fab. Non intendo quello, che sia maestà, ne un'occhio e mezo. Aret. Chiamano i Pittori un uolto in maestà, quando si fa tutta la faccia intera, che non gira piu ad una parte, che ad altra: e un'occhio e mezo, quando il uiso suolta in guisa , che si uede l’un de gliocchi intero, e l'altro non piu, che mezo: ma queste sono cose facili. Fab. Io non le sapeua. Aret. Se haueranno appresso fatto un’ huomo uolto in ischiena, ne faranno subito un'altro, che dimostri le parti dinanzi, e uanno sempre continuando un tale ordine. Questa uarietà io non riprendo: ma dico, che essendo l'ufficio del Pittore d'imitar la Natura, non bisogna, che la uarietà appaia studiosamente ricercata, ma fatta a caso. Però dee uscir dell’ordine, & alle uolte far due o tre d'una età, d'un sesso, e d’un’attitudine: pur che si dimostri uario ne’ uolti, e uarij le attitudine e i panni. Aret. A questo proposito si conformano molto questi uersi del giudiciosissimo Horatio nella sua Poetica. Colui, che uariar cerca una cosa Piu de l'honesto, fa, qual, chi dipinge Ne le selue il Delfino, e’l Porco in mare. Aret. Resta a dire delle mouentie, parte ancora ella necessarissima, & aggradeuole, e di stupore: che aggradeuole è nel uero, e fa stupir gliocchi de’riguardanti, uedere in sasso, in tela, o in legno una cosa inanimata, che par, che si moua. Ma queste mouentie non debbono esser continue, e in tutte le figure: perche gli huomini sempre non si mouono: ne fiere si, che paiano da disperati: ma bisogna temperarle, uariarle, & anco da parte lasciarle, secondo la diuersità e condition de’soggetti . È spesso è piu diletteuole un posar leggiadro, che un mouimento sforzato e fuori di tempo. È mestiero ancora, che tutte facciano bene (come ho detto parlando dell’inuentione) lufficio loro, in modo, che se uno haurà a tirare un colpo di spada, il mouimento del braccio sia gagliardo, e le mano stringa il manico, nella guisa, che conviene: e se alcuno corre, dimostri, che ogni parte del corpo serua al corso: e se è uestito, che'l uento ferisca ne’ panni uerisimilmente: considerationi tutte importanti, e che non entrano nella mente de’goffi. Fab. Chi non serba questo, bisogna, che lasci di dipingere. Aret. Auiene anco, che le figure o tutte, o alcuna parte di esse scortino. Laqual cosa non si puo far senza gran giudicio e discretione. Ma si debbono al mio parere gli scorti usar di rado: perche essi, quanto sono piu rari, tanto porgono maggior marauiglia: & alhora molto piu, quandо il Pittore astretto dal luogo , per uia di questi fa in picciol campo stare una gran figura: & anco gli puo usare alle uolte per dimostrar, che gli sa fare. Fab. Ho inteso, che gli scorti sono una delle principali difficultà dell’arte. Onde io crederei, che chi piu spesso gli mettesse in opera, piu meritasse laude. Aret. Bisogna, che uoi sappiate , che’l Pittore non dee procacciar laude da una parte sola, ma da tutte quelle, che ricercano alla Pittura, e piu da quelle, che piu dilettano. Percioche essendo la Pittura trouata principalmente per dilettare, se’l Pittor non diletta, se ne sta oscuro e senza nome. E questo diletto non intendo io quello, che pasce gliocchi del uolgo, o anco de gl’intendenti la prima uolta, ma quello, che cresce, quanto piu l'occhio di qualunque huomo ritorna a riguardare: come occorre ne' buoni poemi: che quanto piu si leggono, tanto piu dilettano, e piu accrescono il desiderio nell'animo altrui di rileggere le cose lette. Gli scorti sono intesi da pochi. onde a pochi dilettano, & anco a gl'intendenti alle uolte piu apportano fastidio, che dilettatione. Vuo ben dire, che, quando e’ sono ben fatti, ingannano la uista di chi mira, stimando spesso il riguardante, che quella parte, che non è lunga un palmo, sia a debita misura e proportione. Di qui leggiamo in Plinio, che Apelle dipinse Alessandro Magno nel Tempio di Diana Efesia con un folgore in mano: oue pareua, che le dita fossero rileuate, e che’l folgore uscisse della tauola. Ilche non poteua. Apelle hauer finto, senon per uia di scorti. Ma pure io son di parere, che per le cagioni dette essi non si uadano a bello studio sempre ricercando: anzi dico rade uolte, per non turbare il diletto . Fab. Io, se fossi Pittore, gli userei non gia sempre, ma si bene spesse uolte, stimando di douerne ritrar maggior honore, che, quando poche uolte gli facessi . Aret. Voi sete nato libero, e potreste operare a modo uostro: ma ui dico bene, che appresso altro ci uuole per esser buono e compiuto Pittore. Et una sola figura, che conueneuolmente scorti, basta a dimostrare, che'l Pittor uolendo, le saprebbe fare iscortar tutte. Del rileuo, che bisogna dare alle figure, dirò parlando del colorito. Fab. Senza questa parte, le figure paiono quel, ch’elle sono: cioè piane, e dipinte. Aret. Ho detto dell'huomo ignudo, seguirò hora del uestito, ma poche parole: perche, quanto alla conueneuolezza, si dee (come ho detto) conformar l’habito al costume delle nationi, e delle conditioni. E, se’l Pittor farà uno Apostolo, non lo uestirà alla corta: ne meno uolendo fare un Capitano, gli metterà in dosso una uesta (dirò cosi) a maneghe a comeo. E, quanto à panni, dee hauere il Pittor riguardo alla qualità loro. Perche altre pieghe fa il uelluto, & altre l’ormigino: altre un sottil lino, & altre un grosso grigio. È mestiero similmente di ordinar queste pieghe a luoghi loro in guisa, che elle dimostrino il disotto, e uadano maestreuolmente aggirando per la uia, che debbono: ma non si, che taglino, o che il drappo paia attaccato alle carni. E, si come la troppa sodezza fa la figura pouera, e non la rende garbata; cosi le molte falde generano confusione, e non piacciono. Bisogna adunque usare ancora in questo quel mezo, che in tutte le cose è lodato. Fab. Non picciola laude merita, chi ben ueste le sue figure. Aret. Vengo al colorito. Di questo, quanto esso importi, ce ne danno basteuole esempio que’ Pittori, che gli uccelli, e i caualli ingannarono. Fab. Non mi souiene di questi inganni. Aret. È noto insino a fanciulli, che Zeusi dipinse alcune uue tanto simili al uero, che gli uccelli a quelle uolauano, credendole uere uue. Et Apelle hauendo dimostri alcuni dipinti caualli di diuersi Pittori a certi caualli ueri, essi stettero cheti, senza, che apparisse in loro segno, che essi gli conoscessero per caualli: ma poi, che egli appresentò loro un suo quadro, oue era un cauallo di sua mano dipinto : quei caualli subito al ueder di questo annitrirono. Fab. Gran testimonio della eccellenza di Apelle. Aret. Potete ancora hauer letto, che Parrhasio contendendo con Zeusi, mise in publico una tauola, nella quale altro non era dipinto, fuor che un panno di lino, che pareua, che occultasse alcuna Pittura, si fattamente simile al naturale, che Zeusi piu uolte hebbe a dire, che lo le uasse, e lasciasse uedere la sua Pittura, credendo lo uero. Ma nel fine conosciuto il suo errore, si chiamò da lui uinto; essendo che esso haueua ingannato gli uccelli, e Parrhasio lui, che ne era stato il maestro, che gli haueua dipinti. Prothogene uolendo ancora egli dimostrar con la similitudine de’ colori certa schiuma, che uscisse di bocca a un cauallo tutto stanco & affannato, da lui dipinto, hauendo ricerco piu uolte, mutando colori, d'imitare il uero, non si contentando, nel fine disperato, trasse la spugna, nella quale forbiua i pennelli, alla bocca del cauallo; e trouò, che'l caso fece quello effetto, che egli non haueua saputo far con l'arte. Fab. Non fu adunque la lode del Pittore, ma del caso. Aret. Questo serue alla molta cura, che poneuano gli antichi nel colorire, perche le cose loro imirassero il uero. E certo il colorito è di tanta importanza e forza, che quando il Pittore ua imitando bene le tinte e la morbidezza delle carni, e la proprietà di qualunque cosa, fa parer le sue Pitture uiue, e tali, che lor non manchino altro, che’l fiato. È la principal parte del colorito il contendimento, che fa il lume con l'ombra: a che si da un mezo, che unisce l’un contrario con l'altro; e fa parer le figure tonde, e piu e meno (secondo il bisogno) distanti, douendo il Pittore auertire, che nel collocarle elle non facciano confusione. In che è dibisogno parimente di hauer buona cognitione di Prospettiua per il diminuir delle cose, che sfuggono, e si fingono lontane. Ma bisogna hauer sempre l’occhio intento alle tinte principalmente delle carni, & alla morbidezza. Percioche molti ue ne fanno alcune, che paiono di Porfido, si nel colore, come in durezza: e le ombre sono troppo fiere, e le piu uolte finiscono in puro negro. Molti le fanno troppo bianche, molti troppo rosse . Io per me bramerei un colore anzi bruno, che sconueneuolmente blanco: e sbandirei dalle mie Pitture comunemente quelle guancie uermiglie con le labbra di corallo: perche cosi fatti uolti paion mascare. Il bruno si legge essere stato frequentato da Apelle. Onde Propertio riprendendo la sua Cinthia, che adoperaua i lisci, dice, che egli disideraua, che ella dimostrasse una tale schiettezza e purità di colore, qual si uedeua nelle tauole di Apelle. È uero, che queste tinte si debbono uariare, & hauer parimente consideratione a i sessi, alle età, & alle conditioni. Ai sessi: che altro colore generalmente conuiene alle carni d'una giouane, & altro ancora d'un giouane: all'età, che altro si richiede a una uecchia, & altro a un uecchio. Et alle conditioni: che non ricerca a un contadino quello, che appartiene a un gentil’huomo. Fab. Di queste cattiue tinte parmi, che si uegga assai notabile esempio in una tauola di Lorenzo Loto, che è qui in Vinegia nella Chiesa de’ Carmini . Aret. Non ci mancano esempi d'altri Pittori, de’ quali se io facessi in lor presenza mentione, essi torcerebbono il naso. Ora bisogna che la mescolanza de’ colori sia sfumata & unita di modo, che rappresenti il naturale, e non resti cosa, che offenda gliocchi: come sono le linee de’ con torni, lequali si debbono fuggire (che la Natura non le fa) e la negrezza, ch’io dico dell’ombre fiere e disunite. Questi lumi & ombre posti con giudicio & arte fanno tondeggiar le figure: e danno loro il rileuo, che si ricerca: delqual rileuo le figure, che sono priue, paiono, come ben diceste, dipinte, percioche resta la superficie piana. Chi adunque ha questa parte, ne ha una delle piu importanti. Cosi la principal difficultà del colorito è posta nella imitation delle carni, e consiste nella uarietà delle tinte, e nella morbidezza. Bisogna dipoi sapere imitare il color de’ panni, la seta, l’oro, & ogni qualità cosi bene, che paia di ueder la durezza, o la tenerezza piu e meno, secondo che alla condition del panno si conuiene. saper fingere il lustro delle armi, il fosco della notte, la chiarezza del giorno; lampi, fuochi, lumi, acqua, terra, sassi, herbe, arbori, frondi, fiori, frutti, edifici, casamenti, animali, e si fatte cose tanto a pieno, che elle habbiano tutte del uiuo, e non satino mai gliocchi di chi le mira. Ne creda alcuno, che la forza del colorito consista nella scelta de’ bei colori : come belle lache, bei azurri, bei uerdi, e simili; percioche questi colori sono belli parimente, senza, che e’si mettano in opera: ma nel sapergli maneggiare conueneuolmente. Ho conosciuto io in questa città un Pittore, che imitaua benissimo il Zambellotto, ma non sapeua uestire il nudo, e pareua, che quello fosse non panno, ma una pezza di zambellotto gettata sopra la figura a caso. Altri in contrario non fanno imitar la diuersità delle tinte de’panni, ma pongono solamente i colori pieni, come essi stanno, in guisa, che nelle opere loro non si ha a lodare altro, che i colori. Fab. In questo mi pare, che ci si uoglia una certa conueneuole sprezzatura, in modo, che non ci sia ne troppa uaghezza di colorito, ne troppa politezza di figure : ma si uegga nel tutto una amabile sodezza. Percioche sono alcuni Pittori, che fanno le lor figure si fattamente pulite, che paiono sbellettate, con acconciature di capegli ordinati con tanto studio, che pur uno non esce dell'ordine. Ilche è uitio e non uirtù: perche si cade nell'affettatione, che priua di gratia qualunque cosa. Onde il giudicioso Petrarca parlando del capello della sua Laura, chiamollo, Negletto ad arte, innanellato, & hirto. Et di qui auertisce Horatio, che si debbano leuar uia da i Poemi gli ornamenti ambitiosi. Fab. Bisogna sopra tutto fuggire la troppa diligenza, che in tutte le cose nuoce. Onde Apelle soleua dire, che Prothogene (se io non prendo errore) in ciascuna parte del dipingere gli era eguale, e forse superiore: ma egli in una cosa il uinceua; e questa era, ch'ei non sapeua leuar la mano dalla Pittura. Fab. O quanto la souerchia diligenza è anco dannosa ne gli Scrittori: percioche, oue si conosce fatica, iui necessariamente è durezza et affettatione, la quale è sempre abhorrita da chi legge. Aret. Finalmente ricerca al Pittore un'altra parte: della quale la Pittura, ch'è priua, riman, come si dice, fredda, & è a guisa di corpo morto; che non opera cosa ueruna. Questo è, che bisogna, che le figure mouano glianimi de’riguardanti, alcune turbandogli, altre rallegrandogli, altre sospingendogli a pietà, & altre a sdegno, secondo la qualità della historia. Altrimentire puti il Pittore di non hauer fatto nulla: perche questo è il condimento di tutte le sue uirtù: come auiene parimente al Poeta, all'Historico, & all’Oratore: che se le cose scritte o recitate mancano di questa forza, mancano elle ancora di spirito e di uita. Ne puo mouere il Pittore, se prima nel far delle figure non sente nel suo animo quelle passioni, o diciamo affetti, che uuole imprimere in quello d'altrui. Onde dice il tante uolte allegato Horatio, se uuoi, ch'io pianga, è mestiero, che tu auanti ti dolga teco. Ne è possibile, che alcuno con la man fredda riscaldi colui, ch'egli tocca. Ma Dante ristringe bene la perfetta eccellenza del Pittore in questi uersi. ,, Morte li morti, e i uiui parean uiui, ,, Non uide me’ di me chi uide il uero. E benche il peruenire alla perfettione della eccellenza della Pittura, alla quale fa mestiero di tante cose, sia impresa malageuole & faticosa, e gratia dalla liberalità de’ cieli conceduta à pochi (che nel uero bisogna, che’l Pittore, cosi bene, come il Poeta, nasca, e sia figliuolo della Natura) non è da credere, (come toccai da prima) che ci sia una sola forma del perfetto dipingere: anzi, perche le complessioni de gli huomini, e gli humori sono diuersi, cosi ne nascono diuerse maniere: e ciascuno segue quella; a cui è inchinato naturalmente. Di qui ne nacquero Pittori diuersi; alcuni piaceuoli, altri terribili, altri uaghi, et altri ripieni di grandezza e di maestà: come ueggiamo medesimamente trouarsi ne gl’ Historici , ne’ Poeti, e ne gli Oratori. Ma di questo diremo un poco piu auanti: percioche hora io uoglio uenire al paragone per cui è nato questo ragionamento. Fab. E buona pezza, ch'io attendo, che ci uegniate. Aret. Questo poco, che ho detto, è in uniuersale tutto quello , che appartiene alla Pittura. Se sarete disideroso d’intendere alcuni particolari, potrete leggere il libretto, che scrisse della Pittura Leon Battista Alberti, tradotto felicemente, come tutte le altre sue cose, da M. Lodouico Domenichi: e l’opera del Vasari. Fab. Parmi, che basti non solo a perfettamente giudicar, ma anco a perfettamente dipingere, questo tanto, che n'hauete fauellato: percioche le altre cose per lo piu consistono nell’essercitio e nella pratica. E fra quante mi hauete detto, me ne piacciono sommamente due: l’una, che bisogna, che le Pitture mouano: l’altra, che'l Pittore nasca. Percioche ci si ueggono molti, che alla parte della industria non hanno mancato; e si sono affaticati lungo tempo ne’ rilieui, e nelle cose uiue; e mai non hanno potuto passare un mediocre termino. Altri, che per un tempo hanno dimostro principi, grandissimi, et hanno caminato un pezzo auanti scorti dalla Natura, e poi da lei abandonati, sono tornati all'indietro, riuscendo nulla. Onde si puo ridur benissimo a cotal proposito quei uersi sententiosissimi dell’ Ariosto, col mutamento di due parole. Sono i Poeti & i Pittori pochi; Pittori, che non sian del nome indegni, Poi, quanto al mouimento, poche Pitture ho io ueduto qui in Vinegia (leuandone quelle del Diuin Titiano) che mouano. Aret. Ricercando adunque tutte le parti, che si richieggono al Pittore, troueremo, che Michel’Agnolo ne possede una sola, che è il disegno, e che Rafaello le possedeua tutte: o almeno (per che l'huomo non puo esser Dio, a cui niuna cosa manca) la maggior parte; e se gli mancò alcuna cosa, quella essere stata pochissima, e di picciolo momento. Fab. Prouatelo. Aret. Prima, quanto alla inuentione, chi riguarda bene, e considera minutamente le Pitture dell’uno e dell'altro, trouerà, Rafaello hauer mirabilmente osseruato tutto quello, che a questa appartiene; e Michel’Agnolo o niente o poco. Fab. Mi par cio una gran disuguaglianza di paragone. Aret. Non dico di piu del uero. Et uditemi con pacienza. Per lasciar da parte cio che richiede all'Historia (in che Rafaello imitò talmente gli Scrittori, che spesso il giudicio de gl’intendenti si moue a credere, che questo Pittore habbia le cose meglio dipinte, che essi discritte; o almeno, che seco giostri di pari,) e parlando della conueneuolezza, Rafaello non se ne dipartì giamai: ma fece i putti putti, cioè morbidettie teneri: gli huomini robusti, e le donne con quella delicatezza, che conuien loro. Fab. Non ha serbata il gran Michel’Agnolo ancora egli questa conueneuolezza? Aret. Se io uoglio piacere a uoi, & a suoi fautori, dirò che si: ma se debbo dir la uerità, u’affermo di no. Che se ben uedete nelle Pitture di Michel’Agnolo la distintione in general dell'età e de’ sessi (cosa, che sanno far tutti) non la trouerete gia partitamente ne muscoli. Ne uoglio stare a metter mano nelle sue cose; si per a riuerenza, ch'io gli porto, e che si dee portare a cotale huomo: si perche non è necessario. Ma che direte uoi della honestà? Pare a uoi, che si conuenga, per dimostrar le difficultà dell'arte di scoprir sempre senza rispetto quelle parti delle figure ignude, che la uergogna e la honestà celate tengono: non hauendo riguardo ne alla santità delle persone, che si rappresentano, ne al luogo, oue stanno dipinte? Fab. Voi siete troppo rigido e scropuloso. Aret. Chi ardirà di affermar, che stia bene, che nella Chiesia di San Pietro, Prencipe de gli Apostoli, in una Roma, oue concorre tutto il mondo: nella cappella del Pontefice; il quale, come ben dice il Bembo, in terra ne assembra Dio, si ueggano dipinti tanti ignudi, che dimostrano dishonestamente dritti e riuersi: cosa nel uero (fauellando con ogni sommessione) di quel santissimo luogo indegna. Ecco, che le leggi prohibiscono, che non si stampino libri dishonesti: quanto maggiormente si debbono prohibir simili Pitture. Percioche pare egli forse a uoi, che elle mouano le menti de’ riguardanti a diuotione ? o le alzino alla contemplatione delle cose diuine? Ma concedasi a Michel’Agnolo per la sua gran uirtù quello, che non si concederebbe a uerun’altro. Et a noi sia lecito ancora di dire il uero. E se non è lecito, non uoglio anco hauer detto questo : benche io no'l dica per mordere, ne per mostrar, ch'io solo sappia. Fab. Gliocchi sani, Signor Pietro, non si corrompono, o scandalizzano punto per ueder dipinte le cose della Natura: ne gl'infermi riguardano che che sia con sanamente. E potete comprendere, che quando cio fosse di tanto cattiuo esempio, non si comporterebbe. Ma poi, che andate ponderando le cose con la seuerità di Socrate, ui dimando, se egli ancora pare a uoi che Rafaello dimostrasse honestà, quando dissegnò in carte, e fece intagliare a Marc’Antonio in rame quelle donne et huomini, che lasciuamente, & anco dishonestamente si abbracciano? Aret. Io ui potrei rispondere, che Rafaello non ne fu inuentore, ma Giulio Romano suo creato et herede. Ma posto pure, ch'egli le hauesse o tutte, o parte disegnate, non le publicò per le piazze ne per le Chiese: ma uennero esse alle mani di Marc’Antonio, che per trarne utile l’intagliò al Bauiera. Ilqual Marc’Antonio, se non era l'opera mia, sarebbe stato da Papa Leone della sua temerità degnamente punito. Fab. Questa è una coperta sopra l’aloè di zucchero fino. Aret. Io non mi discosto punto dalla uerità. Ne si disconuiene al Pittore di fare alle uolte per giuoco simili cose: come gia alcuni Poeti antichi scherzarono lasciuamente in gratia di Mecenate sopra la imagine di Priapo per honorare i suoi horti. Ma in publico, e massimamente in luoghi sacri e in soggetti diuini: si dee hauer sempre riguardo alla honestà. E sarebbe assai meglio, che quelle figure di Michel’Agnolo fossero piu abondeuoli in honestà, e manco perfette in disegno, che, come si uede, perfettissime e dishonestissime. Ma questa honestà usò sempre il buon Rafaello in tutte le cose sue in tanto, che, quantunque egli desse generalmente alle sue figure un'aria dolce e gentile, che inuaghisce et infiamma: nondimeno ne i uolti delle sante, & sopra tutto della Vergine, madre del Signore, serbò sempre un non so che di santità e di diuinità (e non pur ne’ uolti, ma in tutti i lor mouimenti) che par, che leui dalla mente de glihuomini ogni reo pensiero. Onde in questa parte della inuentione, si d'intorno alla historia, quanto alla conueneuolezza, Rafaello è superiore. Fab. Non so, quanto al componimento della Historia, che Michel’Agnolo ceda a Rafaello : anzi tengo il contrario: cioè, che Michel’ Agnolo nel ninca d’assai. Percioche odo dire, che nell'ordine del suo stupendo Giudicio si contengono alcuni sensi allegorici profondissmi, i quali uengono intesi da pochi. Aret. In questo meriterebbe lode, essendo che parrebbe, ch'egli hauesse imitato quei gran Filosofi, che nascondeuano sotto uelo di Poesia misteri grandissimi della Filosofia humana e diuina, affine ch’e’ non fossero intesi dal uolgo: quasi che non uolessero gettare a Porci le Margherite. E questo uorrei io ancora credere, che fosse stato l’intendimento di Michel’Agnolo, se non si uedessero nel medesimo Guidicio alcune cose ridicole. Fab. E quali cose ridicole sono queste? Aret. Non è cosa ridicola l’hauersi imaginato in cielo tra la moltitudine dell’anime beate alcuni, che teneramente si baciano; oue dourebbono essere intenti e col pensiero leuati alla diuina contemplatione, et alla futura sentenza: massimamente in un giorno si terribile, come leggiamo e indubitatamente crediamo, che habbia ad esser quello del giudicio nel quale si canta nel sacro Hinno, che stupirà la morte e parimente la Natura: douendo risuscitare in tal giorno la humana generatione, la quale haurà a render partitamente ragione delle buone e delle ree operationi, da lei fatte in uita, all'eterno giudice delle cose. Poi, che senso mistico si puo cauare dallo hauer dipinto Christo sbarbato? o dal uedere un Diauolo, che tira in giu con la mano, aggrappata ne’ testicoli, una gran figura , che per dolore si morde il dito? Ma di gratia non mi fare andar piu auanti, accioche non paia, ch'io dica male d'un huomo, che per altro è diuino. Fab. Vi ritorno a dire, che la sua inuentione è ingegnosissima, e da pochi intesa. Aret. Non mi par molta lode, che gliocchi de’ fanciulli, e delle matrone