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<title>Lionardo Salviati's Letter to Jacopo Corbinelli</title>
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<persName>Daniela D'Eugenio</persName>
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<p>Magnifico <lang style="invective">Dottor <del>sottile</del> Sacciuto</lang>, o volete <lang style="invective">Ser tutte <gap reason="deleted"></gap>
salle</lang>, o <del>più presto</del><add place="above">piu presto</add> <add place="below">volete</add> <lang style="invective">Censor dappoco</lang>. <date when="1562">Questo giorno</date>,
<add place="below">et non prima (percioche prima v’harej risposto)</add> m’è venuta nelle manj la mia seconda orazione nella morte dello
Illustrissimo S. <persName>Don GARZIA de’ Medicj</persName> tutta ne’ margini postillata di vostra mano, et ho lettj <del>gli avvertimenti</del> que’ vostri avvertimenti, i quali
(percioche io non penso poter <choice><orig>dire</orig><reg>dir</reg></choice> cosa, ne piu vera, ne che piu vi trafigga) sono stati da tuttj coloro che veduti gli hanno, giudicati degni di Voj,
della vostra natura, et del giudizio vostro, cosi nella acutezza, e <del>così nella</del> gravità <pb n="27r"/> come nella modestia, e cortese maniera del censorare.
Non vi pensate, messer <persName>lo Dottore</persName>, che io mi sia punto maravigliato, ne del vostro sapere, ne della cortese, e bonaria natura vostra.
Percioche Voj m’hareste ben per <lang style="invective">huomo grosso</lang>, piu che Voj non siete, se vi faceste a credere, che, havendo io conversato
con Esso Voj piu d’un giorno (che è davanzo a <choice><orig>conoscere</orig> <reg>conoscervi</reg></choice>; <del>la vostra goffa malignità</del> <add place="above">percioche Voj
siete così destro, come sottile)</add> io non ne fussi cosi bene, come Voj, informato; se ben voj fate <lang style="invective">professione d’huomo doppio, e <del>difficile</del> <add place="below">malagevole</add></lang>,
a lasciarvi conoscere; e usate dire, che la piu bella arte, <pb n="28r"/> che sia è lo ingannare gli huominj, e non
<pb n="30r"/> non v’ho io maj potuto tor della fantasia, ne far capace il Vostro intelletto, che in uno scrittore così grave, come Demetrio è nel vero, troppo si disconvengono, così sporchi, e così dishonesti versj, come son questi:
Quando il nascente Sol l’aurora caccia,
E le cime de’ monti paion d’oro,
E gli uccellj escon fuor de’ nidj loro,
Perche la fame, e ’l giorno gli minaccia.
Allhor vorrej haver nelle mie braccia
Il dolce ricco mio caro tesoro;
Perche ’l cazzo mi dà tanto martoro;
Ch’io non so, s’io me ’l menj, o’ quel ch’io faccia.
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