e donzelle, ueggano apertamente in quelle figure la dishonestà, che dimostrano, e solo i dotti intendano la profondità delle allegorie, che nascondono. Ma io ui dirò di lui, come dicono, che hebbe a dire un dotto e Santo huomo di Persio Poeta Satirico, il quale è oscurissimo fuor di modo. Se non uuoi essere inteso, ne io uoglio interderti: e con queste parale lo trasse in fuoco, facendone conueniente sacrificio a Vulcano: cosi uoglio dire io, poi che Michel’Agnolo non uuole, che le sue inuentioni uengano intese, senon da pochi e dotti, io, che di questi pochi e dotti non sono, ne lascio il pensiero a lui. Habbiamo considerato Michel’Agnolo nelle Historie sacre. Consideriamo un poco Rafaello nelle profane: perche, oue in queste lo ritroueremo accuratissimo & honestissimo, comprenderemo, quanto piu egli sia stato in quelle altre. Fab. Io u’ascolto. Aret. Non so, se habbiate ueduto appresso il nostro Dolce la carta della Rosana di mano di Rafaello; che fu gia stampata in rame. Fab. Non mi ricorda. Aret. Questa è una carta, nella quale rappresentò Rafaello in disegno di acquarella, tocco ne’chiari con biacca, la incoronatione di Rosana: la quale essendo bellissima femina, fu amata grandemente da Alessandro Magno. E adunque in questa carta disegnato il detto Alessandro: il quale stando inanzi a Rosana, le porge la corona : & ella siede accanto un letto con attitudine timida e riuerente: & è tutta ignuda, fuor che, per cagione di serbar la honestà, un morbidetto panniccino le nasconde le parti, che debbono tenersi nascose. Ne si puo imaginar ne la piu dolce aria, ne il piu delicato corpo, con una pienezza di carne conueneuole; e con istatura, che non eccede in lunghezza, ma è suelta conueneuolmente. Euui un fanciullo ignudo con l’ali, che le scalcia i piedi; & un’altro dal disopra, che le ordina i capegli. V'è anco alquanto piu lontano un giouanetto pur nudo, raffgurato per Himeneo, Dio delle nozze, che dimostra col dito ad Alessandro la medesima Rosana: come inuitandolo al trastullo di Venere, o di Giunone, & un’ huomo, che porta la face. Euui piu oltre un groppo di fanciulli : de’ quali alcuni ne portano uno sopra lo scudo di Alessandro, dimostrando fatica e uiuacità conueniente a glianni, & un’altro porta la sua lancia. Ce n'è uno, che essendosi uestito la sua corazza, non potendo reggere il peso, è caduto in terra, e par che piagna. E sono tutti di aria, e di attitudini diuerse, e bellissimi. In questo componimento Rafaello ha seruito alla historia, alla conueneuolezza, & all'honesto. Et oltre a cio s'è imaginato di suo, come Poeta mutolo, la inuentione d'Himeneo, & de’ fanciulli. Fab. Questa inuentione parmi hauer letta in Luciano. Aret. Sia, come si uoglia : ella è espressa cosi bene, che potrebbe uenire in dubbio, se Rafaello l’hauesse tolta da libri di Luciano; o Luciano dalle Pitture di Rafaello: se non fosse, che Luciano nacque piu secoli auanti. Ma che è percio? Anco Virgilio discrisse il suo Laocoonte tale, quale l’haueua prima ueduto nella statua di mano de i tre artefici Rhodiani: la quale con istupor di tutti hoggidì ancora si uede in Roma. Et è cosa iscambieuole, che i Pittorica uino spesso le loro inuentioni da i Poeti, & i Poeti da i Pittori. Il simile ui potrei dire della sua Galathea, che contende con la bella Poesia del Policiano, e di molte altre sue leggiadrissime fantasie: ma sarei troppo lungo : e uoi le potete hauer ueduto altre uolte, e uedere quando ui piace in Roma: senza le molte sue bellissime carte, che intagliate in rame per mano del non meno intendente, che diligente Marc’Antonio, uanno a torno: e quelle anco, che di sua mano si trouano appresso di diuersi, che è un numero quasi infinito, argomento efficacissimo della fertilità di quel diuino ingegno: & in ciascuna si ueggono inuentioni mirabili con tutti gli auertimenti, ch'io u’ ho detto. E in materia sacra ui puo bastare il quadro della santa Cicilia dall'organo, che è in Bologna nella Chiesa di San Giouanni in monte: e quello della Trasfiguration di Christo sopra il monte Tabor, ch’è in San Pietro Montorio di Roma: senza una infinità di quadri, che si ueggono per la Italia, tutti belli e tutti diuini. Fab. Ho certo ueduto molte cose di Rafaello in Roma, & in altra parte: e ui affermo, che sono miracolose, e nelle inuentioni eguali , e forse maggiori di quelle di Michel’Agnolo. Ma nel disegno, come potete a lui aguagliarlo ? Aret. Io ui lascio Fabrini, e lasciero sempre nel uostro parere, non potendo fare altro: perche le ragioni non persuadono tutti: e cio auiene o per ostinatione, o per ignoranza, o per affettione. In uoi, nel quale non possono cader l'altre due, ha luogo la terza, la quale è difetto escusabile: e, come io dissi auanti, ,, Spesso occhio ben san fa ueder torto. Ma d'intorno al disegno, che la seconda parte, douendo noi considerar l'huomo uestito & ignudo, ui confermo, che quanto al nudo, Michel’Agnolo è stupendo, e ueramente miracoloso e sopra humano. ne fu alcuno, che l’auanzasse giamai; ma in una maniera sola, ch'è in fare un corpo nudo muscoloso e ricercato, con iscorti e mouimenti fieri, che dimostrano minutamente ogni difficultà dell’arte. & ogni parte di detto corpo, e tutte insieme, sono di tanta eccellenza, che ardisco dire, che non si possa imaginar, non che far, cosa piu eccellente, ne piu perfetta. Ma nelle altre maniere è non solo minore di se stesso, ma di altri ancora; per che egli o non sa, o non uuole osseruar quelle diuersità delle età e de i sessi, che si son dette di sopra: nelle quali è tanto mirabile Rafaello. E, per conchiuderla, chi uede una sola figura di Michel’Agnolo, le uede tutte. Ma è da auertire, che Michel’Agnolo ha preso del nudo la forma piu terribile e ricercata, e Rafaello la piu piaceuole e gratiosa. Onde alcuni hanno comparato Michel’Agnolo a Dante, e Rafaello al Petrarca. Fab. Non mandate inuiluppando con si fatte comparationi, benche elle facciano in mio fauore: perche in Dante ci è sugo e dottrina, e nel Petrarca solo leggiadrezza distilo, & ornamenti Poetici. Onde mi ricorda, che un frate minoritano, che predicò, molti anni sono, a Vinegia, allegando alle uolte questi due Poeti, soleua chiamar Dante Messer Settembre, e il Petrarca M. Maggio, alludendo alle stagioni, l’una piena di frutti, & l’altra di fiori. Marecateui inanzi un nudo di Michel’Agnolo, et un'altro di Rafaello: & hauendogli prima ambedue pienamente considerati, risolueteui poi in dire, qual de i due è piu perfetto. Aret. Io ui dico, che Rafaello sapeua far bene ogni sorte di nudi, e Michel’Agnolo riesce eccellente in una sola: & i nudi di Rafaello han questo di piu, che dilettano maggiormente. Ne dirò, come gia disse un bello ingegno, che Michel’Agnolo ha dipinto i facchini, e Rafaello i gentilhuomini. Che, come ho detto, Rafaello ne ha fatti di ogni sorte, e di piaceuoli, e di terribili e ricercati, benche con atti piu temperati e piu dolci. Ma naturalmente è stato uago di pulitezza e di delicatezza; si come era etiandio pulitissimo e gentilissimo ne’ costumi, in guisa che non meno fu amato da tutti, di quello, che a tutti fossero grate le sue figure. Fab. Non basta a dire, questo nudo è bello e perfetto. quanto quell'altro. Ma bisogna prouarlo. Aret. Rispondetemi prima. I nudi di Rafaello, sono eglino storpiati: sono nani, sono troppo carnosi: sono secchi, hanno i muscoli fuor di luogo, o altra parte cattiua? Fab. Ho inteso da tutti, che stanno bene: ma che non si contiene in loro quell'arte, che si uede in quelli di Michel’Agnolo. Aret. E che arte è questa ? Fab. Non hanno que’ bei dintorni, c'hanno i nudi di quest'altro. Aret. Quai sono questi bei dintorni?. Fab. Quei, che formano quelle belle gambe, quei be’ piedi, mani, schiene, pancie, e tutto il resto. Aret. Dunque non parea uoi, o a fautori di Michel’Agnolo, che i nudi di Rafaello hebbiano queste belle parti? Fab. Dico non pur belle, ma bellissime: ma non, quanto i nudi di Michel’Agnolo. Aret. La regola di giudicar questo bello di donde la cauate uoi? Fab. Stimo, che si debba cauar (come hauete detto) dal uiuo, e dalle statue de gli antichi. Aret. Confesserete adunque, che i nudi di Rafaello hanno ogni bella e perfetta parte: perche egli di rado fece cosa, nella quale non imitasse il uiuo, o l'antico. Onde si ueggono nelle sue figure teste, gambe, torsi, braccia, e piedi, e mani stupendissime. Fab. Non dimostrò l’ossature, le maccature, e certi neruetti e minutezze, quando ha fatto Michel’Agnolo. Aret. Egli ha dimostro queste parti nelle figure, che lo ricercauano, quanto si ricercaua, e Michel’Agnolo (e sia detto senza sua offesa) alle uolte piu di quello, che si conuiene. Ilche si uede cosi chiaramente, che sopra cio non accade, che si dica altro. Poi ui douete ricordare, ch'io u’ho detto, ch’è di assai maggiore importanza uestir l’ossa di carne polposa e tenera, che iscorticar le: e, che cio sia uero, replico, che gli antichi per la maggior parte hanno fatte le loro figure dolci, e con pochi ricercamenti. Ma non per questo Rafaello è sempre rimaso su la delicatezza: anzi, come s’è detto, le sue figure uariando, ha fatto nudi ricercati secondo il bisogno: come si uede nelle Historie delle sue battaglie, nella figura di quel uecchio portato dal figliuolo, & in diuerse altre: ma non s'inuaghì molto di questa maniera: a guisa di quello, che haueua posto ogni suo intento (come parte principalissima del Pittore) in dilettare, ricercando piu tosto nome di leggiadro, che di terribile, e ne acquistò insieme un'altro, che fu chiamato gratioso: percioche oltre la inuentione: oltre al disegno: oltre alla uarietà: oltre che le sue cose tutte mouono sommamente: si troua in loro quella parte, che haueuano, come scriue Plinio, le figure di Apelle: e questa è la uenustà, che è quel non so che, che tanto suole aggradire, cosi ne’ Pittori, come ne’ Poeti, in guisa, che empie l'animo altrui d'infinito diletto, non sapendo da qual parte esca quello, che a noi tanto piace. Laqual parte considerata dal Petrarca (mirabile e gentil Pittore delle bellezze e delle uirtù di Madonna Laura) lo mosse a cosi cantare. ,,E un non so che ne gliocchi, che in un punto ,, Po far chiara la notte, oscuro il die, ,, E’l mele amaro, & addolcir l’ascentio. Fab. Questa, che uoi dite uenustà, è detta da Greci charis, che io esporrei sempre per gratia. Aret. Seppe ancora il gran Rafaello fare iscortar le figure, quando egli uolle, e perfettamente: senza, che io ui ritorno a dire, che in tutte le sue opere egli usò una uarietà tanto mirabile, che non è figura, che ne d'aria ne di mouimento si somigli, tal che in cio non appare ombra di quello, che da Pittori hoggi in mala parte è chiamata maniera, cioè cattiua pratica; oue si ueggono forme e uolti quasi sempre simili. Е, si соme Michel’Agnolo ha ricerco sempre in tutte le sue opere la difficultà : cosi Rafaello all’incontro la facilità; parte, come io dissi, difficile a conseguire: & halla ottenuta in modo, che par, che le sue cose siano fatte senza pensarui, e non affaticate, ne istentate: ilche è segno di grandissima perfettione: come anco negli Scrittori, che i migliori sono i piu facili: come appresso uoi dotti Virgilio, Cicerone, & appresso noi il Petrarca, e l’Ariosto. Quanto alla parte del mouere, non ne uoglio dire altro di quello, c’ho tocco, in caso, che uoi non diceste, che le sue figure non mouano. Fab. Questo non niego io. Ma uoi che dite di quelle di Michel’Agnolο ? Aret. Io non ne uoglio parlare: percioche questa è parte, che possono giudicar parimente tutti : ne io uorrei col mio dire offenderlo Fab. Dunque uenite al colorito. Aret. E mestiero, che consideriamo prima l’huomo uestito . Fab. In cio non dite altro; che io so, che’l panneggiar di Rafaello è piu lodato, che quello di Michel’Agnolo : forse per questo, che Rafaello ha piu studiato nel uestir le figure, e Michel’Agnolo nel fare i nudi. Aret. Anzi Rafaello fu studioso nell'una cosa e nell’altra, e Michel’Agnolo nell'ultima sola. E cosi potete (mi credo io) hoggimai uedere che fra questi nel disegno ci è parità: & anco dalla parte di Rafaello maggiore eccellenza, essendo stato egli piu uario e piu uniuersale, & hauendo serbato meglio la proprietà de i sessi e de glianni; e trouandosi nelle sue Pitture piu gratia e maggior diletto, in tanto, che non fu mai alcuno, che gli dispiacesse cosa di sua mano E, quanto al colorito. Fab. In questo ancora assentirò con uoi: pur dite uia. Aret. Superò nel colorito il gratiosissimo Rafaello tutti quelli, che dipinsero inanzi a lui, si a olio, come a fresco, & a fresco molto piu, in guisa, che ho udito dire a molti, & io ancora cosi ui affermo, che le cose dipinte in muro da Rafaello auanzano il colorito di molti buoni maestria olio: e sono sfumate & unite con bellissimo rileuo, e con tutto quello, che puo far l'arte. Ilche non cessa di predicare a ciascuno Santo cognominato Zago, Pittore nel uero espedito e ualente in dipingere medesimamente a muro, et oltre a cio studioso dell’anticaglie; dellequali ue ne ha un gran numero: et molto pratico delle historie e de’ Poeti, si come quello, che si diletta di leggere infinitamente. Ne parlerò altrimenti del colorito di Michel’Agnolo: perche ogni un sa, che egli in cio ha posto роса сura, е uоі mi cedete. Ma Rafaello ha saputo col mezo de i colori contrafar mirabilmente qualunque cosa, e carni, e panni, e paesi, e tutto cio che puo uenire inanzi al Pittore. Fece ancora ritratti dal naturale: come fu quello di Papa Giulio Secondo, di Papa Leone Decimo, e di molti gran personaggi, che sono tenuti diuini. Oltre a cio fu grande Architetto: onde dopo la morte di Bramante gli fu allogata dal medesimo Papa Leone la fabrica di San Pietro e del Palagio. ilperche si ueggono spesso nelle sue Pitture edifici tirati con bellissima Prospettiua. E, quello, che fu di grandissimo danno alla Pittura, morì giouane, lasciando il suo nome illustre in tutte le parti della Europa: e uisse i pochi anni di sua uita (come ne posso io farui fede, e, come scriue il Vasari con uerità) non da priuato, ma da Prencipe, essendo liberale della sua uirtù e de i suoi danari a tutti gli studiosi dell'arte, che ne haueuano alcun bisogno : e fu openione uniuersale, che’l Papa gli uolesse dare un Capello rosso. Perche oltre alla eccellenza della Pittura, haueua Rafaello ogni uirtù, & ogni bel costume e gentil creanza, chе соnuienе a gentil’huomo. Dallequali tutte cose mosso il Cardinal Bibbiena, lo indusse contra sua uoglia a prender per moglie una sua nipote; benche egli ui mettesse tempo in mezo, ne consumasse il matrimonio, aspettando, che’l Papa, che glie ne hauena dato intentione, lo facesse Cardinale: ilqual Papa gli haueua dato ancora poco inanzi alla sua morte un’ufficio di cubiculario, grado honoreuolissimo & utile. Hora potete molto bene esser chiaro, che Rafaello è stato non pur’uguale a Michel’Agnolo nella Pittura , ma superiore . Nella Scoltura è poi Michel’Agnolo unico, diuino, e pari a’ gli antichi: ne in cio ha bisogno delle mie lodi , ne di quelle d'altrui. Ne anco puo esser uinto da altri, che da se stesso. Fab. Molto signor Pietro, il uostro discorso, m'è stato grato: e di qui inanzi son’io per credere cio che credete uoi, che con tali ragioni l’huomo non si puo ingannare. Ma ci è ancora tanto di tempo, che se non sete stanco di ragionare, mi potrete acconciamente informar della eccellenza di qualche altro Pittore. Aret. Io non mi soglio stancare per cosi piccioli ragionamenti: e questo ancora è cosa, ch'io u’ho promesso, ne uoglio mancar di fauellarui ancora di alcuni, accioche ueggiate, che i cieli a nostri dì ci sono stati cosi fauoreuoli nella Pittura, come nelle lettere. Dico adunque, che Leonardo Vinci fu pari in tutte le cose a Michel’Agnolo: ma haueua uno ingegno tanto eleuato, che non si contentaua mai di cio, che e’ faceua. E come, che tutto facesse bene, era stupendissimo in far caualli. Fu appresso Pittor di grande stima, ma di maggiore aspettatione Giorgio da Castel franco, di cui si ueggono alcune cose a olio uiuacissime e sfumate tanto, che non ci si scorgono ombre. Mori questo ualente huomo di peste, con non poco danno della Pittura. Fu ancora gran Pittore Giulio Romano, il quale dimostrò molto ben con gli effetti di essere stato degno discepolo del Diuino Rafaello non solo nella Pittura, ma anco nell'Architettura. Onde fu carissimo a Federico Duca di Mantoua: nella quale egli dipinse molte cose, tutte lodatissime; & ornò Mantoua di bellissimi edifici. Era Giulio bell’inuentore, buon disegnatore, e coloriua benissimo. Ma fu uinto di colorito, e di piu gentil maniera da Antonio da Correggio, leggiadrissimo maestro: di cui in Parma si ueggono Pitture di tanta bellezza, che par, che non si possa disiderar meglio. E uero, che fu piu bello coloritore, che disegnatore. Ma che ui dirò io di Francesco Parmigiano? Diede costui certa uaghezza alle cose sue, che fanno inamorar chiunque le riguarda. Oltre a cio coloriua politamente: e fu tanto leggiadro et accurato nel disegnare, che ogni suo disegno lasciato in carta mette stupore ne gliocchi di chi lo mira: percioche ui si uede una diligenza mirabile. Morì giouane ancora egli: e fu affettionatissimo alle cose & al nome di Rafaello. Diceuasi ancora (come parimente scriue il Vasari) in Roma, che l’anima di Rafaello gli era entrata nel corpo: per che si uedeuano ambedue conformi d'ingegno e di costumi: essendo, che il Parmigiano fu incolpato a torto , ch'egli attendesse all'Alchimia: percioche non fu mai Filosofo, che piu sprezzasse i danari, e le facultà di quello, che faceua egli. E di cio ne fa fede M. Battista da Parma suo creato, Scultore eccellente, e molti altri. Hora camina per le sue uestigie Girolamo Mazzola suo cugino, honoratissimamente, e con molta fama. Fab. Questo Parmigiano, che comunemente è detto il Parmigianino: è percerto molto lodato. Aret. Fu anco Polidoro da Carauaggio grande e raro Pittore, bellissimo inuentore, pratico et ispedito disegnatore , e molto imitator delle cose antiche. È uero, ch'egli non riusciua nel colorito: e le sue cose eccellenti sono di chiaro e scuro a fresco. Ma, quel che è cosa marauigliosa, era Polidoro in età poco meno di uent’uno o di uentidue anni, quando cominciò a imparar l'arte: ilche fu sotto di Rafaello. È morì ancora egli pur giouane, ucciso miserabilmente in Messina (per torgli alcuni danari) da un suo rubaldo garzone, che fu poi nella medesima città meritamente isquartato. Fab. Io comincio bene a uedere, che Michel’Agnolo nella Pittura non è solo. Aret. Andrea del Sarto hebbe altresì gran perfettione in quest'arte: e piacquero le sue cose infinitamente a Francesco Re di Francia. Ne Perino del Vaga è degno di poca laude. Cosi hanno i Pittori sempre molto stimate le opere di Antonio da Pordonone: il quale fu ancora egli pratico e spedito maestro, e dilettosti di scorti e di figure terribili. Di suo si ueggono in Vinegia alcune cose a fresco bellissime: come nella facciata della casa del Talenti un Mercurio, che scorta bene, una battaglia, & un cauallo, che sono molto lodati, & una Proserpina in braccio di Plutone: che è una leggiadra figura. Veggonsi anco nella cappella grande della Chiesa di San Rocco un Dio Padre con alcuni Angioli nel cielo, e certi Dottori & Euangelisti, che gli diedero una gran fama. Ne bisognaua, ch'egli fosse punto minore, hauendo a concorrer con Titiano nostro, dal quale rimase sempre di gran lunga lontano. Ne e marauiglia: percioche in costui solo ueramente (e sia detto con pace de gli altri Pitri) si ueggono raccolte a perfettione tutte le parti eccellenti, che si sono trouate diuise in molti: essendo, che d'inuentione, ne di disegno niuno lo superò giamai. Poi di colorito non fu mai alcuno, che a lui arriuasse. Anzi a Titiano solo si dee dare la gloria del perfetto colorire. la quale o non hebbe alcun de gli antichi: o se l'hebbe, mancò a chi piu, a chi manco, in tutti i moderni: percioche, come io dissi, egli camina di pari con la Natura: onde ogni sua figura è uiua, si muoue, è le carni tremano. Non ha dimostro Titiano nelle sue opere uaghezza uana, ma proprietà conueneuole di colori: non ornamenti affettati, ma sodezza da maestro, non crudezza, ma il pastoso e tenero della Natura: e nelle cose sue combattono e scherzano sempre i lumi con l'ombre, e perdono e diminuiscono con quell’istesso modo, che fa la medesima Natura. Fab. Questo istesso odo dire da tutti. Aret. Si conosce anco chiaramente, che la Natura lo fece Pittore. Perche essendo egli nato in Cadore di honoratissimi parenti, fu mandato dal padre a Vinegia picciolo fanciullo di noue anni in casa d'un suo fratello, che qui attendeua alla cura di uno di quegli honorati uffici, che si danno a cittadini , affine, che egli lo mettesse ad apparare a dipingere, hauendo ueduto in lui in quella età tenera d'intorno a quest'arte chiarissimi lumi d'ingegno. Fab. Molto m’è a grado d'intender qualche particolarità di questo singolarissimo Pittore. Aret. Il Zio adunque subito condusse il fanciullo alla casa di Sebastiano, padre del gentilissimo Valerio e di Francesco Zuccati, unichi maestri nell'arte del Musaico, ridotta da loro in quella eccellenza, nella quale hoggidì si ueggono le buone Pitture: perche esso gli desse i principij dell'arte. Ma da questo fu rimesso il fanciullo a Gentil Bellino fratello di Giouanni, ma a lui molto inferiore: che allhora insieme col fratello lauoraua nella sala del gran consiglio. Ma Titiano, essendo spinto dalla Natura a maggiori grandezze, & alla perfettione di quest’arte, non poteua sofferir di seguitar quella uia secca e stentata di Gentile, ma disegnaua gagliardamente e con molta prestezza. Onde, gli fu detto da Gentile, che egli non era per far profitto nella Pittura, ueggendo che molto si allargaua dalla sua strada. Per questo Titiano lasciando quel goffo Gentile, hebbe mezo di accostarsi a Giouanni Bellino: ma ne anco quella maniera compiutamente piacendo gli, elesse Giorgio da Castel franco. Disegnando adunque Titiano e dipingendo con Giorgione (che cosi era chiamato) uenne in poco tempo cosi ualente nell'arte, che dipingendo Giorgione la faccia del fondaco de’ Tedeschi , che riguarda sopra il Canal grande, fu allogata at Titiano, come dicemmo, quell'altra, che soprastà alla merceria, non hauendo egli alhora a pena uenti anni. Nella quale ui fece una Giudit mirabilissima di disegno e di colorito, a tale, che credendosi comunemente, (poi che ella fu discouerta) che ella fosse opera di Giorgione, tutti i fuoi amici seco si rallegrauano: come della miglior cosa di gran lunga, ch’egli hauesse fatto. Onde Giorgione con grandissimo suo dispiacere, rispondeua, ch'era di mano del disce polo; il quale dimostraua gia di auanzare il Maestro, e (che è piu) stette alcuni giorni in casa, come disperato: ueggendo, che un giouanetto sареuа piu di lui. Fab. Intendo, che Giorgione hebbe a dire, che Titiano insino nel uentre di sua madre era Pittore. Aret. Non passò molto, che gli fu data a dipingere una gran tauola all'altar grande della Chiesa de’ Frati Minori: oue Titiano pur giouanetto dipinse a olio la Vergine, che ascende al Cielo, fra molti Angioli, che l’accompagnano, e di sopra lei affigurò un Dio padre attorniato da due Angioli. Par ueramente che ella ascenda, con un uolto pien di humiltà; e il panno uola leggiadramente. Nel piano sono gli Apostoli, che con diuerse attitudini dimostrano allegrezza e stupore, e sono per la maggior parte maggiori del uiuo. E certo in questa tauola si contiene la grandeza e terribilità di Michel’Agnolo, la piaceuolezza e uenustà di Rafaello, & il colorito proprio della Natura. E tuttauia questa fu la prima opera publica, ch'egli a olio facesse: e la fece in pochissimo tempo, e giouanetto. Con tutto cio i Pittori goffi, e lo sciocco uolgo, che insino alhora non haueuano ueduto altro, che le cose morte e fredde di Giouanni Bellino, di Gentile, e del Viuarino (perche Giorgione nel lauorare a olio non haueua ancora hauuto lauoro publico; e per lo piu non faceua altre opere, che meze figure, e ritratti) lequali erano senza mouimento, e senza rileuo: diceuano della detta tauola un gran male. Dipoi raffreddandosi la inuidia, & aprendo loro a росо а poco la uerità gliocchi, cominciarono le genti a stupir della nuoua maniera trouata in Vinegia da Titiano: e tutti i Pittori d'indi in poi si affaticarono d’imitarla; ma per esser fuori della strada loro, rimaneuano smarriti. E certo si puo attribuire a miracolo, che Titiano senza hauer ueduto alhora le anticaglie di Roma, che furono lume a tutti i Pittori eccellenti, solamente con quella poca fauilluccia, ch’egli haueua scoperta nelle cose di Giorgione, uide e conobbe la Idea del dipingere perfettamente. Fab. È prouerbio de’ Greci antichi, che a tutti non è dato ire a Corintho. E uoi hauete detto, che’l dipinger bene è cosa da pochi. Aret. Haueua hoggimai Titiano per le sue opere acquistata tanta fama, che non era gentilhuomo in Vinegia, che non procurasse di hauer qualche ritratto o altra inuentione di sua mano : e gli fur date a fare in piu Chiese diuerse opere. Come nella medesima de’ frati Minori da que’ chiarissimi gentilhuomini da Ca Pesaro una tauola all'altare; oue è un pilo per l'acqua Santa con una figurina di marmo di San Giouanni Battista, fatta dal Sansouino. Nella qual tauola fece Titiano una Madonna, che siede col fanciullo: il quale tiene una della gambe leggiadramente alzata, e posa il piè dell'altra sopra l'una delle mani della Madonna. Inanzi alla quale è un San Pietro di aspetto uenerabile, che uolto a lei, mette l’una mano sopra un libro aperto, che tiene nell'altra mano, e le chiaui gli sono presso a piedi. Euui un San Francesco, & un'armato con una bandiera, con alcuni ritratti de’ Pesari, che paion ueri. Di dentro il Chiostro nella Chiesa di San Nicolao fece all’altar grande una imagine di detto Santo, ch’è figura principale, uestito con un piuial d'oro, oue si vede il lustro e l’asprezza dell'oro, che par ueramente intessuto. e da un lato u’ è una Santa Caterina con un uolger leggiadro, nel uiso & in ogni sua parte diuina. E dall'altro un San Sebastiano ignudo di bellissima forma, e con una tinta di carne cosi simile alla uera, che non par dipinto, ma uiuo. Ilqual San Sebastiano essendo il Pordonone andato a uedere, hebbe a dire, io stimo, che Titiano in quel nudo habbia posto carne, e non colori. sono altre figure perfettistime piu lontane. E paiono quasi tutte intente a una Vergine, ch’è finta ad alto con alcuni Angioli. Et ogni figura dimostra honestà e santita inestimabile. Senza che la testa del San Nicolao è ueramente miracolosa, e piena d'infinita maestà. Fab. Ho uedute piu uolte tutte queste opere: e sono diuine : ne le potrebbono hauer fatte altre mani. Aret. Nella Chiesa di Santa Maria Maggiore fece una tauoletta d'un San Giouanni Battista nel Deserto: di cui credasi pure, che non fu mai ueduta cosa piu bella, ne migliore ne di disegno, ne di colorito. In San Giouanni e Paolo fece la tauola del San Pietro martire caduto in terra, con l'assassino, che alza il braccio per ferirlo, & un frate, che fugge, con alcuni. Angioletti in aria, che uengono giu, соmе con la corona del martirio, & una macchia di paese con certi arbori di Sambuco: lequali tutte cose sono di tanta perfettione, che si possono piu tosto inuidiare, che imitare. Mostra il Frate di fuggire con un uolto pieno di spauento; e par, che si senta gridare, & il mouimento è gagliar dissimo: come di quello, che haueua paura da douero. senza, che il panno è fatto con una maniera; che in altri non se ne uede esempio. La faccia del San Pietro contiene quella pallidezza, che hanno i uolti di coloro, che si auicinano alla morte, e il Santo sporge fuori un braccio & una mano di qualità, che si puo ben dire, che la Natura sia uinta dall’arte. Ne mi estendo a narrarui le bellezze della inuentione, del disegno, e del colorito; perche elle sono a uoi & a tutti note. Cosi essendo Titiano ancora molto giouane, il Senato gli diede honesta prouisione; & egli dipinse nella Sala da me piu uolte ricordata la historia di Federico Barbarossa; quando, come io dissi, bacia il piede al Papa: e dall'altra parte della detta Sala una battaglia ; оuе сі sonо diuerse forme di soldati, caualli, & altre cose notabilissime, e fra le altre una giouane, che essendo caduta in un fosso, uscendo si attiene alla sponda con uno isporger di gamba naturalissimo, e la gamba non sia Pittura, ma carne istessa. Voi uedete bene, che queste opere io le trascorro: percioche a uoler solo raccontar le parti piu eccellenti, bisognerebbe logorare in cio tutto un giorno. La fama di Titiano non si rinchiuse fra i termini di Vinegia: ma allargandosi diffusamente per la Italia, fece naghi di hauer delle sue fatiche molti Signori: tra quali fu Alfonso Duca di Ferrara, Federico Duca di Mantoua, et ancora Francesco Maria Duca d'Vrbino, e molti altri. E per uenuta in Roma, mosse Papa Leone a inuitarloui con honoratissimi partiti, perche Roma oltre alle Pitture di Rafaello e di Michel’Agnolo, hauesse qualche cosa diuina delle sue mani. Ma il gran Nauagero, non meno intendente di Pittura di quello, che si fosse di Poesia: e massimamente della Latina, in cui ualse tanto; ueggendo, che perdendo lui, Vinegia sarebbe suta spogliata d'uno de’ suoi maggiori ornamenti, procurò, che non ui andasse. Passò ancora la sua fama in Francia: ne mancò il Re Francesco di sollecitarlo con ogni grandezza di conditione , per ritirarlo a lui. ma Titiano non uolle mai abandonar Vinegia, oue era uenuto picciolo fanciullo, e l’haueua eletta per sua patria. Di Carlo Quinto gia ui ho ragionato, in guisa, che io ui conchiudo, che non fu mai Pittore, che piu fosse stimato comunemente da tutti i Prencipi, di quello, che sempre è stato Titiano. Vedete, che forza ha una suprema eccellenza. Fab. Dica pur chi uuole, che la uirtù non puo starsi паscosa: & ogni uirtuoso, reggendosi con prudenza, è architetto della sua fortuna. Aret. Certo Fabrini, che si puo dire uerissimamente, che non fu giamai alcuno, che piu di Titiano desse riputatione alla Pittura. Percioche conoscendo egli il ualor suo, ha sempre tenute in grandissimo pregio le sue Pitture, non si curando di dipingere, senon a grandi huomini, & a persone, che con degni premi le potessero riconoscere. E sarebbe lungo a dire i ritratti da lui fatti: i quali sono di tanta eccellenza, che’l uiuo non è piu uiuo: e tutti o di Re, o d'Imperadori, o di Papi, o di Prencipi, o di altri grand'huomini. Ne fu mai in Vinegia Cardinale, o altro gran personaggio, che non andasse a casa di Titiano per ueder le cose sue, e che non si facesse ritrarre. Sarebbe anco lungo a ragionare de’ quadri, che sono nelle stanze del Collegio; e cosi delle molte Pitture da lui fatte a Cesare, & al Re d'Inghilterra: come del quadro della Trinità della Madonna, che piange: del Titio, del Tantalo, del Sisifo, di Andromeda, e dell'Adone: il cui esempio tosto uscirà fuori in istampa di rame; e di altre historie e fauale: lauori. egualmente diuini, si disegno, come di colorito, e d'inuentione. Ma io uado ritenuto e scarso nelle sue laudi, si per essermi amico, e compare: e si perche, in tutto è orbo chi non uede il Sole. Ne uoglio tacere, che Titiano dipinse in Mantaua al Duca Federico la effigie, de i dodici Cesari, trahendogli parte dalle medaglie, e parte da marmi antichi. E sono di tanta perfettione, che uanno infiniti in quella Città, solamente per uedergli, stimando di uedere i ueri Cesari, e non Pitture. Fab. So ben’io, che di hauer ritratto o altra Pittura di sua mano si possono uantar pochissimi plebei. Aret. E adunque il nostro Titiano nella Pittura diuino e senza pari: ne si dourebbe sdegnare l’istesso. Apelle, quando e’ uiuesse, di honorarlo. Ma egli ancora oltre alla mirabile eccellenza della Pittura, ha molte altre parti degne di grandissima laude. Prima è modestissimo: ne tassa mai alcun Pittore, e ragiona uolontieri honoratamente di ciascuno, che merita. Dipoi è bellissimo parlatore, d’ingegno e di giudicio perfettissimo in tutte le cose: di piaceuole e dolce Natura, affabile , e pieno di gentilissimi costumi: e chi gli parla una uolta, è forza, che se ne innamori per sempre. Fab. Tutto questo è uerissimo. e, perche io stimo, che non ui resti altro in questa materia da ragionare, conchiudiamo, che, quantunque hoggidì ci siano stati molti Pittori eccellenti; questi tre ottengono il Prencipato: cioè Michel’Agnolo, Rafaello, e Titiano. Aret. Cosi è, ma con la distintione, ch'io u’ ho detto di sopra. E di presente io temo, che la Pittura non torni a smarrirsi un'altra uolta: percioche de’giouani non si uede risorgere alcuno, che dia speranza di douer peruenire a qualche honesta eccellenza: e quei, che potrebbono diuenir rari, uinti dalla auaritia, poco o nulla si affaticano nelle opere loro. Non cosi fa Battista Franco Vinitiano: anzi studia sempre con ogni sollecitudine dipingendo e disegnando; di honorar Vinegia, e di acquistare a se stesso perpetua fama: onde è lodatissimo e chiaro Maestro, si in dipingere , come in disegnare. Ma uoi ricordateui, lasciando da canto l’affettione, d'esser per l’innanzi piu honesto giudice. IL FINE.

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Based on the copy in the Biblioteca Casanata in Rome, digitized by Google. Dialogo Della pittura di M. Lodovico Dolce intitolato l'Aretino. Nel quale si ragiona della dignità di essa Pittura, e di tutte le parti necessarie, che a perfetto Pittore si acconvengono: con esempi di pittori antichi, & moderni: e nel fine si fa mentione delle virtù e delle opere del divin Titiano. Con Privilegio. In Vinegia Appresso Gabriel Giolito de' Ferrari. MDLVII. Dolce, Lodovico Venice Giolito de' Ferrari, Gabriele 1557.

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DIALOGO DELLA PITTURA DI M. LODOVICO DOLCE, INTITOLATO L'ARETINO. Nel quale si ragiona della dignità di essa Pittura, e di tutte le parti necessarie, che a perfetto Pittore si acconsentono: CON ESEMPI DI PITTORI ANTICHI, & moderni: e nel fine si fa menzione delle uirtù e delle opere del Diurni TITIANO. CON PRIVILEGIO. IN VINEGIA APPRESSO GABRIEL GIOLITO DE' FERRARI. MDLVII. AL MAGNIFICO E VALOROSO S. HIERONIMO LOREDANO Ho sempre portato, Mag. S. Hieronimo, e porto del continouo nel mio animo un disiderio uiuissimo di dimostrare in qualche parte l'antica mia affettione uerso la Nobiliss. Casa Loredana: e questo non meno per cagioni publiche che per mie proprie e particolari. Publiche, essendo questa una delle piu illustri famiglie di Vinegia, non solo per chiarezza di sangue, ma per il gran ualore, e per le infinite uirtù, che in lei sempre fiorirono: come ne fanno fede molti ottimi Senatori & egregi Capitani, che nella guerra e nella pace apportarono quasi di ogni tempo grandissimo utile a questa felicissima Republica con perpetua lode e gloria di se medesmi: e, come ce ne da chiarissimo esempio il Sereness. Leonardo Loredano, Prencipe d'infiniti meriti: si come quello, che intento solamente al bene uniuersale, ne’ tempi piu pericolosi e piu ardenti di guerra giouò alla sua carissima Rep. non meno col consiglio, che con la eloquenza, e con la liberalità. Di cui si legge honoratissima memoria nelle Historie del Cardinal Bembo; e ne sono ripieni gli annali in guisa, che tutti ne possono hauere abondeuole materia da ragionare. Per tacere hora il Reuerendiss. Abbate Mons. Francesco, uostro Zio, & il Clariss. uostro padre (di cui io non sono bastante di accennare una minima parte della gran bontà e delle quasi infinite uirtù) e di molti altri, che al presente sono chiari e ne gli honorie nelle gloriose doti dell'animo. Tra quali V.M. è in modo lucida e risplendente di molti rare e uirtuosiss. qualità, che non è cosi honorato grado, di che ella non ne uenga giudicata degna, e no'l sia per ottenere. Ne meno tacerò il nouello Abbate Mons. Antonio digniss. suo fatello; il quale in cosi teneri anni è ornato di bellissime lettere, e di tutti que' nobili costumi, che in figliuolo di tanto padre e di cosi illustri progenitori, si possono disiderare. Per mie cagioni particolari: percioche oltre a molti benefici riceuuti dall'Auolo mio, e dalla mia casa da quel ualorosissimo, cortesissimo, e non mai a bastanza lodato Prencipe, il Padre mio (che mi lasciò morendo in età di due anni) ne hebbe la Castaldia: honoratiss. ufficio a Cittadini. Hauendo io adunque cosi fatti oblighi uerso la Illustrissima Casa uostra, non potendo con altro adempire il mio disiderio di dimostrar la diuotione, che le ho sempre portato e porto, uengo inanzi di V. M. con questo picciol dono; che è quasi la fangosa acqua, che nelle palme delle roze mani appresentò l'humil Contadino al gran Serse. Ma, perche la Pittura, di cui in questo libricciuolo sotto un paragone di Rafaello e di Michel' Agnolo si ragiona assai acconciamente, è arte nobile; e V. M. è nobilissiima & humanissima, spero, che ella riguardando alla qualità del soggetto, e molto piu alla grandezza e sincerità del mio cuore, non si sdegnerà di riceuerlo uolentieri, accettandomi nel numero di coloro, che la seruono e riueriscono. Di Venetia A XII. di Agosto MDLVII. Di V.M. Seruitore Lodouico Dolce. DIALOGO DELLA PITTVRA DI M. Lodovico Dolce. PIETRO ARETINO, GIOVAN FRANCESCO FABRINI. HOGGI fanno a punto quindici giorni, Fabrini mio, che ritrouandomi nella bellissima Chiesa di San Giouanni e Paolo; nella quale m'era ridotto insieme col dottistimo Giulio Camillo per la solennità di San Pietro Martire, che si celebra ogni giorno allo altare, oue è posia quella gran tauola della Historia di cotal Santo, rappresentata diuinamente in Pittura dalla delicatistima mano del mio illustre Signor Compare Titiano: paruemi di uederui tutto intento a riguardar quell'altra tauola di San Thomaso a’ Aquino, che in compagnia di altri Santi fu dipinta a guazzo molti anni sono, da Giouanni Bellino, Pittur Vinitiano. E senon, che ambedue fummo suiati da M. Antonio Anselmi, che ci menò a casa di Monsignore il Bembo, ui faceuamo alhora un'improuiso assalto , per tenerui tutto quel giorno prigione con esso noi. Hora souenendomi di hauerui ueduto tutto astratto in quella contemplatione, ui dico, che la tauola del Bellino non è indegna di laude: percioche ogni figura sta bene, e ui sono di belle teste: e cosi le carni, e non meno i panni non si discostano molto dal naturale. Da che si puo comprendere ageuolmente, che il Bellino (per quanto comportaua quella età) fu Maestro buono e diligente. Ma egli è stato dipoi uinto da Giorgio da Castel franco; e Giorgio lasciato a dietro infinite miglia da Titiano: il quale diede alle sue figure una Heroica Maestà, e trouò una maniera di colorito morbidissima, e nelle tinte cotanto simile al uero, che si puo ben dire con uerità, ch'ella ua di pari con la Natura. Fab. Signor Pietro non è mio costume di biasimare alcuno. Ma uoglio ben dirui sicuramente quеsto, che chi ha ueduto una sola uolta le Pitture del Diuino Michel’Agnolo, non si dourebbe inuero piu curar (per cosi dire) di aprir gliocchi per uedere opera di qual si uoglia Pittore. Aret. Voi dite troppo: e fate ingiuria a molti Pittori illustri: come a Rafaello da Vrbino, ad Antonio da Correggio, a Francescο Parmigiano, a Giulio Romano, a Polidoro, e molto piu al nostro Titiano Vecellio: i quali tutti con la stupenda opera delle loro Pitture hanno adornata Roma, e quasi tutta Italia, e dato un lume tale alla Pittura, che forse per molti secoli non si trouerà chi giunga a questo segno. Taccio di Andrea dal Sarto, di Perino del Vaga, e del Pordonone; che pure sono stati tutti Pittori eccellenti, e degni, che le loro opere siano e uedute e lodate da giudiciosi. Fab. Si come Home. è primo fra Poeti Greci, Virg. fra Latini, e Dante fra Thoscani: cosi Michel’ Agnolo fra Pittori e Scultori della nostra età. Aret. Non vi niego, che Michel’Agnolo a nostri dì non sia un raro miracolo dell'arte e della Natura. E quelli, che non ammirano le cose sue, non hanno punto di giudicio : e massimamente d'intorno alla parte del disegno, nella quale senza dubbio è profondissimo. Percioche egli è stato il primo, che in questo secolo ha dimostro a Pittori i bei dintorni, gli scorti, il rileuo, le mouentie, e tutto quello, che si ricerca in fare un nudo a perfettione: cosa, che non si era ueduta inanzi a lui: lasciando però da parte gli Apelli, & i Zeusi: i quali non meno per testimonio de’ Poeti e Scrittori antichi, che per quello, che di leggeri si puo dalla eccellenza di quelle poche statue, che ci sono state lasciate dalle ingiurie del tempo, e delle nationi nimiche, possiamo giudicar, che fossero mirabilissimi. Ma per questo non dobbiamo fermarci nelle laudi d'un solo: hauendo hoggidì la liberalità de’ cieli prodotti Pittori eguali, & anco in qualche parte maggiori di Michel’ Agnolo: come furono senza fallo alcuni de i sopradetti: e, come ce n'è hoggidì uno, che basta per tutti. Fab. Voi, Signor Pietro (perdonatemi) u’ingannate, se hauete questa openione. Perche la eccellenza di Michel’Agnolo è tanta, che si puo senza auanzare il uero, pareggiarla degnamente alla luce del Sole : la quale di gran lunga uince & offusca ogni altro lume. Aret. Le uostre sono parole Poetiche, e tali, quali suol trar di bocca altrui l'affettione; ,,Che spesso occhio ben san fa ueder torto. Ma non è marauiglia, che essendo uoi Fiorentino, l’amor, che portate a uostri, ui faccia talmente cieco, che riputiate oro solamente le cose di Michel’ Agnolo , e le altre ui paiano piombo uile. Ilche, quando non fosse, ui raccordereste, che la età di Alessandro Magno inalzaua insino al cielo Apelle: ne però rimaneua di lodare e di celebrar Zeusi, Prothogene, Thimante, Polignoto, & altri eccellenti Pittori. Cosi fu sempre tra Latini nella Poesia tenuto Virgilio Diuino: ma non si sprezzò giamai, ne si lasciò di leggere Ouidio, Horatio, Lucano, Statio, & alri Poeti. I quali, se bene si ueggono dissimili l’uno dall'altro, tutti nel suo genere, o diciamo maniera, sono perfetti. E, perche Dante sia pieno di tanta dottrina; chi è colui, che non prezzi sommamente il leggiadrissimo Petrarca? Anzi a lui la maggior parte lo pone inanzi? E, se Homero fra Poeti Greci fu solo; e, perche altri non in quella lingua soggetti di arme: senon dipoi un guinto Calabro, che lo seguitò, e non gli andò molto appresso: ouero Apollonio, che scrisse l'Argonautica. Ma sono alcuni al mio giudicio poco intendenti: i quali indrizzando tutte le cose ad una sola forma, biasima no chiunque da lei si discosta. Di qui, come ho udito dire, Horatio si fa beffe d'un certo sciocco; il quale era di tanto delicato gusto , che mai non cantaua, ne recitaua altri uersi, fuor che quelli di Catullo e di Caluo. Il quale Horatio se uiuesse hoggidì , si riderebbe di uoi molto piu, ascoltando le uostre parole: poi, che uolete, che gli huomini si cauino gliocchi, per non uedere altre Pitture, che quelle di Michel’Agnolo, ha uendo, come ho detto, il Cielo prodotto alla nostra età Pittori eguali, & anco a lui superiori. Fab. È doue trouerete uoi un’altro Michel’Agnolo; non che maggiore ? Aret. È costume da fanciullo tornare a replicar molte uolte una cosa. Pure ui dirò da capo, che sono stati a nostri dì alcuni Pittori eguali, et etiandio in qualche parte maggiori a Michel’Agnolo: & hora ci è Titiano, il quale, come ho accennato, basta per quanti ci furono. Fab. Et io tornerò sempre a dirui, che Michel’ Agnolo è solo. Aret. Non uorrei uenir su’l paragone per fuggir le comparationi: lequali sono sempre odiose. Fab. Stimo, che fra noi si possa ragionar liberamente: e mi fia grato, che habbiate a scegliere uno di questi uostri illustri Pittori, e confrontarlo con Michel’Agnolo. che forse auerrà, che io, udite le nostre ragioni, muterò parere. Aret. È difficile a sueller dell'animo altrui una openione , che piantata dalla affettione, per qualche tempo u’habbia fermate le sue radici. Pure io farò quello, che potrò: si, perche la uerità non si dee tacere: si, per isuilupparui dall'errore, nel quale sete inuolto. Fab. Ve ne saprò grado; e confesserò di hauer da uoi riceuuto un beneficio molto grande. Aret. E che direte, se io comincierò da Rafaello? Fab. Che Rafaello è stato gran Pitture, ma non eguale a Michel’Agnolo. Aret. Il uostro è giudicio particolare: e non doureste uoi giudicar cosi risolutamente. Fab. Anzi e giudicio comune. Aret. Forse di que', che non sanno : i quali senza in tendere altro, corrono dietro il parer d'altrui, come fa una pecora dietro l'altra: ouer dialcuni pittorucci, che sono Scimie di Michel’Agnolo. Fab. Anzi de’ periti dell'arte, e di molti dotti. Aret. So bene io , che in Roma, mentre che Rafaello uiueua, la maggior parte, si de’ Letterati, come de’ periti dell'arte, lo anteponeua no nella Pittura a Michel’ Agnolo . E quelli, che inchinauano a Michel’ Agnolo, erano per lo piu Scultori : i quali si fermauano solamente su’l disegno e su la terribilità delle sue figure, parendo loro, che la maniera leggiadra e genti le di Rafaello, fosse troppo facile, e per conseguente non di tanto artificio: non sapendo, che la facilità è il principale argomento della eccellenza di qualunche arte, e la piu difficile a conseguire : & è arte a nasconder l’arte: e che finalmente oltre al disegno , al Pittore richieggono altre parti, tutte necessarissime. Ma hoggidì, se noi uogliamo porre nel numero di questi periti dell'arte alcuni Pittori di gran nome, gli troueremo pure in fauor di Rafaello: e se fra la moltitudine intenderemo quelli, che sono lontani dal Volgo, gli trouaremo similmente in suo fauore. Poi, se la moltitudine corre a ueder l'opere dell'uno e dell'altro: non è dubbio, che tutti non esclamino per Rafaello. E gia i fautori di Michel’Agnolo affermano, che Rafaello non seppe mai far cosa, che non piacessesommamente. Ma lasciamo da parte le autorità, e fermiamo ci sopra qualche sodo fondamento di ragione. Fab. Io u’ascolto uolentieri , come huomo intendentissimo, e parimente giudiciosissimo di qualunque cosa : e massimamente di Pittura. Aret. Voi douete ben sapere, che Rafaello uiuendo mi fu carissimo amico, & altresì è hora amico mio Michel’Agnolo. Il quale, quanta sia la stima, che faccia del mio giudicio, ne fa fede quella sua lettera in risposta d'una mia sopra la historia della sua ultima Pittura. E, quanta ancora ne facesse Rafaello, ne sarebbe testimonio Agostino Ghigi, se egli uiuesse: essendo che Rafaello mi soleua dimostrar quasi sempre ogni sua pittura, prima ch'egli la publicasse : & io fui buona cagione d’indurlo a dipinger le uolte del suo palagio. Ma tutto che ambedue mi siano stati amici, e l'uno serbi, ancor uiuendo, uiua l'amicitia meco: m’è piu amica la uerità. Sodisfarò adunque al uostro disiderio in cosa non necessaria: perche io mi credo, che questa disuguaglianza in fauor di Rafaello appresso gl'intendenti sia gia decisa: ma utile in questo; che prima mi conuerrà fare un poco di discorso d’intorno all'importanza della pittura. Dirò adunque primieramente quello, ch'è Pittura, e l’ufficio del Pittore: e poi discorrendo per tutte le sue parti, nel fine uerrò al paragone di costor due: et ancora ui ragionerò di alcuni altri : e principalmente di Titiano. Fab. So che molti hanno scritto honoratissimamente di Rafaello: come il Bembo, che lo mette uguale a Michel’Agnolo: e scrisse cio a tempo, che Rafaello era giouanetto: il Castiglione, che gli da il primo luoco: e Polidoro Virgilio, che lo aguaglia ad Apelle: & il simile fa il uostro Vasari Aretino nelle uite de’ Pittori. So d'altra parte, che l'Ariosto nel principio del trentesimo terzo canto del suo Furioso distingue in tal guisa Michel’Agnolo da gli altri Pittori, che lo fa Divino. Ma io non uoglio rapportarmi, come dite, ad autorità di alcuno, per gran letterato , che sia, ma solo alla ragione. Che, se io uolessi accostarmi al parer di altrui, senza dubbio douerei anteporre il uostro a quello di ciascun'altro. Aret. Voi di troppo mi honorate. E ui dico, che l’ Ariosto in tutte le parti del suo Poema ha dimostro sempre uno ingegno acutissmo, fuor che in questa: non dico di lodar Michel’Agnolo, che è degno d'ogni gran lode: ma di poner fra il numero di quei Pittori illustri, ch'egli nomina, i due Dossi Ferraresi: de’ quali l’uno stette qui a Vinegia alcun tempo per imparare a dipinger con Titiano: e l’altro in Roma con Rafaello: e presero una maniera in contrario tanto goffa , che sono indegni della penna d'un tanto Poeta. Ma questo errore sarebbe ancora tolerabile: perche si potrebbe dire, che egli dall’amor della patria fosse stato ingannato: se non ne hauesse egli fatto un uia maggiore in mescolar Bastiano con Rafaello, e con Titiano: atteso, che ci sono stati di molti Pittori assai piu eccellenti di costui: i quali non sono però degni da esser paragonati con niuno di questi due. Ma un tal peccadiglio (per usar questa uoce Spagnuola) non toglie, che l'Ariosto non fosse quel perfetto Poeta, ch’è tenuto dal mondo: percioche si fatte cose non sono di quelle, che appartengono all'ufficio del Poeta. ne uoglio però inferire, che Bastiano non fosse assai buon Pittore: ma auiene spesso, che una gemma, a altra cosa sola tenendosi, potrà bella apparire: e paragonata con altra, perderà riputatione, e non parerà piu quella. Poi è noto a ciascuno, che Michel’ Agnolo gli faceua i disegni: e chi si ueste delle altrui piume, essendone dipoi spogliato, riman simile a quella ridicola cornacchia, ch’è diseritta da Horatio. Ricordami, che essendo Bastiano spinto da Michel’ Agnolo alla concorrenza di Rafaello, Rafaello mi soleua dire: o quanto egli mi piace, M. Pietro, che Michel’Agnolo aiuti questo mio nouello concorrente, facendogli di sua mano i disegni: percioche dalla fama, che le sue Pitture non istiano al paragone delle mie, potrà auedersi molto bene Michel’Agnolo , ch'io non uinco Bastiano (perche poca loda sarebbe a me di uincere uno, che non sa disegnare ) ma lui medesimo, che si reputa (e meritamente) la Idea del disegno. Fab. Inuero, che Bastiano non giostraua di pari con Rafaello, se bene hauena in mano la lancia di Michel’ Agnolo: e questo, perche egli non la sapeua adoperare: e molto meno con Titiano: il quale non ha molto, che mi disse, che nel tempo, che Roma fu saccheggiata da soldati di Borbone, hauendo alcuni Tedeschi, da quali era stato occupato il palagio del Papa, acceso con poco rispetto il fuoco per uso loro in una delle camere dipinte da Rafaello: auenne, che’l fumo o la mano de gli’istessi guastò alcune teste. E partiti i soldati, e ritornatoui Papa Clemente, dispiacendogli, che cosi belle teste rimanessero guaste, le fece rifare a Bastiano. Trouandosi adunque Titiano in Roma; & andando un giorno per quelle camere in compagnia di Bastiano, fiso col pensiero e con gliocchi in riguardar le Pitture di Rafaello, che da lui non erano state piu uedute, giunto a quella parte, doue hauea rifatte le teste Bastiano, gli dimandò, chi era stato quel presontuoso & ignorante, che haueua imbrattati quei uolti, non sapendo però, che Bastiano gli hauesse riformati: ma ueggendo solamente la sconcia differenza, che era dall'altre teste a quelle. Ma lasciamo cotali disparità, che elle poco importano: e uegniamo alla Pittura. Aret. Il medesimo ho udito io ancora da altri. Fab. Diffinitemi adunque prima quello, che propriamente è Pittura. Aret. Farollo, benche è cosa facile, & intesa da tutti. Dico adunque la Pittura, breuemente parlando, non essere altro, che imitatione della Natura: e colui, che piu nelle sue opere le si auicina, è piu perfetto Maestro. Ma, perche questa diffinitione è alquanto ristretta e mancheuole, (percioche non distingue il Pittore dal Poeta, essendo che il Poetà si affatica ancora esso intorno alla imitatione) aggiungo, che il Pittore è intento a imitar per uia di linee, e di colori (o sia in un piano di tauola, o di muro, o di tele) tutto quello, che si dimostra all'occhio: & il Poeta col mezo delle parole ua imitando non solo cio che si dimostra all'occhio, ma che ancora si rappresenta all'intelletto. La onde essi in questo sono differenti, ma simili in tante altre parti, che si possono dir quasi fratelli. Fab. Questa diffinitione è facile e propria: e similmente è propria la similitudine tra il Poeta et il Pittore: hauendo alcuni ualenti huomini chiamato il Pittore Poeta mutolo , & il Poeta Pittore, che parla. Aret. Puossi ben dire, che quantunque il Pittore e non possa dipinger le cose, che soggiacciono al tatto; come sarebbe la fredezza della neue: o al gusto; come la dolcezza del mele: dipinge non di meno i pensieri e gli affetti dell'animo. Fab. Ben dite, Signor Pietro, ma questi per certi atti esteriori si comprendono: e spesso per uno inarcar di ciglia, o increspar di fronte, o per altri segni appariscono i segreti interni, tal che molte uolte non fa bisogno delle fenestre di Socrate. Aret. Cosi è ueramente. Onde habbiamo nel Petrarca questo uerso. ,, E spesso ne la fronte il cor si legge. Ma gliocchi sono principalmente le fenestre dell'animo: et in questi puo il Pittore isprimere acconciamente ogni passione: come l'allegrezze, il dolore, l’ire, le teme, le speranze, & i disideri. Ma pur tutto serue all'occhio de’ riguardanti. Fab. Dirò ancora, che, se bene il Pittore è diffinito Poeta mutolo, e che muta si chiami altresi la Pittura: sembra pure a un cotal modo, che le dipinte figure fauellino, gridino, piangano. ridano, e facciano cosi fatti effetti. Aret. Sembra bene ; ma però non fauellano, ne fanno que gli altri effetti. Fab. In cio si puo ricercare il parer del uostro uirtuoso Silustro, eccellente Musico, e sonatore del Doge : il quale disegna e dipinge lodeuolmente: e ci fa toccar con mano, che le figure dipinte da buoni Maestri parlano, quasi a paragon delle uiue. Aret. Questa è certa imaginatione di chimira, causata da diuerse attitudini, che a cio seruono, e non effetto o proprietà della Pittura. Fab. Соsi è. Aret. L'ufficio adunque del Pittore è di rappresentar con l'arte sua qualunque cosa, talmente simile alle diuerse opere della natura, ch'ella paia uera. E quel Pittore, a cui questa similitudine manca, non è Pittore: & all'incontro colui tanto piu è migliore e piu eccellente Pittore, quanto maggiormente le sue Pitture s'assomigliano alle cose naturali. La onde, quando io ui hauerò dimostro, questa perfettione trouarsi molto piu nelle Pitture del Santio, che del Buonaroti, senza fallo ne seguirà quello, che io ui ho replicaro piu uolte. Ne cio farò per diminuir la gloria di Michel’ Agnolo, ne per accrescer quella di Rafaello ; che a niun de’ due si puo aggiunger ne leuare: ma per gradire, come ho detto, a noi, che lo mi chiedete e per dire la verità: in seruigio della quale ho spesso indrizzata contra i Prencipi, come sapete, la spada della mia virtù, poco curandomi, che la uerità partorisca odio. Fab. Ad ogni modo non è alcuno, che ci ascolti. Aret. Et io uorrei, che ci fosser molti: perche oltre; c'ho a ragionar di soggetto nobile (che nobile ueramente è la Pittura) le cose uere si debbono dire a tutti; quando il fine non è di mordere, ma di giouare: come chi paragonando insieme Platone, & Aristotele, conchiudesse in fauore dell'uno o dell'altro, non sarebbe tenuto maledico, quando egli dimostrasse, ambedue essere stati gran Filosofi, ma l’uno all'altro superiore. Er io nel discorrer questi due Pittori spero di toccare alcune bellissime difficultà dell'arte: lequali, oue da uoi, o da altri fossero raccolte e scritte, non sarebbono elle senza utile di molti; che, se ben dipingono, poco intendono quello, che sia Pittura: la quale ignoranza è cagione, che diuengano arroganti e mordaci, stimando, che'l dipinger sia impresa facile e da tutti: oue in contrario è difficilissima, e da pochi. Giouarebbe anco questo ragionamento per auentura non poco a gli studiosi di lettere per la conformità, che ha il Pittore con lo Scrittore. Fab. Io per la domestichezza, Signor Pietro, che tenemo insieme, non haurò rispetto di ritirarui alquanto fuori di strada: cioè dall'ordine da uoi proposto: ricercando, che prima non ui sia graue di spendere alquante parole intorno alla dignità della Pittura. Che, se bene io ne ho letto altre uolte, non l'ho per ciò a memoria: senza, che la uiua uoce apporta sempre con esso lei non so che di piu. E prima anco uorrei, che mi dichiariste, se uno, che non sia Pittore, è atto a far giudicio di Pittura. È uero, che io trouo l'esempio in uoi: che senza mai hauer tocco pennello, sete, come ho detto, guidiciosissimo in quest’arte: ma non ci è piu, che un’Aretino. E disidero d'intender cio per questa cagione: che sono alcuni Pittori, i quali si sogliono ridere, quando odono, alcun letterato ragionar della Pittura. Aret. Costoro debbono esser di quelli, che di Pittore non tengono altro, che il nome: percioche, se hauessero fauilla di giudicio, saprebbono, gli Scrittori esser Pittori. Che Pittura è la Poesia: Pittura la Historia, e Pittura qualunque componimento de’ dotti. Di qui il nostro Petrarca chiamò Homero ,,Primo Pittor de le memorie antiche. Ma ecco, che io uoglio di queste uostre altre dimande a tutto mio podere, Fabrini contentarui: massimamente hauendo hoggi assai commodo tempo da ragionare: che non ci sarà alcuno, che uenga a disturbarci, per esser la maggior parte della città occupata in ueder gliapparecchi, che si sono fatti per la uenuta della Reina di Polonia, che in cotal giorno dee arriuare. E dico, che nell'huomo nasce generalmente il giudicio dalla pratica e dalla esperienza delle cose. E non essendo alcuna cosa piu famigliare e domestica all’huomo di quello, che l’huomo: ne seguita, che ciascun’huomo sia atto a far giudicio di quello, che egli uede ogni giorno: cioè della bellezza e della bruttezza di qualunque huomo. Percioche non procedendo la bellezza da altro, che da una conueneuole proportione, che comunemente ha il corpo humano, e particolarmente tra se ogni membro; & il contrario deriuando da sproportione: essendo il giudicio sottoposto all'occhio: chi è colui, che non conosca il bello dal brutto? Niuno per certo, se non è in tutto priuo d’occhio e d'intelletto. Onde hauendo l'huomo, come ha, questa cognitione intorno alla forma uera, che è questo indiuiduo: cioè l’huomo uiuo: perche non la dee hauer molto piu intorno alla finta, che è la morta Pittura ? Fab. Risponderanno perauentura, Signor Pietro, i Pittori, ch'essi non niegano, che, si come la Natura, comune madre di tutte le cose create, ha posta in tutti glihuomini una certa intelligenza del bene e del male: cosi non l’habbia posta el bello e del brutto. ma nella guisa, che per conoscer propriamente e pienamente quello, ch'è bene e male, è mestiero di lettere e di dottrina: cosi per saper con fondamento discernere il bello dal brutto, fa bisogno d'uno auedimento sottile, e d’un’arte separata. Laqual cosa è propria del Pittore. Aret. Questo non è inuero argomento, che conchiuda: perche altra cosa è l'occhio, altra l'intelletto. L’occhio non si puo ingannar nel uedere, se non è infermo, o losco, o impedito da qualche altro accidente. S’inganna bene, e molto spesso, l’intelletto, essendo adombrato da ignoranza, o da affettione. L’huomo disidera naturalmente il bene: ma puo errar nella elettione, giudicando bene quel che è male: come colui, il quale è piu pronto a seguir quello, che stima utile, che l’honesto. E di qui ha bisogno del Filosofo. Fab. Il medesimo si puo dir dell’occhio : che ingannato da certa apparenza, prende molte uolte per bello quel ch’è brutto, e per brutto quel ch’è bello. Aret. Gia u’ho detto, che la pratica fa il giudicio: е ui affermo , ch'è piu ageuole , che l'intelleto, che l'occhio, s’inganni. Non di meno tenete pur fermo, che in tutti è posto naturalmente un certo gusto del bene e del male, e cosi del bello e del brutto, in modo, ch’e’ lo conoscono. e si trouano molti, che senza lettere giudicano rettamente sopra i poemi, e le altre cose scritte: anzi la moltitudine è quella, che da comunemente il grido e la riputatione a Poeti, ad Oratori, a Comici, a Musici, & anco (e molto piu) a Pittori. Onde fu detto da Cicerone, che essendo cosi gran differenza da i dotti a gl'ignoranti, era pochissima nel giudicare. Et Apelle soleua metter le sue figure al giudicio commune. Рotrei anco dire, che’l giudicio delle tre Dee fu rimesso a un Pastore. Ma io non intendo in generale della moltitudine, ma in particolare di alcuni belli ingegni: i quali hauendo affinato il giudicio con le lettere e con la pratica, possono sicuramente giudicar di uarie cose, e massimamente della Pittura, che appartiene all'occhio: istrumento meno errabile: e la quale si accosta alla natura nella imitation di quelle cose, che noi habbiamo sempre inanzi. Vedete, che Aristotele scrisse dell'arte Oratoria, & però non fu Oratore: scrisse anco (perche mi potreste dire, ch'egli quelle facultà hauesse imparate, se ben non le esercitaua ) di animali e di altre cose, che non erano di sua professione. e similmente Plinio trattò di gemme, di statue, e di Pittura: ne fu lapidario, ne statuario, ne Pittore. Non niego gia, che’l Pittore non possa hauer cognitione di certe minutezze, di che non haurà contezza un'altro, che Pittore non sia. Ma queste, se ben saranno importanti nell’operare, saranno elle poi di poco momento nel giudicare. Parmi per queste poche parole a bastanza hauer dimostro, che ogni huomo ingenioso, hauendo all’ingegno aggiunta la pratica, puo giudicar della Pittura: e tanto piu, se e’ sarà auezzo a veder le cose antiche, e le Pitture de’ buoni Maestri: perche hauendo nella mente una certa imagine di perfettione, gli fia ageuole di far giudicio, quanto le cose dipinte si accostino, o si allontanino da quella. Fab. In questa parte rimango sodisfatto. Seguite in ragionar della dignità della Pittura: percioche sono alcuni, che poco prezzandola, si danno a credere, ch'ella sia arte mecanica. Aret. Costoro Fabrini, non conoscono, quanto ella sia utile, necessaria , e di ornamento al mondo & alle cose nostre. Non è dubbio, che ciascun’arte è tanto piu nobile, quanto ella è piu stimata da huomini di alta fortuna, e da pellegrini intelletti. La Pittura fu sempre in tutte l'età hauuta in sommo pregio da Re, da Imperadori, e da huomini prudentissimi. Ella adunque è nobilissima. Questo si proua ageuolmente con gli esempi, che si leggono in Plinio, & in diuersi Autori: i quali scriuono, che Alessandro Magno prezzò si fattamente la mirabile eccellenza di Apelle, ch’ei gli fece dono non pur di gioie e di thesori, ma della cara amica Campaspe, solo per hauer conosciuto, che Apelle, il quale l’haueua ritratta ignuda, se n'era di lei innamorato: liberalità incomparabile e maggiore che se egli donato gli hauesse un Regno, essendo che piu importa donar le affettioni de glianimi, che i Regni e le corone. Fab. Hoggidi non si trouano de gli Alessandri. Aret. Appresso ordinò, che a niuno, fuor che ad Apelle, fosse lecito di dipingerlo dal naturale. E prendeua tanto diletto della Pittura, che spesso lo andaua a trouare alla sua stanza, e spendeua di molte hore in ragionar seco domesticamente, & in uederlo dipingere. E questo fu pur quell'Alessandro : il quale oltre, ch’era stato molto bene introdotto nella cognition della Filosofia da Aristotele, che gli fu maestro, haueua posto il fine d'ogni sua gloria nell’arme, e nel uincere e soggiogare il mondo. Leggesi ancora, che trouandosi il Re Demetrio con un grande esercito accampato a Rhodi: e potendo con molta facilità prender questa città, se ui faceua accendere il fuoco in certa parte, doue era posta una tauola, dipinta da Prothogene: come che egli ardesse di disiderio d'impadronirsi di cosi nobile città, elesse di perderla, perche l’opere di Prothogene non si abbruciasse : facendo maggiore istima d'una pittura, che d'una città. Fab. Bellissimo esempio in lode della pittura. Aret. Ce ne sono de gli altri: come, essendo condotto Apelle da uno, che gli portaua inuidia, al conuito di certo Re suo nimico, il Re conosciutolo, con fiero sguardo gli dimandò, perche egli fosse stato cotanto audace, che hauesse haunto ardimento di uenire alla sua presenza. Apelle, non ui si trouando colui, che quiui l'haueua menato, prese un carbone in mano, e disegnò prestamente nel muro la faccia di quel suo nimico, tanto simile alla uera, che dicendo egli al Re. costui è quello, che mi ui ha condotto, il Re conosciutolo da quel poco di macchia fatta da Apelle, gli perdonò, mosso solamente da marauiglia della sua uirtù. Douete anco sapere, che i Fabij, nobilissima famiglia Romana, furono cognominati Pittori, per hauere il primo di tal cognome dipinto in quella città il tempio della salute. Fab. Ricordomi, che Quinto Pedio, nipote di Cesare, da lui lasciato a parte dell'heredità con Ottauio, dipoi cognominato Augusto, essendo nato mutolo, fu da Messala Oratore posto ad imparare a dipingere: il cui consiglio fu lodato dal detto, conoscendo quel prudente Imperadore, che dopo le lettere non si trouaua arte piu nobile della Pittura: e’ uolendo con quest'arte supplire al difetto della Natura. Ricordomi parimente, che alcuni huomini dotti furono Pittori : come Pacuuio antico Poeta, Demosthene Prencipe de’ Greci oratori. Metrodoro fu parimente Pittore e Filofofo: & anco il nostro Dante imparò a disegnare. Aret. E hoggidì qui in Vinegia Mons. il Barbaro eletto Patriarca di Aquilegia: Signor ai gran ualore, e d'infinita bontà: e parimente il dotto gentilhuomo M. Francesco Morosini: i quali due disegnano e dipingono leggiadramente: oltre una infinità di altri gentil’huomini, che si dilettano della Pittura, tra i quali v’è il Mag. M. Alessandro Contarini non meno ornato di lettere, che di altre rare uirtù. Ma seguendo le grandezze de’ Prencipi, che dirò di Carlo Quinto: il quale, come emulo di Alessandro Magno, per le molte cure, e per i trauagli quasi continui, che gli apportano le cose della guerra, non lascia di uolger molte uolte il pensiero a quest'arte. la quale ama et apprezza tanto, che essendogli peruenuta al l’orecchie la fama del diuin Titiano, con benigni et amoreuoli inuiti due uolte lo chiamò alla corte: doue oltre allo hauerlo honorato al pari de’ primi personaggi, che erano in essa corte gli concesse priuilegi, provisioni, e premi grandissimi: e d’un solo ritratto, ch’ei gli fece in Bologna, mille scudi ordinò, che gli fossero dati. et anco Alfonso Duca di Ferrara si mostrò molto amico della Pittura: e diede al medesimo trecento scudi per un ritratto di se stesso, fatto dalla sua mano. Il quale ueduto poi da Michel’Agnolo, ei lo ammirò e lodò infinitamente, dicendo, ch'egli non haueua creduto, che l'arte potesse far tanto: e che solo Titiano era degno del nome di Pittore. Fab. Percerto la eccellenza di questo huomo è tanta, che, quando l'Imperadore e’l Duca di Ferrara gli hauesser donato una città, non l'haurebbono premiata à bastanza. Ma non resta che Michel’Agnolo non sia Michel’Agnolo . Aret. Aspettate pure. Il Re Filippo ancora, degno figliuolo di tanto Prencipe, ama & honora la Pittura : e delle molte opere, che gli manda spesso Titiano, spero, che un giorno se ne uedranno premi degni della grandezza di si fatto Re, e della uirtù di cotal Pittore. Ho similmente inteso, che l'uno e l’altro sanno disegnare . E. M. Enea Vico Parmigiano, non solo intagliator di stampe di rame hoggidi senza uguale, ma letterato, e sottile inuestigator delle cose appartinenti alla cognition delle historie: come si uede ne’ libri delle sue Medaglie , e della genealogia de’ Cesari: essendo gia qualche anno ritornato dalla corte, mi raccontò, che appresentato ch'egli hebbe a Cesare il rame del suo politistimo intaglio: nel quale fra diuersi ornamenti di figure, che dinotano le imprese e la gloria di sua Maestà, si contiene il suo ritratto: Cesare presolo in mano, & appoggiatosi a una fenestra, lo drizzò al suo lume: e dopo lo hauerlo riguardato intentamente buona pezza, oltre al disiderio, che dimostrò, che di quello si stampassero molte carte, non si potendo cio fare, perche il rame era indorato, discorrendo seco minutamente d'intorno alla inuentione, & al disegno, diede un buon saggio di esserne intendente tanto, quanto molti altri, che ne facciano professione: o poco meno: e fece annouerare al medesimo dugento scudi. Fab. Mi uiene in memoria di hauer letto in Suetonio, che ancora Nerone Imperadore (per altro uitioso e crudele) dipingeua, e faceua di sua mano rilieui di terra bellissimi: e Giulio Cesare parimente soleua esser uaghissimo di Pitture e d'intagli. Aret. Dilettossene etiandio Adriano Imperadore, & Alessandro Seuero, figliuolo di Mammea, & alcuni altri. E, se uogliamo riguardare a prezzi, con che furono comperate diuerse Pitture, gli troueremo quasi infiniti. Percioche si legge, che Tiberio ne pagò una sessanta sestertij: che fanno cento cinquanta libbre d'argento Romane. Et il Re Attalo comperò una tauola d'Aristide Thebano per cento talenti : che uagliono, riducendogli alla nostra moneta, sessanta mila Scudi, Fab. So, che si trouarono similmente alcuni Pittori: (tra quali fu Zeusi i quali stimando, che ne l’argento, ne l’oro bastassero a pagar compiutamente le loro opere, le donauano. Aret. È ben uero, ch’a nostri di comunemente i Prencipi sono molto piu ristretti ne’premi di tali gloriose fatiche, che gli antichi a que’ buoni tempi non erano: come auiene anco ne gli honorati sudori de’ letterati. Fab. E questo diede cagione all'arguto e piaceuole Martiale di dire. ,, Trouinsi, Flacco, pur de’ Mecenati, ,, Che Virgilj hoggidì non mancheranno. Aret. Non dimeno oltre a quello, che s’è detto di Titiano, Leonardo Vinci, gran Pittore, fu largamente donato, & infinitamente honorato da Filippo Duca di Melano, e dal liberalissimo Francesco Re di Francia, nelle cui braccia egli si morì uecchissimo di molti anni. Rafaello da Papa Giulio secondo, e poscia da Leone Decimo, e Michel’Agnolo da que’ due Pontefici, e da Papa Paolo Terzo: dal quale ancora fu honorato pur Titiano nel tempo, ch'egli fece il suo ritratto in Roma, e quella bellissima nuda per il Cardinal Farnese, che fu con marauiglia piu d'una uolta ueduta da Michel’Agnolo. È stato egli oltre a cio piu uolte ricerco da tutti i Duchi e Signori, cosi Italiani, come Tedeschi. Fab. Meritamente furono sempre stimati i Pittori : perche e’ pare, che essi d'ingegno e di animo auanzino gli altri huomini: poi che le cose, che Dio fatte ha, ardiscono con l'arte loro d'imitare, e le ci appresentano in modo , che paion uere. Onde non mi fo marauiglia, che i Greci conoscendo la grandezza della Pittura, prohibissero a serui il dipingere: e che Aristotele se pari quest'arte dalle Mecaniche, dicendo, che si dourebbe per le città instituir publiche scuole, oue i fanciulli l'apparassero. Aret. Fin qui adunque habbiamo ueduto in buona parte la nobiltà della Pittura, & in quanto pregio fossero e siano i buoni Pittori : ueggiamo hora, quanto ella sia utile, diletteuole, e di ornamento. Prima non è dubbio, ch’è di gran beneficio a gli huomini il ueder dipinta la imagine del nostro Redentore, della Vergine, e di diuersi Santi e Sante. E puossi prendere argomento da questo: che ancora che alcuni Imperadori, e massimamente Greci, prohibissero l’uso publico co delle imagini, esso da molti Pontefici ne’ Sagri concilij fu approuato: e la Chiesa danna per Heretici coloro, che non le accettano. Perche le imagini non pur sono, come si dice, libri de gl’ignoranti: ma (quasi piaceuolissimi suegliatoi) destano anco a diuotione gl'intendenti: questi e quelli inalzando alla consideratione di cio, ch'elle rappresentano. Onde si legge, che Giulio Cesare ueggendo in Ispagna una statua di Alessandro Magno: e mosso da quella a considerar, che Alessandro ne glianni, ne’ quali esso alhora si trouaua, haueua quasi acquistato il mondo, e che da lui non si era ancor fatta cosa degna di gloria, pianse: e tanto s’infiammò nel disiderio della immortalità, che si mise di poi a quelle alte imprese, per lequali non solo si fece eguale ad Alessandro, malo superò. Scriue anco Sallustio, che Quinto Fabio, e Publio Scipione soleuano dire, che, quando riguardauano le imagini de’ maggiori, si sentiuano accender tutti alla uirtù: non che la cera o il marmo, di ch’era fatta la imagine, hauesse tanta forza: ma cresceua la fiamma ne glianimi di que’ egregi huomini per la memoria de’ fatti illustri: ne prima si acquetana, che essi con le loro prodezze non haueuano aguagliata la lor gloria. Le imagini adunque de’ buoni e de’ uirtuosi infiammano gli huomini, come io dico, alla uirtù & alle opere buone. Et oltre alle cose della religione apporta ancora quest’arte utile a i Prencipi, & a i Capitani, ueggendo essi spesse volte disegnati i siti de’ luoghi, e delle città, prima che incaminino gli eserciti , e si pongano a ueruno assalto. onde si puo dire, che la sola mano del Pittore sia lor guida: essendo che il disegno è proprio di еssа Pittore. Hassi ancora a riconoscer dal Pittore la carta del nauigare, e parimente da lui hanno origine e forma tutte le arti manuali. Perche Architetti, Muratori, Intagliatori, Orefici, Ricamatori, Legnaiuoli, & insino i Fabbri, tutti ricorrono a disegno: proprio, come s’è detto, del Pittore. Fab. Non si puo negare: percioche di qualunque cosa, uolendo significar, che ella sia bella, si dice, lei hauer disegno. Aret. Quanto al diletto, benche cio si possa comprender dalle cose dette inanzi, aggiungo, che non è cosa, che tanto soglia tirare a se, e pascer gliocchi de’ riguardanti , quanto fa la Pittura: non le gemme, non l’oro istesso. Anzi questo e quel le sono piu stimati, se qualche intaglio, o lauoro di mano di artificioso Maestro in se contengono: o che siano figure d'huomini, o d'animali, o altra cosa, che habbia disegno e uaghezza. E questo non solamente auiene a coloro, che sanno, ma al uolgo ignorante, & anco a fanciulli : i quali talhor ueggendo qualche imagine dipinta, la dimostrano quasi senpre col dito: e pare, che tutti s’ingombrino di dolcezza i lor pargoletti cuori. Fab. Il medesimo scriue il Castiglione in una sua bellissima Elegia Latina, che aueniua a suoi piccioli figliuoletti nel riguardare il suo ritratto fatto da Rafaello, che hora si troua in Mantoua: & è opera degna del suo nome. Aret. Infine chi è colui, che non comprenda l’ornamento, che porge la Pittura a qualunquе соsа? Percioche e i publici edifici & i priuati, benche siano i muri di dentro uestiti di finissimi arazzi: e le casse , e le tauole coperte di bellissimi tapeti, senza l’ornamento di qualche pittura assai di bellezza e di gratia perdono. E di fuori molto piu dilettano a gliocchi altrui le facciate delle case e de’palagi dipinte per mano di buon Maestro, che con la incrostatura di bianchi marmi, di porfidi, e di serpentini fregiati di oro. Il simile ui dico delle chiese e de’ sacri chiostri. Onde non senza cagione i pontefici da me detti procurarono, che le stanze del palagio Papale fossero dipinte da Rafaello , e le capelle di San Pietro, e di San Paolo da Michel’ Agnolo : e questa Illustris. Signoria fece dipinger la Sala del gran consiglio a diuersi Pittori piu e meno ualenti, secondo quelle età roze, o non ancora capaci dell'eccellenza della Pittura. E dipoi ui ha fatto far due quadri a Titiano. Il cui pennello uolesse Dio, che l'hauesse tutta dipinta: che forse hoggidi la medesima sarebbe uno de' piu belli & honorati spettacoli, che si uedesse in Italia. Fece ancora (ma molto a dietro) dipinger dal di fuori il fondaco de’ Tedeschi a Giorgio da Castel franco: & a Titiano medesimo, che alhora era giouanetto, fu allogata quella parte, che riguarda la Merceria. Di che dirò al fine alquante parole. Ma di questa parte non accade dire altro: se non, che fra costumi Barbari de gl’infedeli, questo è il peggiore, che non comportano, che in fra di loro si faccia alcuna imagine di Pittura, ne di Scoltura. È ancora la Pittura necessaria: percioche senza il suo aiuto noi non hauressimo (come s'è potuto conoscere) ne habitatione, ne cosa alcuna, che appartenga all'uso ciuile. Fab. Voi hauete, Signor Pietro, secondo il mio parere, ragionato molto a pieno della dignità della pittura. Hora ui sia in grado di seguir la materia ordinata, accio che io sappia fare il giudicio, ch'io ricerco. Aret. Haurei potuto assai piu allargarmi: ma non essendo cio appartinente al paragone, per cui parliamo, basterà questo a sodisfation della uostra richiesta. E tornando nel camino, donde uscito io sono, hauendo diffinita la Pittura, e detto, qual sia l'ufficio del Pittore, seguirò hora ogni sua parte. Fab. Gia mi diletta molto questo ragionamento: e ueggio , che uoi ragionate copiosamente, e con molto ordine. Aret. Tutta la somma della Pittura a mio giudicio ė diuisa in tre parti : Inuentione, Disegno, e Colorito. La inuentione è la fauola, o historia, che’l Pittore si elegge da lui stesso: o gli è posta inanzi da altri per materia di quello, che ha da operare. Il disegno è la forma, con che egli la rappresenta. Il colorto serue a quelle tinte, con le quali la Natura dipinge (che cosi si puo dire) diuersamente le cose animate & inanimate. Animate: come sono glihuomini e gli animali bruti: iuanimate, come i sassi, l’herbe, le piante, e cose tali: benche queste ancora sia no nella spetie loro animate, essendo elleno partecipi di quell'anima, che è detta uegetatiua: la quale le perpetua e mantiene. Ma ragionerò da Pittore, e non da Filofofo. Fab. A me parete l'uno e l’altro. Aret. Piacemi, se cosi è. E cominciando dalla inuentione, in questa dico, che ui entrano molte parti : tra lequali sono le principali l’ordine e la conueneuolezza. Percioche, se'l Pittore (per cagion di esempio) haurà a dipinger Christo, o San Paolo, che predichi, non istà bene, che lo faccia ignudo , o lo uesti da soldato, o da marinaio: ma bisogna, ch’e’ consideri un’habito con ueniente all’uno & all'altro: e principalmente di dare a Christo una effigie graue accompagnata da una amabile benignità e dolcezza: e cosi di far San Paolo con aspetto, che a tanto Apostolo si conuiene, in modo, che l'occhio, che riguarda, stimi di uedere un uero ritratto, si del datore della salute, come del uaso di elettione. Onde non senza cagione fu detto a Donatello, il quale haueua fatto un Crocefisso di legno , ch’egli haueua messo in Croce un contadino; ancora che a Donatello nell'arte della Scoltura si trouasse ne’ tempi moderni niun pari, e un solo Michel’Agnolo superiore. Similmente hauendo il Pittorea dipinger Mosè, non dourà fare una figura meschina, ma tutta piena di grandezza e di maestà. Di qui terrà sempre riguardo alla qualità delle persone, ne meno alle nationi, a costumi, a luoghi, & a tempi: tal, che se depingerà un fatto d'arme di Cesare, o di Alessandro Magno, non conuiene, che armi i soldati nel modo, che si costuma hoggidì, & ad altra guisa farà le armature a Macedoni, ad altra a Romani; e, se gli uerrà imposto carico di rappresentare una battaglia moderna, non si ricerca, che la diuisi all'antica. Cosi uolendo raffigurar Cesare, saria cosa ridicola, ch'ei gli mettesse in testa uno inuolgio da Turco, o una berretta delle nostre, o pure alla Vinitiana. Fab. Questa parte della conueneuolezza è ancora necessarissima a gli Scrittori, tanto, che senza essa non possono far cosa perfetta. Onde ben disse Horatio, che in una Comedia importa molto, che habbia a fauellare il seruo, o il padrone. Onde è ua toccando le conditioni, che si debbono serbare in Achille, e quelle che in Oreste, in Medea, & in altri. Aret. Errò nella conueneuolezza non solo de gli habiti, ma anco de’ uolti Alberto Duro: il quale, perche era Tedesco, disegnò in piu luoghi la madre del Signore con habito da Tedesca, e similmente tutte quelle Sante Donne, che l’accompagnano. Ne restò ancora di dare a Giudei effigie pur da Tedeschi, con que’ mostacchi e capigliature bizarre, ch'essi portano, e con i panni, che usano. Ma di questi errori, che appartengono alla conueneuolezza della inuentione, ne toccherò forse alcuno, quando uerrò al paragone di Rafaello, e di Michel’ Agnolo. Fab. Vorrei, Signor Pietro, che non solamente tocaste gli estremi uitiosi, ne’ quali non caggiono, senon gli sciocchi; ma che ragionaste ancora di quelle parti, lequali confinano col uitio e con la uirtù: oue anco i grand’huomini alle olte inciampano. Aret. Questo farò. Ma stimate uoi, che fosse perauentura sciocco. Alberto Duro? Egli fu ualente Pittore, & in questa parte della inuentione stupendo. E, se l'istesso fosse nato cosi in Italia, come nacque in Germania (nella quale auenga, che in diuersi tempi ui habbiano fiorito ingegni nobilissimi, cosi nelle lettere, come in uarie arti, la perfettion della Pittura, non ui fu giamai) mi gioua a credere, ch’ei non sarebbe stato in feriore ad alcuno. E per testimonio di cio ui affermo, che l’istesso Rafaello non si recaua a uergogna di tener le carte di Alberto attaccate nel suo studio, e le lodaua grandemente. E, quando egli non hauesse hauuto altra eccellenza, basterebbe a farlo immortale l’intaglio delle sue stampe di rame: il quale intaglio con una minutezza incomparabile rappresenta il uero & il uiuo della natura, di modo, che le cose sue paiono non disegnate, ma dipinte; e non dipinte, ma uiue. Fab. Ho uedute alcune sue carte; lequali nel uero in questa parte m'hanno fatto stupire. Aret. Questo è quanto alla conueneuolezza. Quanto all'ordine, è mistiero, che’l Pittore uada di parte in parte rassembrando il successo della historia, che ha presa a dipingere, cosi propriamente, che i riguardanti stimino, che quel fatto non debba essere auenuto altrimenti di quello, che da lui è dipinto. Ne ponga quello, che ha ad essere inanzi, dapoi; ne quello, c’ha ad esser dapoi, inanzi, disponendo ordinatissimamente le cose, nel modo, che elle seguirono. Fab. Questo istesso insegna Aristotele nella sua Poetica a gli Scrittori di Tragedie e di Comedie. Aret. Ecco Timante, uno de’ lodati Pittori antichi; il quale dipinse Ifigenia, figliuola di Agamennone, di cui Euripide compose quella bella Tragedia, che fu tradotta dal Dolce, e ricitata qui in Vinegia alcuni anni sono: la dipinse dico inanzi all’altare, oue essa aspettaua di essere uccisa in sacrificio a Diana. & hauendo il Pittore nelle faccie de’ circostanti espressa diuersamente ogni imagine di dolore, non si assicurando di poterla dimostrar maggiore nel uolto del dolente padre, fece, che egli se lo copriua con un panno di lino, ouero col lembo della uesta: senza, che Timante ancora serbò in cio molto bene la conueneuolezza: perche essendo Agamennone padre, pareua, ch’e’ non douesse poter sofferire di ueder con gliocchi propri amazzar la figliuola. Fab. Bellissima nel uero inuentione fu questa. Aret. Parrhasio similmente, illustre Pittore di quella età, fece due figure: l’una delle quali contendendo della uittoria, pareua, che sudasse: l’altra si disarmaua, e sembraua, che ansasse. Questi due esempi di Pittori antichi possono dimostrar di quanta importanza al Pittore sia la inuentione; perche da lei deriuano, ouero seco si accompagnano tutte le belle parti del disegno: ne resterò piu inanzi di dirne alcuno de’ Pittori moderni. Non meno dee imaginarsi il Pittore i siti, e gli edifici simili alla qualità de’ paesi, in guisa, che non attribuisca ad uno quello, ch’è proprio dell'altro. Onde non fu molto prudente quel Pittore: il quale dipingendo Mosè, che con la uerga percotendo il sasso, ne fece uscir miracolosamente fuori l'acqua disiderata da gli Hebrei, finse un paese fertile, herboso, e cinto di uaghe Montagnette: si, perche la historia pone, che questo miracolo auenisse nel de serto: si ancora, perche ne’ luoghi fertili u’è sempre abondanza d'acqua. Fab. Bisogna certamente, che’l Pittore habbia un fiorito ingegno, & non dorma punto nella inuentione. Vedete, come bene Horatio nel principio della sua Poetica, scritta a i due Pisoni, volendo fauellar pur’della inuentione; e prendendo la similitudine dal Pittore, per essere il Poeta e’l Pittore, come s'è detto, insieme quasi fratelli, ci rappresenta una sconueneuolissima inuentione: il senso de i cui uersi puo esser tale. Se collo di cauallo a capo humano Alcun Pittor per suo capriccio aggiunga, Quello di uarie piume ricoprendo: E porga al corpo suo forma si strana, Che fra diuerse qualità di membra Habbia la coda di difforme pesce, E la testa accompagni un dolce aspetto Di uaga e leggiadrissima Donzella: A ueder cosa tal, sendo chiamati, Potreste amici ritener il riso? Aret. E questo al mio parere dinota, che in tutto il contenimento della historia, la quale abbracci molte figure, si faccia un corpo, che non discordi: come sarebbe, se io hauessi a dipingere il piouer della manna nel deserto, dourei fare, che tutti gli Hebrei, che in tal cosa si uanno rappresentando, con uarie attitudini raccogliessero questo cibo celeste, dimostrando allegrezza e disiderio grandissimo, in guisa, che non paresse, che alcuno si stesse in darno: come si uede nella carta di Rafaello: il quale oltre cio si ha imaginato un deserto uero con casamenti di legnami conuenienti al tempo & al luogo; e dato a Mosè effigie graue, uestendo lo di habito lungo, & hallo fatto di statura grande et augusta, dando insino alle Giudee uesti con raccami, si come elle usauano. Ne debbo tacere, poi che non si dee tacere la uerità, che intorno alla historia colui, che dipinse nella sala detta di sopra, appresso il quadro della battaglia dipinta da Titiano, la historia della scomunica, fatta da Papa Alessandro a Federico Barbarossa Imperadore, hauendo nella sua inuentione rappresentata Roma, uscì al mio parere sconciamente fuori della conueneuolezza a farui dentro que’ tanti Senatori Vinitiani, che fuor di proposito stanno a uedere: conciosia cosa, che non ha del uerisimile, che essi cosi tutti a un tempo ui si trouassero: ne hanno punto da far con la historia. Seruò bene (e diuinamente) all'incontro la conueneuolezza Titiano nel quadro, oue il detto Federica s'inchina & humilia inanzi il Papa, baciandogli il santo piede: hauendoui dipinto giudiciosamente il Bembo, il Nauagero, & il Sannazaro: che riguardano. Percioche quantunque l’auenimento di questa cosa fosse molti anni a dietro, i primi due sono imaginati in Vinegia patria loro; & non è lontano dal uero, che’l terzo ui sia stato. Senza che non era disconueneuole, che uno de’ primi Pittori del mondo lasciasse nelle sue publiche opere memoria dell'aspetto de’ tre primi Poeti e dotti huomini della nostra età: due de’ quali erano gentilhuomini Vinitiani, e l’altro fu tanto affettionato a questa nobilissima Città di Vinegia, che in un suo Epigramma l’antepose a Roma. L'epigramma ridotto nella lingua nostra è questo. Vedendo la Città d'Adria Nettuno Gloriosa sedersi in mezo a l’onde, E porre a tutto’l Mar legge & impero: Gioue, quanto a te par (stupendo disse) Del gran Monte Tarpeo ti gloria e uanta, E le mura di Marte apprezza e loda. Se inanzi al Mare il tuo bel Tebro poni, L’una e l'altra Città riguarda e mira: E si dirai tu poi: Quella hebbe forma Gia per le man de gli huomini mortali: Ma questa fabricar glieterni Dei. Il medesimo epigramma fu leggiadramente tradotto in un Sonetto dal uirtuosissimo giouane M. Giouan Mario Verdezotto: il quale molto di Pittura dilettandosi, l'accompagna con le lettere, alle uolte ancora egli disegnando e dipingendo. Aret. Sono cotali lode nel uero grandi ; ma degne di questa Città. Ora presuppongasi, che questo huomo da bene in cio non sia punto mancato di giudicio (che certo, quando quella inuentione non meriti laude per altro; si lo merita ella per la dignità di que’ rari Signori, che rappresenti essendo, che le imagini spesse uolte si riueriscono per la effigie di coloro, che elle contengono, se ben sono di mano di cattiui Maestri) mostrò di hauer bene hauuto poca consideratione alhora, ch’ei dipinse la Santa Margherita a cauallo del Serpente. Fab. Io niuna di queste opere ho ueduto. Ma della inuentione parmi hauere udito assai. Раssаte al disegno. Aret. Ho da dire ancora d'intorno alla materia della inuentione alquante parole: come, che ogni figura faccia bene la sua operatione. Onde se una siede, paia, che ella sieda commodamente: se sta in piede, fermi le piante de’ piedi in guisa, che non paia, che, trabbocchi: e se ella si muoue, sia il mouimento facile, e con le circostanze, che toccherò piu auanti. Et è impossibile, che’l Pittore possegga bene le parti, che conuengono alla inuentione, si per conto della historia, come della conueneuolezza, se non è pratico delle historie e delle fauole de’ Poeti. Onde si come è di grande utile a un letterato per le cose, che appartengono all'ufficio dello scriuere, il saper disegnare : cosi ancora sarebbe di molto beneficio alla profession del Pittore il saper lettere. Ma non essendo il Pittor letterato, sia almeno intendente, come io dico, delle historie, e delle Poesie, tenendo pratica di Poeti, e d’huomini dotti. Voglio ancora auertire, che quando il Pittore ua tentando ne’primi schizzi le fantasie, che genera nella sua mente la historia, non si dee contentar d'una sola, ma trouar piu inuentioni, e poi fare iscelta di quella, che meglio riesce, considerando tutte le cose insieme, e ciascuna separatamente: come soleua il medesimo Rafaello: il quale fu tanto ricco d’inuentione, che faceua sempre a quattro e sei modi, differenti l’uno dall'altro, una historia, e tutti hauenano gratia, e stauano bene. E guardi sopra tutto il Pittore di non incorrer nel uitio di colui, che hauendo cominciato a fare un bel uaso, lo fa riuscire in una scodella, o in altra cosa simile di uile e picciolo prezzo. Questo dico: perche auiene spesso, che'l Pittore si haurà imaginata alcuna bella inuentione, ne riuscirà poi in rappresentarla per debolezza delle suo forze. Onde dourà lasciarla, e prenderne un’altra, che possa condur bene, in tanto, ch’e’ non sia sforzato di far quello, che non era sua intentione. Fab. E questo auiene medesimamente a noi altri, che per pouertà di parole spesse uolte siamo astretti a scriuer cosa, che non haueuamo nel pensiero. Aret. Per quello, che s’è detto, appare, che la inuentione uien da due parti, dalla historia, e dall'ingegno del Pittore. Dalla historia egli ha semplicemente la materia. E dall’ingegno oltre all’ordine e la conueneuolezza, procedono l’attitudini, la uarietà, e la (per cosi dire) energia delle figure. ma questa è parte comune col disegno. Basta a dire, che in niuna parte di questa inuentione il Pittore sia ocioso: e non elegga piu, che un numerò conueneuole di figure, considerando, che egli le rappresenta all'occhio del riguardante: il quale confuso dalla troppa moltitudine s’infastidisce; ne è uerisimile, che in un tempo gli si appresentino inanzi tante cose. Fab. Cosi uogliono i giudiciosi, che si dia al Poema; e massimamente alle Comedie et alle Tragedie; una lunghezza mediocre, adducendo per ragione, che se una cosa animata è troppo grande, è abhorrita: se troppo picciola, uien dileggiata. Aret. E perche habbiamo ristretto il Pittore sotto queste leggi, si dell'ordine, come della conueneuolezza: non è che alle uolte egli, come il Poeta, non роssа prendersi qualche licenza, ma tale, che non trabbocchi nel uitio. Che non ista bene, che si accoppino insieme le cose piaceuoli, con le fiere : come i Serpenti con gli Vccelli, e gli Agnelli con le Tigri. Ma uengo al disegno. Il disegno, come ho detto, è la forma, che da il Pittore alle cose, che ua imitando: & è proprio un giramento di linee per diuerse uie, lequali formano le figure. Oue bisogna, che’l Pittore ponga ogni cura, e sparga del continouo ogni suo sudore: percioche una brutta forma toglie ogni laude a qual si uoglia bellissma inuentione: ne basta a un Pittore di esser bello inuentore, se non è parimente buon disegnatore: percioche la inuentione si appresenta per la forma; e la forma non è altro, che disegno. Deue adunque il Pittore procacciar non solo d’imitar, ma di superar la Natura. Dico superar la Natura in una parte: che nel resto è miracoloso, non pur, se ui arriua, ma quando ui si auicina. Questo è in dimostrar col mezo dell’arte in un corpo solo tutta quella perfettion di bellezza, che la natura non suol dimostrare a pena in mille. Perche non si troua un corpo humano cosi perfettamente bello, che non gli manchi alcuna parte. Onde habbiamo lo esempio di Zeusi; che hauendo a dipingere Helena nel Tempio de’ Crotoniati, elesse di uedere ignude cinque fanciulle: e togliendo quelle parti di bello dall’una che mancauano all'altra, ridusse la sua Helena a tanta perfettione, che ancora ne resta uiua la fama. Ilche puo anco seruire per ammonitione alla temerità di coloro, che fanno tutte le lor cose di pratica. Ma, se uogliono i Pittori senza fatica trouare un perfetto esempio di bella Donna, leggano quelle Stanze dell’Ariosto, nelle quali egli discriue mirabilmente le bellezze della Fata Alcina: e uedranno parimente, quanto i buoni Poeti siano ancora essi Pittori. le Stanze (che io le ho conseruate sempre, come Gioie bellissime, nel thesоro della memoria) sono queste. ,,Di persona era tanto ben formata, ,,Quanto me’ finger san Pittori industri. Ecco, che, quanto alla proportione, l’ingeniosissimo Ariosto assegna la migliore, che sappiano , formar le mani de’ piu eccellenti Pittori, usando questa uoce industri, per dinotar la diligenza, che conuiene al buono artefice. ,, Con bionda chioma lunga, & annodata: ,, Oro non è, che piu risplenda e lustri. Poteua l’ Ariosto nella guisa, che ha detto chioma bionda, dir chioma d'oro: ma gli parue forse, che haurebbe hauuto troppo del Poetico. Da che si puo ritrar, che’l Pittore dee imitar l’oro, e non metterlo (come fanno i Miniatori) nelle sue Pitture, in modo, che si possa dire, que’ capelli non sono d'oro, ma par che risplendano, come l’oro: ilche se ben non è cosa degna di auertimento, pur piacemi hauerla tocca. Et a questo proposito ricordomi hauer letto in Atheneo: che, quantunque si legga ne’ Poeti, Apollo con questo aggiunto di auricomo: che (come sapete) uuol dire chioma d'oro, non dee un Pittore, dipingendo la imagine di Apollo, farlo co’ capelli di oro, ne molto meno di color nero, che sarebbe maggior fallo: uolendo inferire, che l'ufficio del Pittore è d’imitare il proprio di qualunque cosa con le distintioni, che si conuengono. Spargeasi per la guancia delicata Misto color di rose e di ligustri. Qui l'Ariosto colorisce, & in questo suo colorire dimostra essere un Titiano. Ma non è hora da parlare di questa parte. Segue adunque. Di terso auorio era la fronte lieta, Che lo spatio finia con giusta meta. & aggiunge. Sotto duo negri e sottilissimi archi Son duo negr’occhi, anzi duo chiari Soli, Pietosi a riguardar , a mouer parchi, Intorno a cui par, ch’Amor scherzi e uoli, E ch’indi tutta la Faretra scharchi, E che uisibilmente i cori inuoli: Quindi il naso per mezo il viso scende, Che non troua l'inuidia, oue lo emende. Dipinge gliocchi neri; le cigla similmente nere e sortilissime; il naso, che discende giu, hauendo perauentura la consideratione a quelle forme de’ nasi, che si ueggono ne’ ritratti delle belle Romane antiche. Le altre Stanze seguirò senza punto interromperle. Bianca neue è il bel collo, e’l petto latte, Il collo è tondo, il petto colmo e largo: Due pome acerbe e pur d'auorio fatte Vengono e uan, come onda al primo margo, Quando piaceuol’aura il mar combatte. Non potria l'altre parti ueder Argo. Ben si puo giudicar, che corrisponde A quel, ch’appar di fuor, quel, che s’asconde. Mostra le braccia sua misura giusta, E la candida man spesso si uede, Lunghetta alquanto, e di larghezza angusta: Doue ne nodo appar, ne uena eccede. Si uede al fin de la persona augusta Il breue, asciutto, e ritondetto piede. Gli angelici sembianti nati in Cielo Non si ponno celar sotto alcun uelo. Quiui adunque entra una gran fatica: che quantunque la bellezza sia riposta nella proportione; questa proportione è diuersa: percioche la Natura uaria non meno nelle stature de glihuomini, che nelle effigie, e ne’ corpi. Onde alcuni se ne ueggono grandi, altri piccioli, altri mezani: altri carnosi, altri magri, altri delicati, altri muscolosi e robusti. Fab. Mi sarebbe grato , Signor Pietro , che qui mi deste qualche regola della misura del corpo humano. Aret. Farollo uolentieri, parendomi gran uergogna, che l'huomo ponga tanto studio in misurar la terra, il mare, et i cieli, e non sappia la misura di se stesso. Dico adunque, che hauendo la prudente Natura formata la testa dell’huomo, come rocca principale di tutta questa mirabil fabrica, ch’è chiamata picciol mondo, nella piu eleuata parte del corpo, tutte le parti di esso corpo debbono conueneuolmente prender da lei la loro misura. Diuidesi la testa, o diciamo faccia in tre parti : l'una dalla sommità della fronte, doue nascono i capegli, insino alle ciglia: l'altra dalle ciglia insino alla estremità delle narigie: l’ultima dalle narigie insino al mento. La prima è tenuta seggio della sapienza: la seconda della bellezza: e la terza della bontà. Dieci adunque teste, secondo alcuni, forniscono il corpo humano: e secondo altri noue, & otto, & anco sette. Scriuono Autori celebratissimi, che e’ non puo crescere in lunghezza piu, che sette piedi: e la misura del piede sono sedici dita. La misura del mezo della lunghezza si piglia dal membro genitale : e il centro del medesimo corpo humano è naturalmente l’ombilico. Onde ponendosi l’huomo con le braccia distese, e tirando linee dall'ombilico insino alla estremità de’ piedi, e delle dita delle mani, fa un cerchio perfetto. Le ciglia giunte insieme formano ambedue i cerchi de gliocchi. i semicircoli delle orecchie debbono esser, quanto è la bocca aperta: la larghezza del naso sopra la bocca, quanto è lungo un'occhio. Il naso si forma dalla lunghezza el labro, e tanto è un'occhio lontano dall'altro, quanto è lungo esso occhio : e tanto la orecchia dal naso, quanto è lungo il dito di mezo della mano. Poi la mano uuole esser, quanto è il uolto. Il bracchio è due uolte e mezo grozzo, quanto è il dito grosso: la coscia è grossa una uolta e mesa , come il braccio. Dirò la lunghezza piu distinta. Dalla sommità del capo insino alla punta del naso si fa una faccia: e da questa punta insino alla sommità del petto, che è l’osso forcolare, si fa la seconda: e dalla sommità del petto insino alla bocca dello sto- maco u’ha la terza: da quella insino all'ombilico si contiene la quarta; e insino a membri genitali la quinta: che è apunto la metà del corpo, lasciando da parte il capo. D'indi in poi la coscia insino al ginocchio contien due faccie, e dal ginocchio alla pianta de’ piedi contengonuisi le altre tre. Le braccia in lunghezza sono tre faccie, cominciando dal legamento della spalla insino alla giuntura della mano. La distanza, ch’è dal calcagno al collo del piede, è dal medesimo collo insino alle estremità delle dita. E la grossezza dell’huomo cingendolo sotto le braccia, è giusto la metà della lunghezza. Fab. Queste misure molto importano a chi uuol fare una figura proportionata. Aret. Deuesi adunque elegger la forma piu perfetta, imitando parte la Natura. Ilche faceua Apelle: il quale ritrasse la sua tanto celebrata Venere, che usciua dal Mare (di cui disse Ouidio, che se Apelle non l’hauesse dipinta, ella sarebbe sempre stata sommersa fra le onde) da Frine, famosissima cortigiana della sua età; & ancora Prasitele cauò la bella statua della sua Venere Gnidia dalla medesima giouane. E parte si debbono imitar le belle figure di marmo. ò di bronzo de’ Maestri antichi. La mirabile perfettion dellequali chi gusterà e possederà a pieno, potrà sicuramente corregger molti di fetti di essa Natura, e far le sue Pitture riguardeuoli e grate a ciascuno: percioche le cose antiche contengono tutta la perfettion dell'arte, e possono essere esemplari di tutto il bello. Fab. E ben dritto, che hauendo gli antichi, cosi Greсі, сome Latini , hauuta la maggioranza nelle lettere, l'habbiano similmente ottenuta in queste due arti, cioè Pittura e Scultura; lequali molto piu al pregio loro si auicinano. Aret. Essendo adunque il principal fondamento del disegno la proportione, chi questa meglio osserverà, fia in еsso miglior Maestro. E per fare un corpo perfetto, oltre alla imitatione ordinaria della Natura, essendo anco mestiero d'imitar gli antichi, è da sapere, che questa imitatione vuole esser fatta con buon giudicio, di modo, che credendo noi imitar le parti buone, non imitiamo le cattiue . Come ueggendo, che gli antichi faceuano le lor figure per lo piu suelte, u’è stato alcun Pittore, che serbando sempre questo colume, è spesso trappassato nel troppo; e quello, ch'era virtù, ha fatto diuenir uitio. Altri si sono messa fare alle teste, (massimamente delle donne) il collo lungo; tra, per che hanno ueduto per la maggior parte nelle imagini delle antiche Romane i colli lunghi, e perche i corti non hanno gratia: ma sono ancora essi passsati nel troppo, e la piaceuolezza hanno riuolta in disgratia. Fab. Questi percerto sono utili auertimenti. Aret. Ora habbiamo a considerar l’huomo in due modi, cioè nudo e uestito. Se lo formiamo nudo, lo possiamo far di due maniere: cioè o pieno di muscoli, o delicato: laqual delicatezza da Pittori è chiamata dolcezza. E quiui ancora è mestiero, che si serbi la conueneuolezza, che habbiamo data alla inuentione. Percioche, se il Pittore ha da far Sansone, non gli dee atttibuir morbidezza e delicatezza da Ganimede: ne se ha da far Ganimede, dee ricercare in lui nerui e robustità da Sansone. Cosi ancora, se dipinge un putto, dee dargli membri da putto: ne dee fare un uecchio con sentimenti da giouane, ne un giouane con que’ da fanciullo. Il simile è conueneuole, che si osserui in una Donna, distinguendo sesso da sesso, & età da età, e dando a ciascuno conuenientemente le parti sue . Ne solo in diuerse qualità di figure convengono diuerse persone & aspetti; ma anco le medesime le piu uolte si uanno uariando: percioche altrimenti si formerà Cesare, rappresentandolo, quando era Consolo: altrimenti, quando era Capitano, & altrimenti: quando era Imperadore. Cosi nel fare Hercole, il Pittore se lo imaginerà in un modo combattendo con Antheo, in altro portando il uelo, in altro, quando abbraccia Deianira, & in altro, mentre egli ua cercando il suo Hila. Però tutti gliatti, e tutte le guise serberanno la conueneuolezza di Hercole e di Cesare. È arco da auertire a non discordare in un corpo stesso, cioè a non fare una parte carnosa, e l'altra magra, una muscolosa, e l'altra delicata. È uero, che facendo la figura alcun'atto faticoso, o portando qualche peso, o mouendo un braccio, o altra cosa; in quella parte della fatica, del peso, e del mouimento, è mestiero, che salti in fuori alcun muscolo molto piu, che non fa nelle riposate, ma non tanto, che disconuenga, Fab. Poi, che hauete diuiso il nudo in muscoloso e delicato, uorrei, che mi diceste, qual di questi due è piu da prezzarsi. Aret. Io stimo, che un corpo delicato debba anteporsi al muscoloso. e la ragione è questa, ch’è maggior fatica nell'arte a imitar le carni, che l’ossa: perche in quelle non ci ua altro, che durezza, e in queste solo si contiene la tenerezza, ch'è la piu difficil parte della Pittura, in tanto, che pochissimi Pittori l'hanno mai saputa esprimere, o la esprimono hoggidì nelle cose loro basteuolmente. Chi adunque ua ricercando minutamente i muscoli, cerca ben di mostrar l’ossature a luoghi loro: ilche è lodeuole: ma spesse uolte fa l’huomo scorticato, o secco, o brutto da uedere: ma chi fa il delicato, accenna gliossi, oue bisogna, ma gli ricopre dolcemente di carne, e riempie il nudo di gratia. E se uoi qui mi diceste, che ne’ ricercamenti de’ nudi si conosce, se il Pittore è intendente della Notomia, parte molto bisogneuole al Pittore; perche senza le ossa non si puo formar ne uestir di carni l’huomo: ui rispondo, che’l medesimo si comprende ne gliaccennamenti e macature. E per conchiudere, oltre che all'occhio naturalmente aggradisce piu un nudo gentile e delicato, che un robusto e muscoloso, ui rimetto alle cose de gli antichi: i quali per lo piu hanno usato di far le lor figure delicatissime. Fab. La delicatezza delle membra piu appartiene alla Donna, che all’huomo. Aret. Questo è uero, e ue l’ho detto di sopra, facendo motto, che non bisogna confondere i sessi. Ma non è però, che non si trouino moltissimi huomini delicati: come sono per lo piu i gentilhuomini, senza ch’e’ trappassino ne a conformità di Donna, ne di Ganimede. È uero, che alcuni Pittori danno alla loro ignoranza nome di delicatezza: percioche sono molti, che non sapendo la positura ne il collegamento de gliossi, non fanno o ueruno, o pochissimo accennamento, doue essi stanno, ma con i principali d'intorni solamente conducono le loro figure. & all’incontro non pochi, i quali muscolandole e ricercandole di souerchio, e fuor di luogo, si danno a credere di essere in disegno Michel’Agnoli, oue essi uengono dilegiati per goffi da coloro, che hanno giudicio: percioche puo auenire, che alcun Pittore haurà cauato o dall’antico o da qualche ualente Pittor moderno, (o sia Michel’Agnolo, o Rafaello, o Titiano, o altro) qualche parte buona, ma non sapendo metterla al suo luogo, ella riuscirà disgratiatissima, come auerrebbe a ueder l’occhio, che è la piu bella e gratiosa parte del corpo, attaccato con una orecchia, o nel mezo della fronte: di tanta importanza è a poner le cose in luogo, o fuor di luogo. Fab. Bellissima similitudine. Aret. Seguita la varietà, la quale dee esser abbracciata dal Pittore; come parte tanto necessaria, che senza lei la bellezza e l’artificio diuien satieuole. Deue adunque il Pittore uariar teste, mani, piedi, corpi, atti, e qualunque parte del corpo humano: considerando, che questa è la principal marauiglia della Natura ; che in tante migliaia d'huomini, a pena due o pochissimi si trouano, che si assomiglino tra loro in differenza. Fab. Certo un Pittore, che non è uario, si puo dire, che non sia nulla, e questo è anco proprissimo del Poeta. Aret. Ma in tal parte è ancora da auertire di non in correr nel troppo: percioche sono alcuni, che hauendo dipunto un giouane, gli fanno allato un uecchio, o un fanciullo, e cosi accanto una giouane una uecchia : e parimente hauendo fatto un uolto in profilo, ne fanno un'altro in maestà, o con un'occhio e mezo. Fab. Non intendo quello, che sia maestà, ne un'occhio e mezo. Aret. Chiamano i Pittori un uolto in maestà, quando si fa tutta la faccia intera, che non gira piu ad una parte, che ad altra: e un'occhio e mezo, quando il uiso suolta in guisa , che si uede l’un de gliocchi intero, e l'altro non piu, che mezo: ma queste sono cose facili. Fab. Io non le sapeua. Aret. Se haueranno appresso fatto un’ huomo uolto in ischiena, ne faranno subito un'altro, che dimostri le parti dinanzi, e uanno sempre continuando un tale ordine. Questa uarietà io non riprendo: ma dico, che essendo l'ufficio del Pittore d'imitar la Natura, non bisogna, che la uarietà appaia studiosamente ricercata, ma fatta a caso. Però dee uscir dell’ordine, & alle uolte far due o tre d'una età, d'un sesso, e d’un’attitudine: pur che si dimostri uario ne’ uolti, e uarij le attitudine e i panni. Aret. A questo proposito si conformano molto questi uersi del giudiciosissimo Horatio nella sua Poetica. Colui, che uariar cerca una cosa Piu de l'honesto, fa, qual, chi dipinge Ne le selue il Delfino, e’l Porco in mare. Aret. Resta a dire delle mouentie, parte ancora ella necessarissima, & aggradeuole, e di stupore: che aggradeuole è nel uero, e fa stupir gliocchi de’riguardanti, uedere in sasso, in tela, o in legno una cosa inanimata, che par, che si moua. Ma queste mouentie non debbono esser continue, e in tutte le figure: perche gli huomini sempre non si mouono: ne fiere si, che paiano da disperati: ma bisogna temperarle, uariarle, & anco da parte lasciarle, secondo la diuersità e condition de’soggetti . È spesso è piu diletteuole un posar leggiadro, che un mouimento sforzato e fuori di tempo. È mestiero ancora, che tutte facciano bene (come ho detto parlando dell’inuentione) lufficio loro, in modo, che se uno haurà a tirare un colpo di spada, il mouimento del braccio sia gagliardo, e le mano stringa il manico, nella guisa, che conviene: e se alcuno corre, dimostri, che ogni parte del corpo serua al corso: e se è uestito, che'l uento ferisca ne’ panni uerisimilmente: considerationi tutte importanti, e che non entrano nella mente de’goffi. Fab. Chi non serba questo, bisogna, che lasci di dipingere. Aret. Auiene anco, che le figure o tutte, o alcuna parte di esse scortino. Laqual cosa non si puo far senza gran giudicio e discretione. Ma si debbono al mio parere gli scorti usar di rado: perche essi, quanto sono piu rari, tanto porgono maggior marauiglia: & alhora molto piu, quandо il Pittore astretto dal luogo , per uia di questi fa in picciol campo stare una gran figura: & anco gli puo usare alle uolte per dimostrar, che gli sa fare. Fab. Ho inteso, che gli scorti sono una delle principali difficultà dell’arte. Onde io crederei, che chi piu spesso gli mettesse in opera, piu meritasse laude. Aret. Bisogna, che uoi sappiate , che’l Pittore non dee procacciar laude da una parte sola, ma da tutte quelle, che ricercano alla Pittura, e piu da quelle, che piu dilettano. Percioche essendo la Pittura trouata principalmente per dilettare, se’l Pittor non diletta, se ne sta oscuro e senza nome. E questo diletto non intendo io quello, che pasce gliocchi del uolgo, o anco de gl’intendenti la prima uolta, ma quello, che cresce, quanto piu l'occhio di qualunque huomo ritorna a riguardare: come occorre ne' buoni poemi: che quanto piu si leggono, tanto piu dilettano, e piu accrescono il desiderio nell'animo altrui di rileggere le cose lette. Gli scorti sono intesi da pochi. onde a pochi dilettano, & anco a gl'intendenti alle uolte piu apportano fastidio, che dilettatione. Vuo ben dire, che, quando e’ sono ben fatti, ingannano la uista di chi mira, stimando spesso il riguardante, che quella parte, che non è lunga un palmo, sia a debita misura e proportione. Di qui leggiamo in Plinio, che Apelle dipinse Alessandro Magno nel Tempio di Diana Efesia con un folgore in mano: oue pareua, che le dita fossero rileuate, e che’l folgore uscisse della tauola. Ilche non poteua. Apelle hauer finto, senon per uia di scorti. Ma pure io son di parere, che per le cagioni dette essi non si uadano a bello studio sempre ricercando: anzi dico rade uolte, per non turbare il diletto . Fab. Io, se fossi Pittore, gli userei non gia sempre, ma si bene spesse uolte, stimando di douerne ritrar maggior honore, che, quando poche uolte gli facessi . Aret. Voi sete nato libero, e potreste operare a modo uostro: ma ui dico bene, che appresso altro ci uuole per esser buono e compiuto Pittore. Et una sola figura, che conueneuolmente scorti, basta a dimostrare, che'l Pittor uolendo, le saprebbe fare iscortar tutte. Del rileuo, che bisogna dare alle figure, dirò parlando del colorito. Fab. Senza questa parte, le figure paiono quel, ch’elle sono: cioè piane, e dipinte. Aret. Ho detto dell'huomo ignudo, seguirò hora del uestito, ma poche parole: perche, quanto alla conueneuolezza, si dee (come ho detto) conformar l’habito al costume delle nationi, e delle conditioni. E, se’l Pittor farà uno Apostolo, non lo uestirà alla corta: ne meno uolendo fare un Capitano, gli metterà in dosso una uesta (dirò cosi) a maneghe a comeo. E, quanto à panni, dee hauere il Pittor riguardo alla qualità loro. Perche altre pieghe fa il uelluto, & altre l’ormigino: altre un sottil lino, & altre un grosso grigio. È mestiero similmente di ordinar queste pieghe a luoghi loro in guisa, che elle dimostrino il disotto, e uadano maestreuolmente aggirando per la uia, che debbono: ma non si, che taglino, o che il drappo paia attaccato alle carni. E, si come la troppa sodezza fa la figura pouera, e non la rende garbata; cosi le molte falde generano confusione, e non piacciono. Bisogna adunque usare ancora in questo quel mezo, che in tutte le cose è lodato. Fab. Non picciola laude merita, chi ben ueste le sue figure. Aret. Vengo al colorito. Di questo, quanto esso importi, ce ne danno basteuole esempio que’ Pittori, che gli uccelli, e i caualli ingannarono. Fab. Non mi souiene di questi inganni. Aret. È noto insino a fanciulli, che Zeusi dipinse alcune uue tanto simili al uero, che gli uccelli a quelle uolauano, credendole uere uue. Et Apelle hauendo dimostri alcuni dipinti caualli di diuersi Pittori a certi caualli ueri, essi stettero cheti, senza, che apparisse in loro segno, che essi gli conoscessero per caualli: ma poi, che egli appresentò loro un suo quadro, oue era un cauallo di sua mano dipinto : quei caualli subito al ueder di questo annitrirono. Fab. Gran testimonio della eccellenza di Apelle. Aret. Potete ancora hauer letto, che Parrhasio contendendo con Zeusi, mise in publico una tauola, nella quale altro non era dipinto, fuor che un panno di lino, che pareua, che occultasse alcuna Pittura, si fattamente simile al naturale, che Zeusi piu uolte hebbe a dire, che lo le uasse, e lasciasse uedere la sua Pittura, credendo lo uero. Ma nel fine conosciuto il suo errore, si chiamò da lui uinto; essendo che esso haueua ingannato gli uccelli, e Parrhasio lui, che ne era stato il maestro, che gli haueua dipinti. Prothogene uolendo ancora egli dimostrar con la similitudine de’ colori certa schiuma, che uscisse di bocca a un cauallo tutto stanco & affannato, da lui dipinto, hauendo ricerco piu uolte, mutando colori, d'imitare il uero, non si contentando, nel fine disperato, trasse la spugna, nella quale forbiua i pennelli, alla bocca del cauallo; e trouò, che'l caso fece quello effetto, che egli non haueua saputo far con l'arte. Fab. Non fu adunque la lode del Pittore, ma del caso. Aret. Questo serue alla molta cura, che poneuano gli antichi nel colorire, perche le cose loro imirassero il uero. E certo il colorito è di tanta importanza e forza, che quando il Pittore ua imitando bene le tinte e la morbidezza delle carni, e la proprietà di qualunque cosa, fa parer le sue Pitture uiue, e tali, che lor non manchino altro, che’l fiato. È la principal parte del colorito il contendimento, che fa il lume con l'ombra: a che si da un mezo, che unisce l’un contrario con l'altro; e fa parer le figure tonde, e piu e meno (secondo il bisogno) distanti, douendo il Pittore auertire, che nel collocarle elle non facciano confusione. In che è dibisogno parimente di hauer buona cognitione di Prospettiua per il diminuir delle cose, che sfuggono, e si fingono lontane. Ma bisogna hauer sempre l’occhio intento alle tinte principalmente delle carni, & alla morbidezza. Percioche molti ue ne fanno alcune, che paiono di Porfido, si nel colore, come in durezza: e le ombre sono troppo fiere, e le piu uolte finiscono in puro negro. Molti le fanno troppo bianche, molti troppo rosse . Io per me bramerei un colore anzi bruno, che sconueneuolmente blanco: e sbandirei dalle mie Pitture comunemente quelle guancie uermiglie con le labbra di corallo: perche cosi fatti uolti paion mascare. Il bruno si legge essere stato frequentato da Apelle. Onde Propertio riprendendo la sua Cinthia, che adoperaua i lisci, dice, che egli disideraua, che ella dimostrasse una tale schiettezza e purità di colore, qual si uedeua nelle tauole di Apelle. È uero, che queste tinte si debbono uariare, & hauer parimente consideratione a i sessi, alle età, & alle conditioni. Ai sessi: che altro colore generalmente conuiene alle carni d'una giouane, & altro ancora d'un giouane: all'età, che altro si richiede a una uecchia, & altro a un uecchio. Et alle conditioni: che non ricerca a un contadino quello, che appartiene a un gentil’huomo. Fab. Di queste cattiue tinte parmi, che si uegga assai notabile esempio in una tauola di Lorenzo Loto, che è qui in Vinegia nella Chiesa de’ Carmini . Aret. Non ci mancano esempi d'altri Pittori, de’ quali se io facessi in lor presenza mentione, essi torcerebbono il naso. Ora bisogna che la mescolanza de’ colori sia sfumata & unita di modo, che rappresenti il naturale, e non resti cosa, che offenda gliocchi: come sono le linee de’ con torni, lequali si debbono fuggire (che la Natura non le fa) e la negrezza, ch’io dico dell’ombre fiere e disunite. Questi lumi & ombre posti con giudicio & arte fanno tondeggiar le figure: e danno loro il rileuo, che si ricerca: delqual rileuo le figure, che sono priue, paiono, come ben diceste, dipinte, percioche resta la superficie piana. Chi adunque ha questa parte, ne ha una delle piu importanti. Cosi la principal difficultà del colorito è posta nella imitation delle carni, e consiste nella uarietà delle tinte, e nella morbidezza. Bisogna dipoi sapere imitare il color de’ panni, la seta, l’oro, & ogni qualità cosi bene, che paia di ueder la durezza, o la tenerezza piu e meno, secondo che alla condition del panno si conuiene. saper fingere il lustro delle armi, il fosco della notte, la chiarezza del giorno; lampi, fuochi, lumi, acqua, terra, sassi, herbe, arbori, frondi, fiori, frutti, edifici, casamenti, animali, e si fatte cose tanto a pieno, che elle habbiano tutte del uiuo, e non satino mai gliocchi di chi le mira. Ne creda alcuno, che la forza del colorito consista nella scelta de’ bei colori : come belle lache, bei azurri, bei uerdi, e simili; percioche questi colori sono belli parimente, senza, che e’si mettano in opera: ma nel sapergli maneggiare conueneuolmente. Ho conosciuto io in questa città un Pittore, che imitaua benissimo il Zambellotto, ma non sapeua uestire il nudo, e pareua, che quello fosse non panno, ma una pezza di zambellotto gettata sopra la figura a caso. Altri in contrario non fanno imitar la diuersità delle tinte de’panni, ma pongono solamente i colori pieni, come essi stanno, in guisa, che nelle opere loro non si ha a lodare altro, che i colori. Fab. In questo mi pare, che ci si uoglia una certa conueneuole sprezzatura, in modo, che non ci sia ne troppa uaghezza di colorito, ne troppa politezza di figure : ma si uegga nel tutto una amabile sodezza. Percioche sono alcuni Pittori, che fanno le lor figure si fattamente pulite, che paiono sbellettate, con acconciature di capegli ordinati con tanto studio, che pur uno non esce dell'ordine. Ilche è uitio e non uirtù: perche si cade nell'affettatione, che priua di gratia qualunque cosa. Onde il giudicioso Petrarca parlando del capello della sua Laura, chiamollo, Negletto ad arte, innanellato, & hirto. Et di qui auertisce Horatio, che si debbano leuar uia da i Poemi gli ornamenti ambitiosi. Fab. Bisogna sopra tutto fuggire la troppa diligenza, che in tutte le cose nuoce. Onde Apelle soleua dire, che Prothogene (se io non prendo errore) in ciascuna parte del dipingere gli era eguale, e forse superiore: ma egli in una cosa il uinceua; e questa era, ch'ei non sapeua leuar la mano dalla Pittura. Fab. O quanto la souerchia diligenza è anco dannosa ne gli Scrittori: percioche, oue si conosce fatica, iui necessariamente è durezza et affettatione, la quale è sempre abhorrita da chi legge. Aret. Finalmente ricerca al Pittore un'altra parte: della quale la Pittura, ch'è priua, riman, come si dice, fredda, & è a guisa di corpo morto; che non opera cosa ueruna. Questo è, che bisogna, che le figure mouano glianimi de’riguardanti, alcune turbandogli, altre rallegrandogli, altre sospingendogli a pietà, & altre a sdegno, secondo la qualità della historia. Altrimentire puti il Pittore di non hauer fatto nulla: perche questo è il condimento di tutte le sue uirtù: come auiene parimente al Poeta, all'Historico, & all’Oratore: che se le cose scritte o recitate mancano di questa forza, mancano elle ancora di spirito e di uita. Ne puo mouere il Pittore, se prima nel far delle figure non sente nel suo animo quelle passioni, o diciamo affetti, che uuole imprimere in quello d'altrui. Onde dice il tante uolte allegato Horatio, se uuoi, ch'io pianga, è mestiero, che tu auanti ti dolga teco. Ne è possibile, che alcuno con la man fredda riscaldi colui, ch'egli tocca. Ma Dante ristringe bene la perfetta eccellenza del Pittore in questi uersi. ,, Morte li morti, e i uiui parean uiui, ,, Non uide me’ di me chi uide il uero. E benche il peruenire alla perfettione della eccellenza della Pittura, alla quale fa mestiero di tante cose, sia impresa malageuole & faticosa, e gratia dalla liberalità de’ cieli conceduta à pochi (che nel uero bisogna, che’l Pittore, cosi bene, come il Poeta, nasca, e sia figliuolo della Natura) non è da credere, (come toccai da prima) che ci sia una sola forma del perfetto dipingere: anzi, perche le complessioni de gli huomini, e gli humori sono diuersi, cosi ne nascono diuerse maniere: e ciascuno segue quella; a cui è inchinato naturalmente. Di qui ne nacquero Pittori diuersi; alcuni piaceuoli, altri terribili, altri uaghi, et altri ripieni di grandezza e di maestà: come ueggiamo medesimamente trouarsi ne gl’ Historici , ne’ Poeti, e ne gli Oratori. Ma di questo diremo un poco piu auanti: percioche hora io uoglio uenire al paragone per cui è nato questo ragionamento. Fab. E buona pezza, ch'io attendo, che ci uegniate. Aret. Questo poco, che ho detto, è in uniuersale tutto quello , che appartiene alla Pittura. Se sarete disideroso d’intendere alcuni particolari, potrete leggere il libretto, che scrisse della Pittura Leon Battista Alberti, tradotto felicemente, come tutte le altre sue cose, da M. Lodouico Domenichi: e l’opera del Vasari. Fab. Parmi, che basti non solo a perfettamente giudicar, ma anco a perfettamente dipingere, questo tanto, che n'hauete fauellato: percioche le altre cose per lo piu consistono nell’essercitio e nella pratica. E fra quante mi hauete detto, me ne piacciono sommamente due: l’una, che bisogna, che le Pitture mouano: l’altra, che'l Pittore nasca. Percioche ci si ueggono molti, che alla parte della industria non hanno mancato; e si sono affaticati lungo tempo ne’ rilieui, e nelle cose uiue; e mai non hanno potuto passare un mediocre termino. Altri, che per un tempo hanno dimostro principi, grandissimi, et hanno caminato un pezzo auanti scorti dalla Natura, e poi da lei abandonati, sono tornati all'indietro, riuscendo nulla. Onde si puo ridur benissimo a cotal proposito quei uersi sententiosissimi dell’ Ariosto, col mutamento di due parole. Sono i Poeti & i Pittori pochi; Pittori, che non sian del nome indegni, Poi, quanto al mouimento, poche Pitture ho io ueduto qui in Vinegia (leuandone quelle del Diuin Titiano) che mouano. Aret. Ricercando adunque tutte le parti, che si richieggono al Pittore, troueremo, che Michel’Agnolo ne possede una sola, che è il disegno, e che Rafaello le possedeua tutte: o almeno (per che l'huomo non puo esser Dio, a cui niuna cosa manca) la maggior parte; e se gli mancò alcuna cosa, quella essere stata pochissima, e di picciolo momento. Fab. Prouatelo. Aret. Prima, quanto alla inuentione, chi riguarda bene, e considera minutamente le Pitture dell’uno e dell'altro, trouerà, Rafaello hauer mirabilmente osseruato tutto quello, che a questa appartiene; e Michel’Agnolo o niente o poco. Fab. Mi par cio una gran disuguaglianza di paragone. Aret. Non dico di piu del uero. Et uditemi con pacienza. Per lasciar da parte cio che richiede all'Historia (in che Rafaello imitò talmente gli Scrittori, che spesso il giudicio de gl’intendenti si moue a credere, che questo Pittore habbia le cose meglio dipinte, che essi discritte; o almeno, che seco giostri di pari,) e parlando della conueneuolezza, Rafaello non se ne dipartì giamai: ma fece i putti putti, cioè morbidettie teneri: gli huomini robusti, e le donne con quella delicatezza, che conuien loro. Fab. Non ha serbata il gran Michel’Agnolo ancora egli questa conueneuolezza? Aret. Se io uoglio piacere a uoi, & a suoi fautori, dirò che si: ma se debbo dir la uerità, u’affermo di no. Che se ben uedete nelle Pitture di Michel’Agnolo la distintione in general dell'età e de’ sessi (cosa, che sanno far tutti) non la trouerete gia partitamente ne muscoli. Ne uoglio stare a metter mano nelle sue cose; si per a riuerenza, ch'io gli porto, e che si dee portare a cotale huomo: si perche non è necessario. Ma che direte uoi della honestà? Pare a uoi, che si conuenga, per dimostrar le difficultà dell'arte di scoprir sempre senza rispetto quelle parti delle figure ignude, che la uergogna e la honestà celate tengono: non hauendo riguardo ne alla santità delle persone, che si rappresentano, ne al luogo, oue stanno dipinte? Fab. Voi siete troppo rigido e scropuloso. Aret. Chi ardirà di affermar, che stia bene, che nella Chiesia di San Pietro, Prencipe de gli Apostoli, in una Roma, oue concorre tutto il mondo: nella cappella del Pontefice; il quale, come ben dice il Bembo, in terra ne assembra Dio, si ueggano dipinti tanti ignudi, che dimostrano dishonestamente dritti e riuersi: cosa nel uero (fauellando con ogni sommessione) di quel santissimo luogo indegna. Ecco, che le leggi prohibiscono, che non si stampino libri dishonesti: quanto maggiormente si debbono prohibir simili Pitture. Percioche pare egli forse a uoi, che elle mouano le menti de’ riguardanti a diuotione ? o le alzino alla contemplatione delle cose diuine? Ma concedasi a Michel’Agnolo per la sua gran uirtù quello, che non si concederebbe a uerun’altro. Et a noi sia lecito ancora di dire il uero. E se non è lecito, non uoglio anco hauer detto questo : benche io no'l dica per mordere, ne per mostrar, ch'io solo sappia. Fab. Gliocchi sani, Signor Pietro, non si corrompono, o scandalizzano punto per ueder dipinte le cose della Natura: ne gl'infermi riguardano che che sia con sanamente. E potete comprendere, che quando cio fosse di tanto cattiuo esempio, non si comporterebbe. Ma poi, che andate ponderando le cose con la seuerità di Socrate, ui dimando, se egli ancora pare a uoi che Rafaello dimostrasse honestà, quando dissegnò in carte, e fece intagliare a Marc’Antonio in rame quelle donne et huomini, che lasciuamente, & anco dishonestamente si abbracciano? Aret. Io ui potrei rispondere, che Rafaello non ne fu inuentore, ma Giulio Romano suo creato et herede. Ma posto pure, ch'egli le hauesse o tutte, o parte disegnate, non le publicò per le piazze ne per le Chiese: ma uennero esse alle mani di Marc’Antonio, che per trarne utile l’intagliò al Bauiera. Ilqual Marc’Antonio, se non era l'opera mia, sarebbe stato da Papa Leone della sua temerità degnamente punito. Fab. Questa è una coperta sopra l’aloè di zucchero fino. Aret. Io non mi discosto punto dalla uerità. Ne si disconuiene al Pittore di fare alle uolte per giuoco simili cose: come gia alcuni Poeti antichi scherzarono lasciuamente in gratia di Mecenate sopra la imagine di Priapo per honorare i suoi horti. Ma in publico, e massimamente in luoghi sacri e in soggetti diuini: si dee hauer sempre riguardo alla honestà. E sarebbe assai meglio, che quelle figure di Michel’Agnolo fossero piu abondeuoli in honestà, e manco perfette in disegno, che, come si uede, perfettissime e dishonestissime. Ma questa honestà usò sempre il buon Rafaello in tutte le cose sue in tanto, che, quantunque egli desse generalmente alle sue figure un'aria dolce e gentile, che inuaghisce et infiamma: nondimeno ne i uolti delle sante, & sopra tutto della Vergine, madre del Signore, serbò sempre un non so che di santità e di diuinità (e non pur ne’ uolti, ma in tutti i lor mouimenti) che par, che leui dalla mente de glihuomini ogni reo pensiero. Onde in questa parte della inuentione, si d'intorno alla historia, quanto alla conueneuolezza, Rafaello è superiore. Fab. Non so, quanto al componimento della Historia, che Michel’Agnolo ceda a Rafaello : anzi tengo il contrario: cioè, che Michel’ Agnolo nel ninca d’assai. Percioche odo dire, che nell'ordine del suo stupendo Giudicio si contengono alcuni sensi allegorici profondissmi, i quali uengono intesi da pochi. Aret. In questo meriterebbe lode, essendo che parrebbe, ch'egli hauesse imitato quei gran Filosofi, che nascondeuano sotto uelo di Poesia misteri grandissimi della Filosofia humana e diuina, affine ch’e’ non fossero intesi dal uolgo: quasi che non uolessero gettare a Porci le Margherite. E questo uorrei io ancora credere, che fosse stato l’intendimento di Michel’Agnolo, se non si uedessero nel medesimo Guidicio alcune cose ridicole. Fab. E quali cose ridicole sono queste? Aret. Non è cosa ridicola l’hauersi imaginato in cielo tra la moltitudine dell’anime beate alcuni, che teneramente si baciano; oue dourebbono essere intenti e col pensiero leuati alla diuina contemplatione, et alla futura sentenza: massimamente in un giorno si terribile, come leggiamo e indubitatamente crediamo, che habbia ad esser quello del giudicio nel quale si canta nel sacro Hinno, che stupirà la morte e parimente la Natura: douendo risuscitare in tal giorno la humana generatione, la quale haurà a render partitamente ragione delle buone e delle ree operationi, da lei fatte in uita, all'eterno giudice delle cose. Poi, che senso mistico si puo cauare dallo hauer dipinto Christo sbarbato? o dal uedere un Diauolo, che tira in giu con la mano, aggrappata ne’ testicoli, una gran figura , che per dolore si morde il dito? Ma di gratia non mi fare andar piu auanti, accioche non paia, ch'io dica male d'un huomo, che per altro è diuino. Fab. Vi ritorno a dire, che la sua inuentione è ingegnosissima, e da pochi intesa. Aret. Non mi par molta lode, che gliocchi de’ fanciulli, e delle matrone e donzelle, ueggano apertamente in quelle figure la dishonestà, che dimostrano, e solo i dotti intendano la profondità delle allegorie, che nascondono. Ma io ui dirò di lui, come dicono, che hebbe a dire un dotto e Santo huomo di Persio Poeta Satirico, il quale è oscurissimo fuor di modo. Se non uuoi essere inteso, ne io uoglio interderti: e con queste parale lo trasse in fuoco, facendone conueniente sacrificio a Vulcano: cosi uoglio dire io, poi che Michel’Agnolo non uuole, che le sue inuentioni uengano intese, senon da pochi e dotti, io, che di questi pochi e dotti non sono, ne lascio il pensiero a lui. Habbiamo considerato Michel’Agnolo nelle Historie sacre. Consideriamo un poco Rafaello nelle profane: perche, oue in queste lo ritroueremo accuratissimo & honestissimo, comprenderemo, quanto piu egli sia stato in quelle altre. Fab. Io u’ascolto. Aret. Non so, se habbiate ueduto appresso il nostro Dolce la carta della Rosana di mano di Rafaello; che fu gia stampata in rame. Fab. Non mi ricorda. Aret. Questa è una carta, nella quale rappresentò Rafaello in disegno di acquarella, tocco ne’chiari con biacca, la incoronatione di Rosana: la quale essendo bellissima femina, fu amata grandemente da Alessandro Magno. E adunque in questa carta disegnato il detto Alessandro: il quale stando inanzi a Rosana, le porge la corona : & ella siede accanto un letto con attitudine timida e riuerente: & è tutta ignuda, fuor che, per cagione di serbar la honestà, un morbidetto panniccino le nasconde le parti, che debbono tenersi nascose. Ne si puo imaginar ne la piu dolce aria, ne il piu delicato corpo, con una pienezza di carne conueneuole; e con istatura, che non eccede in lunghezza, ma è suelta conueneuolmente. Euui un fanciullo ignudo con l’ali, che le scalcia i piedi; & un’altro dal disopra, che le ordina i capegli. V'è anco alquanto piu lontano un giouanetto pur nudo, raffgurato per Himeneo, Dio delle nozze, che dimostra col dito ad Alessandro la medesima Rosana: come inuitandolo al trastullo di Venere, o di Giunone, & un’ huomo, che porta la face. Euui piu oltre un groppo di fanciulli : de’ quali alcuni ne portano uno sopra lo scudo di Alessandro, dimostrando fatica e uiuacità conueniente a glianni, & un’altro porta la sua lancia. Ce n'è uno, che essendosi uestito la sua corazza, non potendo reggere il peso, è caduto in terra, e par che piagna. E sono tutti di aria, e di attitudini diuerse, e bellissimi. In questo componimento Rafaello ha seruito alla historia, alla conueneuolezza, & all'honesto. Et oltre a cio s'è imaginato di suo, come Poeta mutolo, la inuentione d'Himeneo, & de’ fanciulli. Fab. Questa inuentione parmi hauer letta in Luciano. Aret. Sia, come si uoglia : ella è espressa cosi bene, che potrebbe uenire in dubbio, se Rafaello l’hauesse tolta da libri di Luciano; o Luciano dalle Pitture di Rafaello: se non fosse, che Luciano nacque piu secoli auanti. Ma che è percio? Anco Virgilio discrisse il suo Laocoonte tale, quale l’haueua prima ueduto nella statua di mano de i tre artefici Rhodiani: la quale con istupor di tutti hoggidì ancora si uede in Roma. Et è cosa iscambieuole, che i Pittorica uino spesso le loro inuentioni da i Poeti, & i Poeti da i Pittori. Il simile ui potrei dire della sua Galathea, che contende con la bella Poesia del Policiano, e di molte altre sue leggiadrissime fantasie: ma sarei troppo lungo : e uoi le potete hauer ueduto altre uolte, e uedere quando ui piace in Roma: senza le molte sue bellissime carte, che intagliate in rame per mano del non meno intendente, che diligente Marc’Antonio, uanno a torno: e quelle anco, che di sua mano si trouano appresso di diuersi, che è un numero quasi infinito, argomento efficacissimo della fertilità di quel diuino ingegno: & in ciascuna si ueggono inuentioni mirabili con tutti gli auertimenti, ch'io u’ ho detto. E in materia sacra ui puo bastare il quadro della santa Cicilia dall'organo, che è in Bologna nella Chiesa di San Giouanni in monte: e quello della Trasfiguration di Christo sopra il monte Tabor, ch’è in San Pietro Montorio di Roma: senza una infinità di quadri, che si ueggono per la Italia, tutti belli e tutti diuini. Fab. Ho certo ueduto molte cose di Rafaello in Roma, & in altra parte: e ui affermo, che sono miracolose, e nelle inuentioni eguali , e forse maggiori di quelle di Michel’Agnolo. Ma nel disegno, come potete a lui aguagliarlo ? Aret. Io ui lascio Fabrini, e lasciero sempre nel uostro parere, non potendo fare altro: perche le ragioni non persuadono tutti: e cio auiene o per ostinatione, o per ignoranza, o per affettione. In uoi, nel quale non possono cader l'altre due, ha luogo la terza, la quale è difetto escusabile: e, come io dissi auanti, ,, Spesso occhio ben san fa ueder torto. Ma d'intorno al disegno, che la seconda parte, douendo noi considerar l'huomo uestito & ignudo, ui confermo, che quanto al nudo, Michel’Agnolo è stupendo, e ueramente miracoloso e sopra humano. ne fu alcuno, che l’auanzasse giamai; ma in una maniera sola, ch'è in fare un corpo nudo muscoloso e ricercato, con iscorti e mouimenti fieri, che dimostrano minutamente ogni difficultà dell’arte. & ogni parte di detto corpo, e tutte insieme, sono di tanta eccellenza, che ardisco dire, che non si possa imaginar, non che far, cosa piu eccellente, ne piu perfetta. Ma nelle altre maniere è non solo minore di se stesso, ma di altri ancora; per che egli o non sa, o non uuole osseruar quelle diuersità delle età e de i sessi, che si son dette di sopra: nelle quali è tanto mirabile Rafaello. E, per conchiuderla, chi uede una sola figura di Michel’Agnolo, le uede tutte. Ma è da auertire, che Michel’Agnolo ha preso del nudo la forma piu terribile e ricercata, e Rafaello la piu piaceuole e gratiosa. Onde alcuni hanno comparato Michel’Agnolo a Dante, e Rafaello al Petrarca. Fab. Non mandate inuiluppando con si fatte comparationi, benche elle facciano in mio fauore: perche in Dante ci è sugo e dottrina, e nel Petrarca solo leggiadrezza distilo, & ornamenti Poetici. Onde mi ricorda, che un frate minoritano, che predicò, molti anni sono, a Vinegia, allegando alle uolte questi due Poeti, soleua chiamar Dante Messer Settembre, e il Petrarca M. Maggio, alludendo alle stagioni, l’una piena di frutti, & l’altra di fiori. Marecateui inanzi un nudo di Michel’Agnolo, et un'altro di Rafaello: & hauendogli prima ambedue pienamente considerati, risolueteui poi in dire, qual de i due è piu perfetto. Aret. Io ui dico, che Rafaello sapeua far bene ogni sorte di nudi, e Michel’Agnolo riesce eccellente in una sola: & i nudi di Rafaello han questo di piu, che dilettano maggiormente. Ne dirò, come gia disse un bello ingegno, che Michel’Agnolo ha dipinto i facchini, e Rafaello i gentilhuomini. Che, come ho detto, Rafaello ne ha fatti di ogni sorte, e di piaceuoli, e di terribili e ricercati, benche con atti piu temperati e piu dolci. Ma naturalmente è stato uago di pulitezza e di delicatezza; si come era etiandio pulitissimo e gentilissimo ne’ costumi, in guisa che non meno fu amato da tutti, di quello, che a tutti fossero grate le sue figure. Fab. Non basta a dire, questo nudo è bello e perfetto. quanto quell'altro. Ma bisogna prouarlo. Aret. Rispondetemi prima. I nudi di Rafaello, sono eglino storpiati: sono nani, sono troppo carnosi: sono secchi, hanno i muscoli fuor di luogo, o altra parte cattiua? Fab. Ho inteso da tutti, che stanno bene: ma che non si contiene in loro quell'arte, che si uede in quelli di Michel’Agnolo. Aret. E che arte è questa ? Fab. Non hanno que’ bei dintorni, c'hanno i nudi di quest'altro. Aret. Quai sono questi bei dintorni?. Fab. Quei, che formano quelle belle gambe, quei be’ piedi, mani, schiene, pancie, e tutto il resto. Aret. Dunque non parea uoi, o a fautori di Michel’Agnolo, che i nudi di Rafaello hebbiano queste belle parti? Fab. Dico non pur belle, ma bellissime: ma non, quanto i nudi di Michel’Agnolo. Aret. La regola di giudicar questo bello di donde la cauate uoi? Fab. Stimo, che si debba cauar (come hauete detto) dal uiuo, e dalle statue de gli antichi. Aret. Confesserete adunque, che i nudi di Rafaello hanno ogni bella e perfetta parte: perche egli di rado fece cosa, nella quale non imitasse il uiuo, o l'antico. Onde si ueggono nelle sue figure teste, gambe, torsi, braccia, e piedi, e mani stupendissime. Fab. Non dimostrò l’ossature, le maccature, e certi neruetti e minutezze, quando ha fatto Michel’Agnolo. Aret. Egli ha dimostro queste parti nelle figure, che lo ricercauano, quanto si ricercaua, e Michel’Agnolo (e sia detto senza sua offesa) alle uolte piu di quello, che si conuiene. Ilche si uede cosi chiaramente, che sopra cio non accade, che si dica altro. Poi ui douete ricordare, ch'io u’ho detto, ch’è di assai maggiore importanza uestir l’ossa di carne polposa e tenera, che iscorticar le: e, che cio sia uero, replico, che gli antichi per la maggior parte hanno fatte le loro figure dolci, e con pochi ricercamenti. Ma non per questo Rafaello è sempre rimaso su la delicatezza: anzi, come s’è detto, le sue figure uariando, ha fatto nudi ricercati secondo il bisogno: come si uede nelle Historie delle sue battaglie, nella figura di quel uecchio portato dal figliuolo, & in diuerse altre: ma non s'inuaghì molto di questa maniera: a guisa di quello, che haueua posto ogni suo intento (come parte principalissima del Pittore) in dilettare, ricercando piu tosto nome di leggiadro, che di terribile, e ne acquistò insieme un'altro, che fu chiamato gratioso: percioche oltre la inuentione: oltre al disegno: oltre alla uarietà: oltre che le sue cose tutte mouono sommamente: si troua in loro quella parte, che haueuano, come scriue Plinio, le figure di Apelle: e questa è la uenustà, che è quel non so che, che tanto suole aggradire, cosi ne’ Pittori, come ne’ Poeti, in guisa, che empie l'animo altrui d'infinito diletto, non sapendo da qual parte esca quello, che a noi tanto piace. Laqual parte considerata dal Petrarca (mirabile e gentil Pittore delle bellezze e delle uirtù di Madonna Laura) lo mosse a cosi cantare. ,,E un non so che ne gliocchi, che in un punto ,, Po far chiara la notte, oscuro il die, ,, E’l mele amaro, & addolcir l’ascentio. Fab. Questa, che uoi dite uenustà, è detta da Greci charis, che io esporrei sempre per gratia. Aret. Seppe ancora il gran Rafaello fare iscortar le figure, quando egli uolle, e perfettamente: senza, che io ui ritorno a dire, che in tutte le sue opere egli usò una uarietà tanto mirabile, che non è figura, che ne d'aria ne di mouimento si somigli, tal che in cio non appare ombra di quello, che da Pittori hoggi in mala parte è chiamata maniera, cioè cattiua pratica; oue si ueggono forme e uolti quasi sempre simili. Е, si соme Michel’Agnolo ha ricerco sempre in tutte le sue opere la difficultà : cosi Rafaello all’incontro la facilità; parte, come io dissi, difficile a conseguire: & halla ottenuta in modo, che par, che le sue cose siano fatte senza pensarui, e non affaticate, ne istentate: ilche è segno di grandissima perfettione: come anco negli Scrittori, che i migliori sono i piu facili: come appresso uoi dotti Virgilio, Cicerone, & appresso noi il Petrarca, e l’Ariosto. Quanto alla parte del mouere, non ne uoglio dire altro di quello, c’ho tocco, in caso, che uoi non diceste, che le sue figure non mouano. Fab. Questo non niego io. Ma uoi che dite di quelle di Michel’Agnolο ? Aret. Io non ne uoglio parlare: percioche questa è parte, che possono giudicar parimente tutti : ne io uorrei col mio dire offenderlo Fab. Dunque uenite al colorito. Aret. E mestiero, che consideriamo prima l’huomo uestito . Fab. In cio non dite altro; che io so, che’l panneggiar di Rafaello è piu lodato, che quello di Michel’Agnolo : forse per questo, che Rafaello ha piu studiato nel uestir le figure, e Michel’Agnolo nel fare i nudi. Aret. Anzi Rafaello fu studioso nell'una cosa e nell’altra, e Michel’Agnolo nell'ultima sola. E cosi potete (mi credo io) hoggimai uedere che fra questi nel disegno ci è parità: & anco dalla parte di Rafaello maggiore eccellenza, essendo stato egli piu uario e piu uniuersale, & hauendo serbato meglio la proprietà de i sessi e de glianni; e trouandosi nelle sue Pitture piu gratia e maggior diletto, in tanto, che non fu mai alcuno, che gli dispiacesse cosa di sua mano E, quanto al colorito. Fab. In questo ancora assentirò con uoi: pur dite uia. Aret. Superò nel colorito il gratiosissimo Rafaello tutti quelli, che dipinsero inanzi a lui, si a olio, come a fresco, & a fresco molto piu, in guisa, che ho udito dire a molti, & io ancora cosi ui affermo, che le cose dipinte in muro da Rafaello auanzano il colorito di molti buoni maestria olio: e sono sfumate & unite con bellissimo rileuo, e con tutto quello, che puo far l'arte. Ilche non cessa di predicare a ciascuno Santo cognominato Zago, Pittore nel uero espedito e ualente in dipingere medesimamente a muro, et oltre a cio studioso dell’anticaglie; dellequali ue ne ha un gran numero: et molto pratico delle historie e de’ Poeti, si come quello, che si diletta di leggere infinitamente. Ne parlerò altrimenti del colorito di Michel’Agnolo: perche ogni un sa, che egli in cio ha posto роса сura, е uоі mi cedete. Ma Rafaello ha saputo col mezo de i colori contrafar mirabilmente qualunque cosa, e carni, e panni, e paesi, e tutto cio che puo uenire inanzi al Pittore. Fece ancora ritratti dal naturale: come fu quello di Papa Giulio Secondo, di Papa Leone Decimo, e di molti gran personaggi, che sono tenuti diuini. Oltre a cio fu grande Architetto: onde dopo la morte di Bramante gli fu allogata dal medesimo Papa Leone la fabrica di San Pietro e del Palagio. ilperche si ueggono spesso nelle sue Pitture edifici tirati con bellissima Prospettiua. E, quello, che fu di grandissimo danno alla Pittura, morì giouane, lasciando il suo nome illustre in tutte le parti della Europa: e uisse i pochi anni di sua uita (come ne posso io farui fede, e, come scriue il Vasari con uerità) non da priuato, ma da Prencipe, essendo liberale della sua uirtù e de i suoi danari a tutti gli studiosi dell'arte, che ne haueuano alcun bisogno : e fu openione uniuersale, che’l Papa gli uolesse dare un Capello rosso. Perche oltre alla eccellenza della Pittura, haueua Rafaello ogni uirtù, & ogni bel costume e gentil creanza, chе соnuienе a gentil’huomo. Dallequali tutte cose mosso il Cardinal Bibbiena, lo indusse contra sua uoglia a prender per moglie una sua nipote; benche egli ui mettesse tempo in mezo, ne consumasse il matrimonio, aspettando, che’l Papa, che glie ne hauena dato intentione, lo facesse Cardinale: ilqual Papa gli haueua dato ancora poco inanzi alla sua morte un’ufficio di cubiculario, grado honoreuolissimo & utile. Hora potete molto bene esser chiaro, che Rafaello è stato non pur’uguale a Michel’Agnolo nella Pittura , ma superiore . Nella Scoltura è poi Michel’Agnolo unico, diuino, e pari a’ gli antichi: ne in cio ha bisogno delle mie lodi , ne di quelle d'altrui. Ne anco puo esser uinto da altri, che da se stesso. Fab. Molto signor Pietro, il uostro discorso, m'è stato grato: e di qui inanzi son’io per credere cio che credete uoi, che con tali ragioni l’huomo non si puo ingannare. Ma ci è ancora tanto di tempo, che se non sete stanco di ragionare, mi potrete acconciamente informar della eccellenza di qualche altro Pittore. Aret. Io non mi soglio stancare per cosi piccioli ragionamenti: e questo ancora è cosa, ch'io u’ho promesso, ne uoglio mancar di fauellarui ancora di alcuni, accioche ueggiate, che i cieli a nostri dì ci sono stati cosi fauoreuoli nella Pittura, come nelle lettere. Dico adunque, che Leonardo Vinci fu pari in tutte le cose a Michel’Agnolo: ma haueua uno ingegno tanto eleuato, che non si contentaua mai di cio, che e’ faceua. E come, che tutto facesse bene, era stupendissimo in far caualli. Fu appresso Pittor di grande stima, ma di maggiore aspettatione Giorgio da Castel franco, di cui si ueggono alcune cose a olio uiuacissime e sfumate tanto, che non ci si scorgono ombre. Mori questo ualente huomo di peste, con non poco danno della Pittura. Fu ancora gran Pittore Giulio Romano, il quale dimostrò molto ben con gli effetti di essere stato degno discepolo del Diuino Rafaello non solo nella Pittura, ma anco nell'Architettura. Onde fu carissimo a Federico Duca di Mantoua: nella quale egli dipinse molte cose, tutte lodatissime; & ornò Mantoua di bellissimi edifici. Era Giulio bell’inuentore, buon disegnatore, e coloriua benissimo. Ma fu uinto di colorito, e di piu gentil maniera da Antonio da Correggio, leggiadrissimo maestro: di cui in Parma si ueggono Pitture di tanta bellezza, che par, che non si possa disiderar meglio. E uero, che fu piu bello coloritore, che disegnatore. Ma che ui dirò io di Francesco Parmigiano? Diede costui certa uaghezza alle cose sue, che fanno inamorar chiunque le riguarda. Oltre a cio coloriua politamente: e fu tanto leggiadro et accurato nel disegnare, che ogni suo disegno lasciato in carta mette stupore ne gliocchi di chi lo mira: percioche ui si uede una diligenza mirabile. Morì giouane ancora egli: e fu affettionatissimo alle cose & al nome di Rafaello. Diceuasi ancora (come parimente scriue il Vasari) in Roma, che l’anima di Rafaello gli era entrata nel corpo: per che si uedeuano ambedue conformi d'ingegno e di costumi: essendo, che il Parmigiano fu incolpato a torto , ch'egli attendesse all'Alchimia: percioche non fu mai Filosofo, che piu sprezzasse i danari, e le facultà di quello, che faceua egli. E di cio ne fa fede M. Battista da Parma suo creato, Scultore eccellente, e molti altri. Hora camina per le sue uestigie Girolamo Mazzola suo cugino, honoratissimamente, e con molta fama. Fab. Questo Parmigiano, che comunemente è detto il Parmigianino: è percerto molto lodato. Aret. Fu anco Polidoro da Carauaggio grande e raro Pittore, bellissimo inuentore, pratico et ispedito disegnatore , e molto imitator delle cose antiche. È uero, ch'egli non riusciua nel colorito: e le sue cose eccellenti sono di chiaro e scuro a fresco. Ma, quel che è cosa marauigliosa, era Polidoro in età poco meno di uent’uno o di uentidue anni, quando cominciò a imparar l'arte: ilche fu sotto di Rafaello. È morì ancora egli pur giouane, ucciso miserabilmente in Messina (per torgli alcuni danari) da un suo rubaldo garzone, che fu poi nella medesima città meritamente isquartato. Fab. Io comincio bene a uedere, che Michel’Agnolo nella Pittura non è solo. Aret. Andrea del Sarto hebbe altresì gran perfettione in quest'arte: e piacquero le sue cose infinitamente a Francesco Re di Francia. Ne Perino del Vaga è degno di poca laude. Cosi hanno i Pittori sempre molto stimate le opere di Antonio da Pordonone: il quale fu ancora egli pratico e spedito maestro, e dilettosti di scorti e di figure terribili. Di suo si ueggono in Vinegia alcune cose a fresco bellissime: come nella facciata della casa del Talenti un Mercurio, che scorta bene, una battaglia, & un cauallo, che sono molto lodati, & una Proserpina in braccio di Plutone: che è una leggiadra figura. Veggonsi anco nella cappella grande della Chiesa di San Rocco un Dio Padre con alcuni Angioli nel cielo, e certi Dottori & Euangelisti, che gli diedero una gran fama. Ne bisognaua, ch'egli fosse punto minore, hauendo a concorrer con Titiano nostro, dal quale rimase sempre di gran lunga lontano. Ne e marauiglia: percioche in costui solo ueramente (e sia detto con pace de gli altri Pitri) si ueggono raccolte a perfettione tutte le parti eccellenti, che si sono trouate diuise in molti: essendo, che d'inuentione, ne di disegno niuno lo superò giamai. Poi di colorito non fu mai alcuno, che a lui arriuasse. Anzi a Titiano solo si dee dare la gloria del perfetto colorire. la quale o non hebbe alcun de gli antichi: o se l'hebbe, mancò a chi piu, a chi manco, in tutti i moderni: percioche, come io dissi, egli camina di pari con la Natura: onde ogni sua figura è uiua, si muoue, è le carni tremano. Non ha dimostro Titiano nelle sue opere uaghezza uana, ma proprietà conueneuole di colori: non ornamenti affettati, ma sodezza da maestro, non crudezza, ma il pastoso e tenero della Natura: e nelle cose sue combattono e scherzano sempre i lumi con l'ombre, e perdono e diminuiscono con quell’istesso modo, che fa la medesima Natura. Fab. Questo istesso odo dire da tutti. Aret. Si conosce anco chiaramente, che la Natura lo fece Pittore. Perche essendo egli nato in Cadore di honoratissimi parenti, fu mandato dal padre a Vinegia picciolo fanciullo di noue anni in casa d'un suo fratello, che qui attendeua alla cura di uno di quegli honorati uffici, che si danno a cittadini , affine, che egli lo mettesse ad apparare a dipingere, hauendo ueduto in lui in quella età tenera d'intorno a quest'arte chiarissimi lumi d'ingegno. Fab. Molto m’è a grado d'intender qualche particolarità di questo singolarissimo Pittore. Aret. Il Zio adunque subito condusse il fanciullo alla casa di Sebastiano, padre del gentilissimo Valerio e di Francesco Zuccati, unichi maestri nell'arte del Musaico, ridotta da loro in quella eccellenza, nella quale hoggidì si ueggono le buone Pitture: perche esso gli desse i principij dell'arte. Ma da questo fu rimesso il fanciullo a Gentil Bellino fratello di Giouanni, ma a lui molto inferiore: che allhora insieme col fratello lauoraua nella sala del gran consiglio. Ma Titiano, essendo spinto dalla Natura a maggiori grandezze, & alla perfettione di quest’arte, non poteua sofferir di seguitar quella uia secca e stentata di Gentile, ma disegnaua gagliardamente e con molta prestezza. Onde, gli fu detto da Gentile, che egli non era per far profitto nella Pittura, ueggendo che molto si allargaua dalla sua strada. Per questo Titiano lasciando quel goffo Gentile, hebbe mezo di accostarsi a Giouanni Bellino: ma ne anco quella maniera compiutamente piacendo gli, elesse Giorgio da Castel franco. Disegnando adunque Titiano e dipingendo con Giorgione (che cosi era chiamato) uenne in poco tempo cosi ualente nell'arte, che dipingendo Giorgione la faccia del fondaco de’ Tedeschi , che riguarda sopra il Canal grande, fu allogata at Titiano, come dicemmo, quell'altra, che soprastà alla merceria, non hauendo egli alhora a pena uenti anni. Nella quale ui fece una Giudit mirabilissima di disegno e di colorito, a tale, che credendosi comunemente, (poi che ella fu discouerta) che ella fosse opera di Giorgione, tutti i fuoi amici seco si rallegrauano: come della miglior cosa di gran lunga, ch’egli hauesse fatto. Onde Giorgione con grandissimo suo dispiacere, rispondeua, ch'era di mano del disce polo; il quale dimostraua gia di auanzare il Maestro, e (che è piu) stette alcuni giorni in casa, come disperato: ueggendo, che un giouanetto sареuа piu di lui. Fab. Intendo, che Giorgione hebbe a dire, che Titiano insino nel uentre di sua madre era Pittore. Aret. Non passò molto, che gli fu data a dipingere una gran tauola all'altar grande della Chiesa de’ Frati Minori: oue Titiano pur giouanetto dipinse a olio la Vergine, che ascende al Cielo, fra molti Angioli, che l’accompagnano, e di sopra lei affigurò un Dio padre attorniato da due Angioli. Par ueramente che ella ascenda, con un uolto pien di humiltà; e il panno uola leggiadramente. Nel piano sono gli Apostoli, che con diuerse attitudini dimostrano allegrezza e stupore, e sono per la maggior parte maggiori del uiuo. E certo in questa tauola si contiene la grandeza e terribilità di Michel’Agnolo, la piaceuolezza e uenustà di Rafaello, & il colorito proprio della Natura. E tuttauia questa fu la prima opera publica, ch'egli a olio facesse: e la fece in pochissimo tempo, e giouanetto. Con tutto cio i Pittori goffi, e lo sciocco uolgo, che insino alhora non haueuano ueduto altro, che le cose morte e fredde di Giouanni Bellino, di Gentile, e del Viuarino (perche Giorgione nel lauorare a olio non haueua ancora hauuto lauoro publico; e per lo piu non faceua altre opere, che meze figure, e ritratti) lequali erano senza mouimento, e senza rileuo: diceuano della detta tauola un gran male. Dipoi raffreddandosi la inuidia, & aprendo loro a росо а poco la uerità gliocchi, cominciarono le genti a stupir della nuoua maniera trouata in Vinegia da Titiano: e tutti i Pittori d'indi in poi si affaticarono d’imitarla; ma per esser fuori della strada loro, rimaneuano smarriti. E certo si puo attribuire a miracolo, che Titiano senza hauer ueduto alhora le anticaglie di Roma, che furono lume a tutti i Pittori eccellenti, solamente con quella poca fauilluccia, ch’egli haueua scoperta nelle cose di Giorgione, uide e conobbe la Idea del dipingere perfettamente. Fab. È prouerbio de’ Greci antichi, che a tutti non è dato ire a Corintho. E uoi hauete detto, che’l dipinger bene è cosa da pochi. Aret. Haueua hoggimai Titiano per le sue opere acquistata tanta fama, che non era gentilhuomo in Vinegia, che non procurasse di hauer qualche ritratto o altra inuentione di sua mano : e gli fur date a fare in piu Chiese diuerse opere. Come nella medesima de’ frati Minori da que’ chiarissimi gentilhuomini da Ca Pesaro una tauola all'altare; oue è un pilo per l'acqua Santa con una figurina di marmo di San Giouanni Battista, fatta dal Sansouino. Nella qual tauola fece Titiano una Madonna, che siede col fanciullo: il quale tiene una della gambe leggiadramente alzata, e posa il piè dell'altra sopra l'una delle mani della Madonna. Inanzi alla quale è un San Pietro di aspetto uenerabile, che uolto a lei, mette l’una mano sopra un libro aperto, che tiene nell'altra mano, e le chiaui gli sono presso a piedi. Euui un San Francesco, & un'armato con una bandiera, con alcuni ritratti de’ Pesari, che paion ueri. Di dentro il Chiostro nella Chiesa di San Nicolao fece all’altar grande una imagine di detto Santo, ch’è figura principale, uestito con un piuial d'oro, oue si vede il lustro e l’asprezza dell'oro, che par ueramente intessuto. e da un lato u’ è una Santa Caterina con un uolger leggiadro, nel uiso & in ogni sua parte diuina. E dall'altro un San Sebastiano ignudo di bellissima forma, e con una tinta di carne cosi simile alla uera, che non par dipinto, ma uiuo. Ilqual San Sebastiano essendo il Pordonone andato a uedere, hebbe a dire, io stimo, che Titiano in quel nudo habbia posto carne, e non colori. sono altre figure perfettistime piu lontane. E paiono quasi tutte intente a una Vergine, ch’è finta ad alto con alcuni Angioli. Et ogni figura dimostra honestà e santita inestimabile. Senza che la testa del San Nicolao è ueramente miracolosa, e piena d'infinita maestà. Fab. Ho uedute piu uolte tutte queste opere: e sono diuine : ne le potrebbono hauer fatte altre mani. Aret. Nella Chiesa di Santa Maria Maggiore fece una tauoletta d'un San Giouanni Battista nel Deserto: di cui credasi pure, che non fu mai ueduta cosa piu bella, ne migliore ne di disegno, ne di colorito. In San Giouanni e Paolo fece la tauola del San Pietro martire caduto in terra, con l'assassino, che alza il braccio per ferirlo, & un frate, che fugge, con alcuni. Angioletti in aria, che uengono giu, соmе con la corona del martirio, & una macchia di paese con certi arbori di Sambuco: lequali tutte cose sono di tanta perfettione, che si possono piu tosto inuidiare, che imitare. Mostra il Frate di fuggire con un uolto pieno di spauento; e par, che si senta gridare, & il mouimento è gagliar dissimo: come di quello, che haueua paura da douero. senza, che il panno è fatto con una maniera; che in altri non se ne uede esempio. La faccia del San Pietro contiene quella pallidezza, che hanno i uolti di coloro, che si auicinano alla morte, e il Santo sporge fuori un braccio & una mano di qualità, che si puo ben dire, che la Natura sia uinta dall’arte. Ne mi estendo a narrarui le bellezze della inuentione, del disegno, e del colorito; perche elle sono a uoi & a tutti note. Cosi essendo Titiano ancora molto giouane, il Senato gli diede honesta prouisione; & egli dipinse nella Sala da me piu uolte ricordata la historia di Federico Barbarossa; quando, come io dissi, bacia il piede al Papa: e dall'altra parte della detta Sala una battaglia ; оuе сі sonо diuerse forme di soldati, caualli, & altre cose notabilissime, e fra le altre una giouane, che essendo caduta in un fosso, uscendo si attiene alla sponda con uno isporger di gamba naturalissimo, e la gamba non sia Pittura, ma carne istessa. Voi uedete bene, che queste opere io le trascorro: percioche a uoler solo raccontar le parti piu eccellenti, bisognerebbe logorare in cio tutto un giorno. La fama di Titiano non si rinchiuse fra i termini di Vinegia: ma allargandosi diffusamente per la Italia, fece naghi di hauer delle sue fatiche molti Signori: tra quali fu Alfonso Duca di Ferrara, Federico Duca di Mantoua, et ancora Francesco Maria Duca d'Vrbino, e molti altri. E per uenuta in Roma, mosse Papa Leone a inuitarloui con honoratissimi partiti, perche Roma oltre alle Pitture di Rafaello e di Michel’Agnolo, hauesse qualche cosa diuina delle sue mani. Ma il gran Nauagero, non meno intendente di Pittura di quello, che si fosse di Poesia: e massimamente della Latina, in cui ualse tanto; ueggendo, che perdendo lui, Vinegia sarebbe suta spogliata d'uno de’ suoi maggiori ornamenti, procurò, che non ui andasse. Passò ancora la sua fama in Francia: ne mancò il Re Francesco di sollecitarlo con ogni grandezza di conditione , per ritirarlo a lui. ma Titiano non uolle mai abandonar Vinegia, oue era uenuto picciolo fanciullo, e l’haueua eletta per sua patria. Di Carlo Quinto gia ui ho ragionato, in guisa, che io ui conchiudo, che non fu mai Pittore, che piu fosse stimato comunemente da tutti i Prencipi, di quello, che sempre è stato Titiano. Vedete, che forza ha una suprema eccellenza. Fab. Dica pur chi uuole, che la uirtù non puo starsi паscosa: & ogni uirtuoso, reggendosi con prudenza, è architetto della sua fortuna. Aret. Certo Fabrini, che si puo dire uerissimamente, che non fu giamai alcuno, che piu di Titiano desse riputatione alla Pittura. Percioche conoscendo egli il ualor suo, ha sempre tenute in grandissimo pregio le sue Pitture, non si curando di dipingere, senon a grandi huomini, & a persone, che con degni premi le potessero riconoscere. E sarebbe lungo a dire i ritratti da lui fatti: i quali sono di tanta eccellenza, che’l uiuo non è piu uiuo: e tutti o di Re, o d'Imperadori, o di Papi, o di Prencipi, o di altri grand'huomini. Ne fu mai in Vinegia Cardinale, o altro gran personaggio, che non andasse a casa di Titiano per ueder le cose sue, e che non si facesse ritrarre. Sarebbe anco lungo a ragionare de’ quadri, che sono nelle stanze del Collegio; e cosi delle molte Pitture da lui fatte a Cesare, & al Re d'Inghilterra: come del quadro della Trinità della Madonna, che piange: del Titio, del Tantalo, del Sisifo, di Andromeda, e dell'Adone: il cui esempio tosto uscirà fuori in istampa di rame; e di altre historie e fauale: lauori. egualmente diuini, si disegno, come di colorito, e d'inuentione. Ma io uado ritenuto e scarso nelle sue laudi, si per essermi amico, e compare: e si perche, in tutto è orbo chi non uede il Sole. Ne uoglio tacere, che Titiano dipinse in Mantaua al Duca Federico la effigie, de i dodici Cesari, trahendogli parte dalle medaglie, e parte da marmi antichi. E sono di tanta perfettione, che uanno infiniti in quella Città, solamente per uedergli, stimando di uedere i ueri Cesari, e non Pitture. Fab. So ben’io, che di hauer ritratto o altra Pittura di sua mano si possono uantar pochissimi plebei. Aret. E adunque il nostro Titiano nella Pittura diuino e senza pari: ne si dourebbe sdegnare l’istesso. Apelle, quando e’ uiuesse, di honorarlo. Ma egli ancora oltre alla mirabile eccellenza della Pittura, ha molte altre parti degne di grandissima laude. Prima è modestissimo: ne tassa mai alcun Pittore, e ragiona uolontieri honoratamente di ciascuno, che merita. Dipoi è bellissimo parlatore, d’ingegno e di giudicio perfettissimo in tutte le cose: di piaceuole e dolce Natura, affabile , e pieno di gentilissimi costumi: e chi gli parla una uolta, è forza, che se ne innamori per sempre. Fab. Tutto questo è uerissimo. e, perche io stimo, che non ui resti altro in questa materia da ragionare, conchiudiamo, che, quantunque hoggidì ci siano stati molti Pittori eccellenti; questi tre ottengono il Prencipato: cioè Michel’Agnolo, Rafaello, e Titiano. Aret. Cosi è, ma con la distintione, ch'io u’ ho detto di sopra. E di presente io temo, che la Pittura non torni a smarrirsi un'altra uolta: percioche de’giouani non si uede risorgere alcuno, che dia speranza di douer peruenire a qualche honesta eccellenza: e quei, che potrebbono diuenir rari, uinti dalla auaritia, poco o nulla si affaticano nelle opere loro. Non cosi fa Battista Franco Vinitiano: anzi studia sempre con ogni sollecitudine dipingendo e disegnando; di honorar Vinegia, e di acquistare a se stesso perpetua fama: onde è lodatissimo e chiaro Maestro, si in dipingere , come in disegnare. Ma uoi ricordateui, lasciando da canto l’affettione, d'esser per l’innanzi piu honesto giudice. IL FINE.